Gli europarlamentari italiani hanno chiesto ai governi dell’Ue di trovare un accordo sul “made in”: l’obbligo per chi esporta da noi di indicare la provenienza dei prodotti.

Perché un italiano che vende in Cina deve apporre il marchio d’origine ai propri prodotti, mentre i cinesi che esportano in Europa possono farne a meno? Parte da questa considerazione l’iniziativa dei parlamentari italiani.

Nel 2005, la Commissione europea propose il regolamento sul “made in” per rendere obbligatoria l’indicazione di provenienza sull’import di tessile, gioielleria, calzature, arredamento, pelli, cuoio, ceramica e spazzole. L’iniziativa era sostenuta solamente da una decina di stati - tra cui Italia, Francia e Spagna -, ma ostacolata dai paesi nordici, capeggiati da Germania e Gran Bretagna.

Per sbloccare lo stallo che si è creato in seno al Consiglio dei ministri Ue, i parlamentari italiani stanno raccogliendo le 395 firme necessarie a portare avanti la richiesta e far approvare il nuovo regolamento entro la fine dell’anno.