Il Salame Felino resta senza Igp

Il Salame Felino resta senza Igp
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Grandi salumifici italiani la spunta sul ministero delle politiche agricole. Con la sentenza depositata il 26 marzo 2008, il Tar del Lazio ha infatti annullato i decreti di autorizzazione provvisoria alla denominazione Igp.
Da oltre un decennio tale denominazione è oggetto di controversie per quanto riguarda l’individuazione della zona di produzione. La vicenda prende le mosse dalla richiesta di riconoscimento Igp Salame Felino o Salame di Felino promossa, nel 1997, dall’Associazione dei produttori per la tutela del salame.
Nel corso dell’esame di tale proposta, si presentano due posizioni contrapposte. Da una parte quella dell’Associazione, secondo cui la zona di produzione deve essere individuata in provincia di Parma, dall’altra quella dell’Assica che individua la zona di produzione in Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio.
Per rispondere alla situazione, nel 2003 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali propone una sintesi delle suddette posizioni, prevedendo come zona di produzione un’area estesa a Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte.
Ma la proposta viene impugnata dall’Associazione per la tutela del Salame Felino e, nell’aprile 2007, il Ministero invia alla Commissione europea una proposta di riconoscimento che recepisce la posizione originariamente individuata dall’Associazione.
Segue il decreto del 4 giugno 2007 con cui viene accordata la protezione transitoria, in attesa del riconoscimento comunitario, alla denominazione Salame Felino per i prodotti ottenuti nella provincia di Parma, con concessione di un periodo di adattamento per le imprese che avevano precedentemente utilizzato la dicitura Salame tipo Felino.
Contro tutti i decreti emanati e lamentando la violazione delle norme nazionali e comunitarie che regolano la procedura di riconoscimento, l’azienda modenese Grandi salumifici italiani ha quindi presentato ricorso al Tar del Lazio, che le ha dato ragione a Gsi annullando tutti i decreti ministeriali.
Da oltre un decennio tale denominazione è oggetto di controversie per quanto riguarda l’individuazione della zona di produzione. La vicenda prende le mosse dalla richiesta di riconoscimento Igp Salame Felino o Salame di Felino promossa, nel 1997, dall’Associazione dei produttori per la tutela del salame.
Nel corso dell’esame di tale proposta, si presentano due posizioni contrapposte. Da una parte quella dell’Associazione, secondo cui la zona di produzione deve essere individuata in provincia di Parma, dall’altra quella dell’Assica che individua la zona di produzione in Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio.
Per rispondere alla situazione, nel 2003 il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali propone una sintesi delle suddette posizioni, prevedendo come zona di produzione un’area estesa a Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte.
Ma la proposta viene impugnata dall’Associazione per la tutela del Salame Felino e, nell’aprile 2007, il Ministero invia alla Commissione europea una proposta di riconoscimento che recepisce la posizione originariamente individuata dall’Associazione.
Segue il decreto del 4 giugno 2007 con cui viene accordata la protezione transitoria, in attesa del riconoscimento comunitario, alla denominazione Salame Felino per i prodotti ottenuti nella provincia di Parma, con concessione di un periodo di adattamento per le imprese che avevano precedentemente utilizzato la dicitura Salame tipo Felino.
Contro tutti i decreti emanati e lamentando la violazione delle norme nazionali e comunitarie che regolano la procedura di riconoscimento, l’azienda modenese Grandi salumifici italiani ha quindi presentato ricorso al Tar del Lazio, che le ha dato ragione a Gsi annullando tutti i decreti ministeriali.
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