Lo sviluppo sostenibile è sia un paradigma per comprendere il mondo, sia un metodo per risolvere i problemi globali. Da una parte è una scienza dei sistemi complessi, che ci fa capire come il sistema economico, quello sociale e quello ambientale interagiscano tra di loro e con i sistemi di governance, dall’altra comprende un aspetto normativo, che ci indica come comportarci se vogliamo sopravvivere agli squilibri che abbiamo provocato.
 
Jeffrey Sachs, economista, direttore dell’Earth Institute della Columbia University e autore di bestseller come La fine della povertà, è uno scrittore talmente abile che riesce ad appassionare il lettore all’analisi (comprendere il mondo) e a motivarlo al perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (il metodo per risolvere i problemi globali) nel suo L’era dello sviluppo sostenibile (Università Bocconi Editore, 2015, con prefazione di Ban Ki-moon, 544 pagine, 32 euro; 17,99 e-pub ), nelle librerie dal 23 aprile.
 
Dalla definizione dei quattro macro obiettivi dello sviluppo sostenibile (prosperità economica; inclusione e coesione sociale; sostenibilità ambientale; buona governance) deriva la struttura concettuale del libro, che ha il grande pregio di sistematizzare in modo accessibile i risultati scientifici di discipline che vanno dall’economia alla demografia e dalla sociologia alla climatologia, evidenziando così le conoscenze e i dati di fatto che condizioneranno lo sviluppo dell’umanità nei prossimi decenni.
 
Il libro di Sachs può essere, per lo sviluppo sostenibile, quello che An Inconvenient Truth è stato per il cambiamento climatico: l’opera che segna una presa di coscienza collettiva e che motiva all’azione anche i più scettici. Se il documentario di Al Gore ha mostrato al mondo l’incontrovertibilità di un concetto dai contorni fino ad allora incerti, come il riscaldamento globale, l’opera di Sachs dà una forma universalmente comprensibile all’idea di sviluppo sostenibile e fa capire al lettore perché sia necessario perseguirne con decisione gli obiettivi.