Salumi: aumento dei costi di produzione e inflazione pesano su produzione e consumi
Salumi: aumento dei costi di produzione e inflazione pesano su produzione e consumi
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di Claudia Scorza
L’Assemblea annuale di Assica ha evidenziato come conseguenza del difficile anno passato una flessione sia nella produzione di salumi (-2,2% rispetto al 2021) sia nei consumi, con un calo della domanda interna, cui si è aggiunta nell’ultimo trimestre del 2022 anche la forte contrazione di quella estera.
Nel 2022 il settore ha mostrato una certa resilienza testimoniata dai buoni risultati delle vendite in Gdo, ma l’incremento dei costi di produzione ha penalizzato i volumi venduti negli altri canali, che hanno recepito prima gli aumenti. Inoltre, soprattutto nella prima fase dell’anno, si è assistito a un ridimensionamento dei formati di vendita che ha contribuito alla riduzione dei quantitativi venduti come anche la maggiore attenzione delle famiglie che, abbandonata la mentalità della scorta che aveva contraddistinto la fase del Covid, hanno effettuato acquisti sempre più consapevoli e in prossimità dell'occasione di consumo.
Nel complesso dell’anno la disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi (compresa la bresaola) è stata di 994,1 mila tonnellate (-2,1%) contro 1,015 milioni di tonnellate dell’anno precedente. Il consumo apparente pro-capite, considerato l’andamento della popolazione, si è attestato intorno ai 16,7 kg contro i 17 kg del 2021 (-2,1%).
I consumi apparenti dei prosciutti crudi stagionati sono scesi a 219.700 tonnellate (-1,2%), mentre quelli di prosciutto cotto sono saliti a quota 276.100 tonnellate (+0,5%). Sono risultati in aumento anche i consumi di mortadella e wurstel (+6,0% per 202.100 tonnellate) e quelli di salame attestatisi a 84.900 ton (+4,2%). Hanno evidenziato un deciso ridimensionamento i consumi di bresaola scesi a 24.000 tonnellate dalle 25.800 dell’anno precedente (-6,9%) e quelli degli “altri salumi”, attestatisi a 187.200 tonnellate. (-14,8%).
La struttura dei consumi interni vede quindi al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,8% del totale dei salumi, seguito da prosciutto crudo al 22,1% mortadella/wurstel al 20,3%, salame all’8,5% e bresaola al 2,4%. Chiudono gli altri salumi al 18,8%.
Considerando l’insieme dei salumi e delle carni suine fresche, il consumo apparente pro-capite è rimasto stabile a 28,4 kg (+0,2%) grazie all’incremento registrato dai consumi di carne suina fresca (+3,6%).
Nel 2022 la produzione di conserve animali e di grassi lavorati è risultata in flessione rispetto a quella dell’anno precedente, attestandosi a 1,393 milioni di ton da 1,433 milioni di ton del 2021 (-2,8%). L’insieme delle produzioni ha presentato un fatturato di 8.964 milioni di euro, superiore (+2,2%) a quello del 2021 (8.774 milioni di euro).
La produzione di salumi nel 2022 ha evidenziato una flessione in quantità dopo l’importante incremento registrato nel 2021 e ha chiuso i dodici mesi attestandosi a 1,143 milioni di tonnellate da 1,169 del 2021 (-2,2%). È risultato in leggero incremento, invece, il valore della produzione salito a 8.522 milioni di euro (+1,2%) da 8.420 milioni del 2021, spinto dagli aumenti dei costi di produzione.
Anche in merito alla produzione (in volumi) il primo posto va al prosciutto cotto, con una quota pari al 25,4% del totale dei salumi, seguito da prosciutto crudo al 24,4%, mortadella al 14,9%, salame all’11% e wurstel al 5,5 %. Chiudono gli altri salumi al 19%.
Discreto risultato per le esportazioni di salumi italiani nel 2022, nonostante le penalizzazioni dovute alla Psa (che ha determinato la chiusura di alcuni importanti mercati esteri come Giappone, Serbia e Taiwan e l’imposizione di restrizioni da parte di altri mercati) e all’inflazione, che hanno pesato sugli scambi rallentandone il passo e limitando il potenziale del settore.
Secondo i primi dati rilasciati da Istat, nel corso del 2022 le spedizioni dei salumi italiani si sono fermate a quota 197.800 tonnellate per 1.990,9 milioni di euro, registrando una lieve flessione a volume (-0,4%) ma una crescita a valore (+7,4%). Dati che nascondono però il forte peggioramento registrato dall’export nell’ultimo scorcio dell’anno, quando l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse hanno fatto rallentare anche la domanda dei tradizionali partner commerciali, soprattutto quelli comunitari.
Le importazioni hanno mostrato una contrazione in quantità ma un incremento in valore, fermandosi a quota 48.172 ton (-6,8%) per un valore di 255,2 milioni di euro (+3,5%). Il saldo commerciale del settore è salito a quota 1.735,6 milioni di euro, in aumento dell’8,1% rispetto al 2021. Le esportazioni del comparto in termini di fatturato hanno, però, mostrato un passo più lento rispetto a quello dell’industria alimentare (+18,5%) e a quello generale del Paese (+19,9%).
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