di Claudia Scorza

Qonto, soluzione di business finance management, rivela i dati del suo recente Osservatorio, il terzo sulle piccole e medie imprese, condotto su un campione di oltre 1.000 Pmi attive in tutto il territorio italiano e operanti in diversi settori. La survey ha indagato, tra gli altri temi, il comportamento nei confronti degli incentivi previsti da Pnrr, lo stato di digitalizzazione delle Pmi, la formazione e le competenze maggiormente richieste.

Per quanto riguarda il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), organizzato in 6 missioni e che prevede per l’Italia 191 miliardi di fondi per innovazione e digitalizzazione, transizione ecologica e inclusione sociale, Qonto ha indagato in che modo le Pmi hanno investito o hanno intenzione di investire tali fondi. L’analisi si è focalizzata in particolare su come le risorse messe a disposizione dal Pnrr possano contribuire ad accelerare il processo di digitalizzazione del tessuto imprenditoriale del Paese.

Oltre il 70% delle piccole e medie imprese intervistate ha dichiarato di avere già fatto ricorso o aver intenzione di far ricorso agli incentivi previsti dal piano (di queste, il 61% circa ne sta già facendo uso). Dall’indagine emerge che ad avere già aderito agli incentivi previsti sono maggiormente le Pmi numericamente più grandi: tra le aziende da 50 a 250 dipendenti una su due (56%) ne ha già fatto ricorso, mentre tra le microimprese fino a 10 dipendenti solo una su quattro (26%) si è già attivata per utilizzare i fondi. Tra gli interventi coperti dalle agevolazioni, i più richiesti sono l’accesso al credito di imposta (52%) e la formazione (51%). In particolare, il credito di imposta interessa soprattutto le aziende manifatturiere (62,5%) e le imprese dell’edilizia (60%), attirando oltre la metà (52%) delle microimprese fino a 10 dipendenti.

La decisione di accedere ai finanziamenti è stata in buona parte influenzata dai recenti avvenimenti economici e geopolitici. È quanto dichiara il 67% delle imprese che aderiranno al Pnrr entro la fine del 2022. I dati mostrano, inoltre, che l’attuale scenario geopolitico ha favorito la scelta verso il piano in particolare delle aziende più giovani (il 75,5% tra le startup e il 72% delle aziende tra i 4 e 10 anni di attività) e le Pmi del Sud Italia (il 70% contro il 64% delle Pmi al Centro e al Nord).

Inoltre, l'indagine sottolinea che i settori più attenti a ricevere i fondi in seguito alla guerra e all’attuale situazione macroeconomica mondiale sono le aziende attive nei servizi per la ristorazione e l’ospitalità (76%), le imprese che si occupano di media & marketing (76%) e quelle della formazione (74,5%). Per il 67% circa delle imprese, gli interventi previsti grazie ai fondi Pnrr avranno principalmente effetti nel lungo periodo. Questo dato raggiunge il 76% circa nel caso delle startup ed è addirittura al di sopra dell’80% nel settore manifatturiero.

Tra gli stanziamenti previsti, 9 su 10 (91%) tra le Pmi italiane che stanno già sfruttando o approfitteranno dei fondi messi in campo dal Pnrr hanno deciso di investire nella digitalizzazione del proprio progetto di impresa. Sul totale delle aziende, la percentuale di quelle che scelgono di aderire al piano per innovarsi digitalmente sale dal 55% di dicembre 2021 al 64% di giugno 2022. Per il 68% circa delle PMI che stanno utilizzando o hanno intenzione di utilizzare le risorse del Pnrr, il digitale avrà un ruolo fondamentale o molto importante rispetto alla tipologia di intervento che si prevede di realizzare utilizzando gli incentivi del Pnrr, mentre sono solo il 5% circa quelle per cui non avrà un ruolo rilevante.

Innovare significa anche investire in formazione per colmare il gap di competenze digitali, che emerge in maniera evidente se si guarda ai risultati del Desi 2021, che vede l’Italia al 25° posto tra i paesi dell’Ue in materia di e-skill. I dati della survey hanno evidenziato come le competenze digitali, oggi più che mai necessarie per essere maggiormente competitivi sul mercato, siano ritenute da 1 azienda su 4 (26%) tra le più difficili da reperire. Non a caso, inoltre, per il 64% circa delle aziende che scelgono di investire in formazione utilizzando le risorse del Pnrr, gli investimenti in quest’area si focalizzeranno sullo sviluppo di competenze digitali, che rappresenta uno degli elementi chiave del piano intorno al quale ruota il futuro delle aziende e delle Pmi e, in particolare, di quelle che operano nel settore manifatturiero (76%) e di quelle in attività da almeno 20 anni (72,5%).

Inoltre, il Pnrr prevede circa un miliardo e mezzo di fondi destinati all’internazionalizzazione delle imprese italiane. Secondo quanto emerge dall’osservatorio, ne ha fatto ricorso o ha intenzione di farlo entro la fine del 2022 1 su 5 delle Pmi che utilizzano o utilizzeranno il Pnrr e 1 su 10 tra le startup. L’Europa è la prima area geografica in cui si sceglie di concentrare l’espansione internazionale. In particolare, oltre la metà (52%) è interessata ai mercati dell’Europa Centrale; seguono Stati Uniti (22%) e Sud America (12%). A favorire l'internazionalizzazione sono principalmente le medie imprese da 50 a 250 dipendenti: 1 su 4 ha già all’attivo o in programma piani di investimento nei paesi stranieri contro 1 su 10 tra le microimprese fino a 10 dipendenti.