Nel post lockdown vince l’omnicanalità
Nel post lockdown vince l’omnicanalità
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Prodotti all’insegna della “safety” e del gusto per la cucina in casa, igienizzanti e mascherine, scorte in dispensa, carrelli della spesa colmi fino all’orlo, boom dell’eCommerce, supply chain sotto stress, riscoperta della tv tradizionale ma picchi dello streaming OTT, maggiore esposizione ai social.
E infine il ritorno cauto al “New Normal”, con attenzione alla salute collettiva e personale.
Sono solo alcuni dei tratti distintivi dell’epoca Covid e della Fase 2 messi sotto la lente d’ingrandimento dall’Osservatorio Multicanalità 2020, il Nuovo Umanesimo Digitale, realizzato da Nielsen in collaborazione con la business School del Politecnico di Milano. Il webinar, che ha anticipato i risultati definitivi delle ricerche finora svolte, è stata l’occasione per fare il punto sui consumi retail, media e digital, le implicazioni per le aziende e le relazioni con i consumatori.
“Entrando nella Fase 2 post-Covid - dichiara Stefano Cini, Marketing Analytics Director di Nielsen Connect Italia, abbiamo varcato la soglia di un Nuovo Rinascimento, che mette al centro non l’uomo tout court, ma l’individuo che colloca il Digital alla base della piramide di Maslow. Durante Covid-19, il tempo - prosegue Cini - è come se avesse ricevuto un’accelerazione, facendoci atterrare in un’era futura dove ogni esigenza, dagli acquisti alimentari alla fruizione dei media, viene declinata secondo la tecnologia digitale, struttura portante e punto di non ritorno del nuovo umanesimo. Siamo in un’epoca in cui tutto viene rigenerato e nulla rimane cristallizzato in compartimenti stagni. L’uomo, per esempio, “shifta” da un canale di vendita all’altro, cosicché, se il digitale è tutto, non tutto è esclusivamente digitale. Due fenomeni opposti, come quello dell’eCommerce e del ritorno al negozio fisico di prossimità, si trovano a convivere lanciando sfide inedite a manufacturer e retailer. L’omnicanalità diventa così la chiave interpretativa adeguata dello scenario di mercato post-Covid”.
Alcuni dati fotografano quanto si è verificato in questo periodo di emergenza nel mondo retail e gdo, tanto da essere declinabili secondo il nuovo decalogo per cogliere le dinamiche del consumatore post Covid19. Innanzitutto, in un contesto che vede il #puzzlesentiment presentare ancora il 58% della popolazione ritenere che il lockdown non sia del tutto superato, è stata riscontrata un’impennata a due cifre (#2digit growth) del giro d’affari del largo consumo, che ha raggiunto il picco massimo (+28%) a metà marzo. Tale fenomeno si è accompagnato al cosiddetto #channelshift, ovvero ad uno “shift” da un canale di vendita all’altro, tanto è vero che più di un quinto degli italiani (21%) ha dichiarato di avere scelto un diverso negozio di riferimento. Nello stesso tempo si è registrato un vero e proprio #eCommerceBoom: nella settimana tra il 20 e il 26 aprile l’online della gdo ha messo a segno il record storico a tre cifre (+305%), stabilizzandosi nei giorni successivi sul + 150%. Il digitale, in altre parole, da Nice2Have diventa un MustHave.
Parallelamente siamo entrati in quella che sarà ricordata come #AgeOfQueues, il fenomeno delle “code”, non solo fisiche ma anche virtuali sui siti delle grandi insegne: del 47% degli shopper che ha rinunciato almeno una volta alla spesa, il 22% adduce come causa gli eccessivi tempi di attesa. Cambia anche il carrello della spesa: nel periodo Post-Covid il #RebalancedBasket ha visto i consumatori ridurre la frequenza di spesa del 13%, aumentare lo scontrino medio del 27% e raddoppiare il numero di item presenti nel carrello.
Non si tratta di un cambiamento solo quantitativo, perché a mutare è la natura dei panieri, che diventano #FoodSafety, grazie a un aumento dell’home cooking (+50%). Interessante notare come nel comparto Fresh Food i prodotti a peso fisso in confezioni di plastica siano cresciuti quasi quattro volte le referenze sfuse a peso variabile. Questo non significa che scompare la domanda di sostenibilità ma di certo va coniugata con una richiesta crescente di igiene e sicurezza. Dal punto di vista degli assortimenti, è da sottolineare una rivisitazione #InOut che porterà ad una profonda rivisitazione degli assortimenti stessi, dove categorie alto rotanti spingono per rubare spazio a categorie che hanno perso in penetrazione e frequenza.
Inoltre, i numeri ci dicono che oltre un terzo degli italiani ha sfruttato questo periodo di crisi per sperimentare nuovi brand diversi dagli abituali. Ciò nonostante le 20top brand del Largo Consumo - grazie alla loro #BrandLegacy - hanno sfoggiato una velocità di crociera doppia rispetto al trend mostrato da follower e small brands. Sono passati da un timido +1.6% del pre-Covid al +15% del post-Covid, secondi solo alle PL che hanno fatto registrare un +20%.
L’ultimo trend è decisamente prospettico. Nei primi mesi della crisi, la competizione si è spostata dai metri quadri a livello di servizio. La crescita dei negozi di vicinato e dell’eCommerce ha di fatto dimostrato che vi è una #ServiceElasticity, ossia che la domanda dei consumatori è più elastica al servizio erogato che non ai prezzi. Tenuto conto dei dati emersi nel corso dei lavori, le strategie di approccio al mercato di manufacturer e retailer dovranno essere ridisegnate secondo nuovi scenari, in funzione di quelli che saranno i tempi di ritorno alla normalità (a breve, medio, lungo termine) e dell’impatto subito dal contesto socio-economico. Anche i tradizionali criteri di segmentazione del consumatore andranno rivisti dando vita ad una nuova segmentazione degli Italiani multicanali che verrà presentata al prossimo Osservatorio previsto il 27 ottobre.
I lavori dell’Osservatorio non si sono, d’altra parte, limitati a scandagliare l’impatto della pandemia sul retail, ma, nello stesso tempo, hanno voluto ponderare quelli che sono stati gli effetti della stessa sul versante dei consumi mediatici e dei servizi digitali.
Il primo dei fattori a risaltare è quello del tempo speso davanti agli schermi televisivi: l’incremento è omogeneo in tutti i continenti. Negli Stati Uniti la crescita misurata da Nielsen Global Media del time viewing nelle settimane successive all’inizio del lockdown (il 16 marzo in US) è del + 27%. L’aumento della fruizione e del tempo trascorso guardando la Tv aumenta in modo rilevante in concomitanza con l’inizio della quarantena in tutti i paesi in cui Nielsen rileva i Tv Ratings. Allo stesso tempo gli investimenti pubblicitari registrano, anche in questo caso in modo omogeneo su scala globale, una brusca frenata nelle stesse settimane (USA – 11%, UK – 5%, Francia – 29% Paesi Bassi – 15%%, Spagna – 29%, Germania – 6%, Australia – 6%). Una reazione prevedibile. L’advertising si conferma un fenomeno ciclico e la preoccupazione per una possibile recessione è diffusa, sebbene in questa fase l’esposizione ai media da parte dei consumatori sia molto alta su tutte le piattaforme.
In Italia, la tv tradizionale (free to air e pay per view) si dimostra resiliente nonostante le pesanti ripercussioni di questa emergenza sui palinsesti - è infatti sospeso lo sport e molti degli show in diretta. Cresce l’audience media in particolare nelle settimane centrali di marzo e si mantiene in linea con la media degli ultimi mesi la rilevanza sui Social Network. Il lockdown spinge la diffusione delle offerte in streaming o Video On Demand, tendenza che emerge chiaramente attraverso il volume di commenti sui social network (+140% vs aprile 2019) stimolati proprio da questi contenuti. Ci si riferisce qui sia alle piattaforme “native” digitali (Netflix, Prime Video, Disney+, Tim Vision) che alle declinazioni digital dei broadcaster (Raiplay, Mediaset Play, Infinity, Dplay, Now Tv) che possono beneficiare di cataloghi molto profondi.
In crescita praticamente tutte le categorie dei siti rilevati da Audiweb. In alcuni casi si tratta di variazioni dovute alla contingenza (i siti di news e della pubblica amministrazione ad esempio). Ma in molti casi si osserva una impennata nella intensità e numero di utenti unici di categoria che erano già in crescita costante da mesi. Due esempi interessanti sono i siti di web conferencing e- egrocery. Per ciò che concerne i meeting online più utilizzati per lo smart working, ma anche dal bisogno di socialità a “distanza”, la novità in Italia, come nel resto del mondo, è Zoom che risulta la piattaforma più utilizzata (9,9 mn di utenti, + 1.067% rispetto a febbraio) seguita da Skype (7 milioni utenti, + 176%) e Google Hangouts (5,6 milioni, + 155%). Per quanto riguarda la spesa alimentare online, le prime tre insegne in termini di Unique Audience sui rispettivi siti a marzo sono Esselunga, con 6,4 milioni di utenti e una variazione del + 56% su febbraio, Conad (3,9 milioni utenti, + 132%), e Carrefour (3,1 milioni, + 110%).
Infine, la diffusione dei servizi digitali che hanno coinvolto, per necessità, anche gli italiani evidentemente meno propensi. Il 58% di chi ha fatto la spesa online non aveva mai provato questo servizio e l’83% di questi dichiara che continuerà a farla anche nel post-Covid. Lo smart working è stato “testato” per la prima volta dal 53% di chi ha lavorato in questa modalità e sarà utilizzato anche in futuro dall’80% di questi. Le scommesse e i casinò online dal 33% e l’89% continuerà a farlo. I preventivi RC auto usati per la prima volta dal 31%, con l’85% che continuerà anche in futuro. Per l’home banking: 26% e 94%. Un numero rilevante quindi di “nuovi utenti digitali” con i quali le aziende avranno la possibilità di aprire un canale di comunicazione da ora in avanti.
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