Nel corso della Milano Wine Week, NielsenIQ ha analizzato trend, consumi e prospettive di un settore che vale 3,1 miliardi di euro e coinvolge l’84% delle famiglie italiane.
A livello mondiale l’Italia si conferma leader mondiale nella produzione e nell’esportazione di vino, dove il primo Paese di destinazione per l’export restano gli Usa, sebbene oggi il mercato sia caratterizzato dall’incertezza dei dazi.
Non mancano le nuove opportunità offerte dall’America Latina, in particolare dal Brasile e dal Messico, e poi dalla Cina, che vanta una popolazione che ama le esperienze fuori casa e digitali: l’87% dei cinesi esce una volta a settimana abitualmente, e ama acquistare online. Si tratta di un mercato in grande trasformazione e fermento, dove le nuove sfide da cogliere si trovano nei processi di premiumizzazione e nei nuovi trend di consumo dei vini dealcolati e con bassa gradazione alcolica.
Secondo i dati di NielsenIQ, in Italia il comparto del vino nel largo consumo mantiene un peso significativo. Nell’ultimo anno terminante ad agosto 2025, le vendite nella distribuzione moderna hanno raggiunto un fatturato di 3,1 miliardi di euro, in leggera crescita del (+0,6%), a fronte di un leggero calo dei volumi (-1,8%), pari a 733 milioni di litri. A sorpresa, è il Sud Italia l’area più dinamica con un +5,3% a valore e una tenuta dei volumi quasi stabile.
Gli italiani si confermano ancora una volta un popolo di wine lovers: sono 21,8 milioni le famiglie italiane, l’84,6% del totale, che comprano vino e spumante. Acquistano in media quasi due bottiglie al mese per una spesa media annua pari a 137 euro.
Nello specifico, sono i nuclei giovani a trainare il mercato. Se le famiglie con reddito alto restano il bacino principale in termini di valore, la crescita più interessante arriva dai nuclei più giovani – 30-44 anni con figli e reddito medio-basso (4,7 milioni) – che presentano una propensione per i prodotti di qualità e una spesa maggiore per ogni atto di acquisto. Insomma, si beve meno, ma meglio.
“Tra gli acquirenti sono ancora più numerose le famiglie con responsabile d’acquisto dai 55 anni in su, senza figli a carico e con un reddito al di sopra della media (29,7% del totale) – spiega Eleonora Formisano, sales lead smb & global snapshot Italy di NielsenIQ, che ha presentato i dati durante l’evento dedicato –. Al contrario, le famiglie più giovani con figli e reddito ‘sotto media’, pur avendo un’incidenza minore sul totale dei consumatori (21,8%), registrano la crescita maggiore in termini numerici e di consumo e mostrano una propensione più significativa all’acquisto di prodotti premium”.
Come sottolinea Federico Gordini, presidente di Milano Wine Week si rileva una particolare attenzione alla qualità: ““Le famiglie giovani rappresentano oggi il segmento in maggiore crescita sia in termini numerici sia di consumo, mostrando anche una più marcata propensione all’acquisto di prodotti premium”.
“Si tratta di un segnale evidente di come i Millennials abbiano cambiato l'approccio al vino. In particolare, il target delle famiglie giovani guidate dai Millennials, che dopo i trent’anni diventano frequent drinker, si distingue per una forte attenzione alla qualità e alla differenziazione – prosegue Gordini –. Questo pubblico ha polarizzato i propri consumi verso una wine experience più qualitativa e meno quantitativa, ed è lo stesso che traina fenomeni come l’enoturismo, le esperienze in cantina e, più in generale, la partecipazione a manifestazioni legate al vino”.
Le bollicine, sempre secondo NIQ, si confermano in crescita nella grande distribuzione: il fatturato di 784 milioni di euro di vendite registra un incremento sia a valore (+1%) che a volume (+2,2%).
Cala invece di qualche punto percentuale l’indotto dei vini fermi, che nell’ultimo anno ha generato 2,3 miliardi di euro e 622 milioni di litri. Oltre la metà del fatturato proviene dai Dop che evidenziano un calo a volume del 3,4%, stabile a valore. Anche i vini Igp registrano una flessione a volume, ma inferiore ai Dop (-1,7%), mentre crescono a valore (+1,2%) rappresentando il 29% del fatturato totale, i vini bianchi.
Driver fondamentale nel mercato del vino, i Millennials amano associare il vino all’experience, tra aperitivi di qualità, degustazioni, visite in cantina, eventi dove scoprire il patrimonio di valore della cultura vitivinicola italiana e internazionale.
Il consumo fuori casa continua a rappresentare un punto di forza per l’Italia, che fa leva su un ecosistema di ben 438.000 esercizi attivi, di cui 176.000 ristoranti e 150.000 bar, oltre 100.000 tra hotel e altre strutture ricettive.
A dichiararlo è Cga by NIQ che ha osservato come, negli ultimi tre mesi, nove italiani su 10 abbiano visitato bar, ristoranti o locali almeno una volta, con una frequenza nettamente superiore rispetto ad altri grandi mercati europei come Germania e Spagna.
Tuttavia, dalle dichiarazioni si nota una tendenza al rallentamento rispetto al 2024, i consumatori prevedono di continuare a ridurre la loro frequenza di visita durante il 2026 con un calo di 6 punti percentuali.
Complice anche il codice della strada che prevede pene più severe e la crisi del costo della vita, sei consumatori su dieci si sentono vulnerabili rispetto all’aumento dei prezzi, e la spesa per mangiare e bere fuori casa è tra le prime voci a essere ridimensionata.
Nel 2026 i consumatori intervistati prevedono di ridurre i consumi fuori casa (-11 punti percentuali) per far fronte all’aumento dei costi legati all’abitazione e al caro vita. Inoltre, un italiano su cinque, il 19% del target intervistato, prevede di diminuire la frequenza di uscite, a fronte di un 13% che pensa di aumentarla.
Analizzando i dati provenienti da Cga by NIQ, nonostante le pressioni macroeconomiche, il vino resta una categoria chiave, mantenendo il podio – seconda e terza posizione – nel ranking delle bevande alcoliche consumate fuori casa.
Due italiani su cinque, infatti, lo scelgono quando escono e puntano sulla qualità: lo confermano due intervistati su tre. A parità di spesa optano per un’esperienza di valore, fattore da considerare come leva strategica per il comparto. Non è un caso che la spesa per una bottiglia si aggiri tra i 10 e i 20 euro, con quote crescenti di consumatori disposti a spendere di più.
Il golden moment per gli italiani resta l’aperitivo: ad essere importante per l’85% è l’abbinamento con il cibo, mentre per il 74% lo sono prodotti locali e artigianali per abbinamenti autentici e di qualità. Addirittura, quattro consumatori su cinque accetterebbero un sovrapprezzo.
Il vino piace a tutte le fasce di età, con un’incidenza maggiore nelle donne tra i 35 e i 54 anni. Se la Gen X, di età compresa tra i 44 e i 55 anni, rappresenta oggi il segmento con maggiore potere d’acquisto, mantenendo una forte affinità con il vino, la Gen Z (18 -27 anni) mostra comportamenti differenti: è molto attiva nel fuori casa e partecipa regolarmente all’aperitivo, ma il vino è meno rilevante rispetto ai cocktail e alla birra.
Mixed drink o formati più accessibili, potrebbero essere la soluzione per rendere il vino più attraente ai loro occhi. Inoltre, sembra emergere la scelta salutare: ecco perché le categorie no/low alcol, pur restando una nicchia, mostrano segnali di espansione, soprattutto tra la Generazione Z.
“Il vino mantiene un ruolo centrale nell’esperienza fuori casa italiana, ma deve saper parlare a pubblici diversi: offrire esperienze premium per fidelizzare i consumatori maturi e proporre formule nuove e più immediate per coinvolgere le generazioni più giovani”, commenta Formisano.
L’analisi di NielsenIQ ha analizzato anche l’andamento del mercato globale delle bevande che ha raggiunto un valore complessivo di 940 miliardi di dollari nell’anno terminante a marzo 2025, con una crescita del 4% rispetto all’anno precedente.
A livello globale, un dollaro su cinque speso nel largo consumo è destinato al beverage. All’interno di questo scenario, il vino continua a rappresentare un segmento strategico, con un’evoluzione che premia sempre più il valore rispetto ai volumi, la qualità premium e la nascita di nuove occasioni di consumo.
Nei principali mercati della grande distribuzione a valore, gli Stati Uniti si confermano come il mercato più importante, pur mostrando segnali di rallentamento a causa delle politiche protezionistiche.
La Francia segue con un andamento in calo, mentre l’Italia si colloca al terzo posto, distinguendosi per una crescita positiva del +0,5% a valore.
Per quanto riguarda i volumi, la Francia si aggiudica il primo posto, seguita dagli Stati Uniti e dall'Italia, ma tutti e tre i Paesi registrano una contrazione, a conferma di un trend globale in cui si vendono meno litri, ma a prezzi medi più alti.
L’Italia è il primo operatore straniero nel mercato del vino negli Stati Uniti: leader assoluto nel segmento degli spumanti negli Usa, con oltre il 40% della quota di mercato e secondo operatore più grande dopo gli USA stessi, con una quota significativa (10,1%) per i vini.
Nonostante il clima di incertezza legato ai dazi, le vendite di vino italiano restano stabili nei prezzi e nei volumi.
È l’America Latina a rappresentare uno dei mercati con più possibilità di penetrazione: il valore complessivo del mercato del vino nella grande distribuzione è di 2,3 miliardi di dollari e il Brasile si conferma il Paese leader, con il 44% della quota a volume e a valore in tutta la regione con una tendenza al consumo in crescita. Mercati rilevanti anche l’Argentina e il Messico: il prezzo medio del vino in Messico supera i 10 euro al litro, il più alto dell’area, mentre l’Argentina si distingue per una crescita molto elevata a valore, trainata da un incremento dei prezzi.
Proseguendo nell’analisi di NIQ e Cga by NIQ, anche la Cina rappresenta oggi uno dei mercati più dinamici, con una crescita particolarmente forte nei canali social e nel commercio digitale. Il grande potenziale è caratterizzato da oltre sette milioni di punti di consumo, dove l’87% dei cinesi frequenta settimanalmente locali e punti della ristorazione (+27 punti percentuali rispetto alla media globale).
Analizzando le categorie di vino, a livello globale, i vini fermi rappresentano quasi tre quarti del valore totale (74,8%) ma mostrano un calo del 1,4% a valore.
I vini spumanti costituiscono il 14,4% e rimangono sostanzialmente stabili, mentre champagne e specialty wine registrano lievi flessioni. Al contrario, si osserva una crescita molto significativa a valore, sebbene ancora su quote ridotte, delle categorie low e no alcohol: i vini spumanti a basso o nullo contenuto alcolico crescono del 17,1%, mentre i vini fermi low e no alcohol del 5,9%. Tutti segmenti che rappresentano una tendenza emergente a livello globale, coerente con i cambiamenti nei consumi e nelle abitudini sociali.