di Claudia Scorza

Il Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia (Cremit) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha condotto “Community Shopping. Retail, responsabilità sociale e sostegno alla scuola”, un’indagine qualitativa e quantitativa in collaborazione con The Continuity Company, società leader nello studio e nella gestione delle iniziative di loyalty marketing a favore della collettività.

Lo studio – che contiene anche i risultati circa l’efficacia e il gradimento delle campagne tra i clienti di Conad, Coop ed Esselunga emersi dalla ricerca di mercato commissionata a Gfk Italia – mostra come, in dieci anni, sono oltre 160 i milioni di euro donati in materiali didattici da tre tra le più importanti insegne della Gdo a più di 40.000 scuole italiane grazie ai programmi Insieme per la Scuola (Conad), Coop per la Scuola (Coop) e Amici di Scuola (Esselunga).

Un risultato enorme per le “campagne community”, iniziative solidali di marketing che permettono ai consumatori di raccogliere bollini, i famosi “buoni scuola”, non per avere sconti o altri vantaggi personali, ma per donarli alle scuole affinché possano ricevere gratuitamente strumenti tecnologici e materiali didattici.

Quasi la metà delle famiglie (46%) tra quelle clienti delle tre insegne raccoglie i buoni e per circa la stessa percentuale (43% e il 48% tra le famiglie con figli in età scolare) la presenza di queste iniziative è importante per la scelta di dove fare la spesa. Il tutto con effetti sorprendenti anche in termini di reputazione dell’azienda, di fedeltà verso il brand e persino di livelli di spesa, più alti tra chi raccoglie questi bollini rispetto agli altri.

In generale, queste campagne attivano famiglie con un livello socioeconomico più elevato rispetto a quello caratteristico dei clienti dei retailer. Data la natura dell’iniziativa, le i nuclei famigliari aderenti si caratterizzano per una maggior presenza di figli in età scolare (da 6 a 17 anni), risultando più concentrate nei nuclei numerosi (più di 3 componenti familiari).

Tra i clienti delle tre insegne, il 62% dichiara di conoscere le iniziative, il 46% di raccogliere almeno un buono durante il periodo di attività e il 43% di partecipare attivamente destinando i buoni alla scuola da loro scelta. Una percentuale, quest’ultima, che arriva a ben il 95% tra le famiglie che sono solite raccogliere questi bollini. Ma perché lo fanno? Su tutte, spicca l’intenzione di voler aiutare le scuole (55%), con il 17% che ha dichiarato di aver partecipato perché richiesto da amici o conoscenti, a dimostrazione della capacità delle “campagne community” di creare “advocacy”.

Il “community shopping”, inoltre, produce importanti effetti sulla reputazione e sulle performance delle insegne coinvolte. Per un terzo dei clienti a conoscenza delle iniziative, infatti, la propria opinione rispetto all’insegna scelta per fare la spesa è migliorata. A giovarne non è solo l’immagine del brand, ma anche i risultati economici: nel periodo dell’attività delle campagne community tutte e tre le insegne hanno registrato un andamento positivo rispetto alle settimane precedenti, con aumenti che riguardano il valore della spesa (+24%), il numero di shopper (+11%) e la spesa media (+12%).

A questo va aggiunto che più della metà del fatturato del periodo (56%) è dovuto alle famiglie che partecipano alla campagna. Inoltre, rispetto a chi non partecipa alla raccolta, le famiglie “raccogliste” segnano prestazioni molto più alte in quanto a numero di scontrini (+49%), valore dello scontrino medio (+35%) e fedeltà all’insegna (+84%).