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A Vinitaly 4 mila espositori e 30 mila buyer. Pesano i dazi americani

A Vinitaly 4 mila espositori e 30 mila buyer. Pesano i dazi americani

A Vinitaly 4 mila espositori e 30 mila buyer. Pesano i dazi americani

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Emanuele Scarci

I dazi americani rovinano la festa a Vinitaly. E’ stata inaugurata ieri mattina a Veronafiere la 57ª edizione del Salone internazionale del vino e dei distillati, in programma fino al 9 aprile. Sono oltre 4 mila le aziende espositrici e si stimano 30 mila buyer esteri, di cui 3 mila dagli Stati Uniti.

I dazi aggiuntivi del 20% sui vini provenienti dall’Unione europea, nonostante la vivacità della partecipazione, è il tema che terrà banco per tutta la durata della manifestazione scaligera. Infatti gli Usa valgono il 24% del totale export dei vini italiani e il nostro paese è il produttore europeo maggiormente esposto, a fronte della Francia con il 20% e la Spagna con l’11%.

Linea del dialogo

La presidente del Ceev (la Confindustria europea del vino), Marzia Varvaglione, ha detto che gli americani sottovalutano la ricchezza diffusa dell’import di vino: nel 2024 l’export italiano valeva circa 2 miliardi di euro che hanno avuto un effetto moltiplicatore sull’economia americana, pari a 4,5 dollari per ogni dollaro speso. E il contenzioso con gli Usa? Per Varvaglione “non è tempo di controdazi, meglio aprire un dialogo con gli Stati Uniti”.

Linea peraltro condivisa dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini, secondo cui “è importante che l’Europa giochi in modo diverso, senza cadere in provocazioni, ma imboccando la via del dialogo e della diplomazia, unico modo per difendere i nostri interessi, ma anche quelli degli stessi statunitensi. Un'escalation di dazi e controdazi avrebbe l’effetto di causare danni alle economie di entrambe le sponde dell’Atlantico”.

Dazio spalmato sulla filiera
L’ipotesi che circola negli stand dei produttori italiani è che, se il negoziato fallisse, il 20% in più di dazio andrebbe diviso fra i vari anelli della filiera del vino, dal produttore al distributore americano. Per il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi “tutta la filiera del vino deve sacrificare parte dei ricavi per garantire listini invariati al punto vendita, pena l’uscita dal mercato di tante realtà del nostro settore”.
Questo sacrificio, secondo l’Osservatorio Uiv, è stimato in 323 milioni di euro l’anno e riguarda 480 milioni di bottiglie spedite oltreoceano.
Ma “dagli Stati Uniti - ha avvertito Frescobaldi - sono arrivate le prime lettere dei distributori non disposti ad accettare alcun sovraprezzo sui nostri vini. Allo stato attuale si sta evidenziando una bagarre su chi dovrà assumersi l’onere dei minori ricavi per assicurare la stabilità dei prezzi al consumo, le imprese italiane non devono cedere ma imporre la propria forza commerciale su un prodotto che arricchisce in primis la catena commerciale statunitense”.

Infine, la presidente di Federvini, Micaela Pallini, dopo un incontro con il ministro Lollobrigida, ha dichiarato che “il confronto è stato costruttivo e ci consente di affrontare con maggiore fiducia le sfide che abbiamo davanti. Attendiamo con grande attenzione gli incontri di domani (oggi per chi legge ndr) con i commissari europei alla Salute e all’Agricoltura, Olivér Várhelyi e Christophe Hansen”.

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