Burger King, KFC, McDonald’s e non solo: i grandi marchi di fast food non fanno abbastanza per il benessere dei polli
Burger King, KFC, McDonald’s e non solo: i grandi marchi di fast food non fanno abbastanza per il benessere dei polli
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Si fa ancora troppo poco per il benessere dei polli allevati a scopo alimentare nelle catene di fast food.
È quello che emerge dal rapporto The Pecking Order 2023 — realizzato in collaborazione con Essere Animali — che ogni anno valuta come le grandi catene di ristoranti e fast food affrontano il benessere dei polli allevati nelle loro filiere rispetto alla richiesta dello European Chicken Commitment (ECC), una serie di criteri riconosciuti a livello internazionale tramite i quali garantire standard più elevati ai polli negli allevamenti.
Nell'edizione 2023 di The Pecking Order sono state valutate un totale di 69 aziende dislocate in Francia, Germania, Italia, Polonia, Romania e Spagna. Oltre ad alcuni marchi nazionali, sono stati valutati anche diversi ristoranti e fast food internazionali, come Burger King, Domino’s, IKEA, KFC, McDonald’s, Pizza Hut, Starbucks e Subway.
Per quanto riguarda gli impegni pubblici presi dalle aziende, a livello europeo il 49% delle aziende ha una politica generale che copre benessere dei polli.
Un dato che emerge in maniera netta da questa edizione di The Pecking Order è che le aziende operanti in Germania e Francia prendono molto più in considerazione il benessere dei polli di quanto fatto negli altri Paesi analizzati, Italia compresa che si conferma nei livelli più bassi della valutazione con Polonia e Romania.
I risultati in Italia
Delle sette aziende analizzate per l’Italia, solo due (IKEA e Subway) hanno pubblicato un impegno a eliminare tutte le problematiche principali di benessere dei polli. Le altre cinque (Autogrill, Burger King, KFC, McDonald’s e Starbucks) non hanno invece assunto nessun impegno pubblico, neanche sui criteri più importanti come la riduzione delle densità e la transizione a razze a più lento accrescimento.
Tutte e sette, inoltre, non hanno comunicazioni a proposito o hanno realizzato progressi così limitati da risultare insignificanti. Il risultato è che le aziende italiane si collocano nei gradini più bassi della classifica europea con punteggi scarsi o molto scarsi.
A complicare
ulteriormente lo scenario, nessuna delle aziende analizzate in Italia migliora
nella valutazione rispetto all’edizione 2022 e ben tre registrano punteggi più
bassi rispetto all’anno passato, come KFC Italia, che fa passi indietro sia
sulla percentuale di polli storditi in maniera efficace in sistemi a gas che
sulla percentuale di polli allevati con densità inferiori a 30 kg/m2,
come invece previsto dall’ECC.
Secondo quanto emerso dal report, è fondamentale che anche in Italia le aziende - italiane e internazionali - si impegnino per garantire standard più elevati, soprattutto in considerazione del fatto che anche l’EFSA indica i parametri dell’ECC come fondamentali per affrontare realmente il tema del benessere animale nella filiera avicola, a partire dall’abbandono delle razze a rapida crescita.
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