Spesso si discute di logiche di consumo, piani di comunicazione, dinamiche economiche, mercati internazionali e un po’ meno di canali distributivi (supermercati, ipermercati, bar, ristoranti, ecc.). Fino a qualche anno fa la “distribuzione di un prodotto “ era la fase finale, quasi meccanica, di un processo pressoché standardizzato: dai bisogni del consumatore al prodotto/brand e infine alla distribuzione/vendite. Ovviamente la semplificazione estrema e la necessaria sintesi banalizzano quello che è stato il modello di business nel largo consumo per molti anni ma il focus di questa breve riflessione è la dinamica dei canali e la relativa copertura.


Per molto tempo “distribuire” ha significato andare a vendere nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO), nei negozi tradizionali al Sud e infine nei canali specializzati (ristorazione, bar, tabacchi, stazioni di servizio, alberghi, campeggi, vending, ecc.). L’indicazione era semplice: copriamo bene la GDO e poi, con qualche piccolo aggiustamento della struttura, serviamo qualche altro canale interessante. Il risultato è che per anni questi canali sono stati marginali, forse profittevoli ma sicuramente non sempre strategici.


Nel frattempo alcuni cambiamenti importanti hanno fatto traballare il modello: La riduzione del numero di clienti nella GDO (concentrazione) e lo sviluppo della marca privata, il calo dei consumi, l’irruzione del digital nel mondo della comunicazione, l’aumento della pressione fiscale, l’internazionalizzazione di alcuni mercati/canali e i costi gestionali crescenti. Arrivati a questo punto la sfida della crescita e del contenimento dei costi non era più rimandabile .
Innovazione di prodotto e sviluppo dei canali sono le due leve della crescita. Il modello usato per tanti anni si evolve quindi con una visione più profonda e con strumenti e risorse dedicate, secondo questo schema: dai bisogni del consumatore al prodotto/brand, al canale ed infine alla distribuzione/vendite.


È iniziato un percorso di specializzazione per tipologia di canale, per gestire i quali non basta più adattare il modello della GDO ma è necessario dotarsi di strumenti e logiche specifiche: informazioni e trend per canale, strategia portafoglio (prezzo di vendita e quantità di prodotto), logistica dedicata (pezzi per cassa e profondità distributiva), forza vendita dedicata, trade marketing dedicato, conto economico separato. Se vogliamo ottenere il massimo del potenziale dai nostri prodotti/brand bisogna iniziare (per molte industrie “continuare” ) a fare politiche ad hoc. Su questo tanti passi avanti sono stati fatti. I manager che vi lavorano hanno competenze/esperienze specifiche: inizialmente avevano una formazione vendite, oggi sono in grado di arrivare alla gestione del conto economico (Profitti e Perdite) con conoscenze anche di marketing e logistica.


Intanto dobbiamo attrezzarci, in anticipo questa volta, per gli sviluppi futuri: alcuni cambiamenti sono già in atto ed altri potrebbero arrivare in tempi brevi. L’ulteriore concentrazione di alcuni canali è già iniziata e con essa la crescita importante di aziende che offrono servizi/prodotti ad hoc. Le logiche di sviluppo di canali super specializzati (Sport, Elettronica, Casa, Natura e Bio, ecc.) condizioneranno sempre di più le scelte che l’industria farà sul portafoglio prodotti. Si tratta di coprire bisogni più piccoli (di “nicchia”) verso la totalità del mercato ma con profittabilità interessanti (anche per un livello di competizione più basso visti gli spazi limitati). Bisognerà continuare a investire nei servizi necessari al canale: logistica, visite punti vendita, comunicazione nel punto di vendita.


Se esaminiamo la tipologia di consumatori propria di ciascun canale, che nel frattempo si sono evoluti e modernizzati, si rende indispensabile lo sviluppo di una strategia di marketing dedicata ai diversi canali e conseguentemente la capacità dell’industria di marca di adattare il proprio portafoglio alle nuove logiche.
* Senior partner di Bkey Consulting (http://www.bkeyconsulting.it)


Di Antonio Posa*