Consumi in caduta. I dati Istat relativi a marzo non lasciano molti dubbi e, a quanto emerge, a essere penalizzata è anche la grande distribuzione, che cede globalmente il 2,1%, con punte particolarmente accentuate sugli ipermercati (-3,9%).

Alcuni distributori interpellati da DM riconoscono che il momento è complesso. Ma dai casi aziendali emerge, come vedremo, una sorta di formula magica che consente di aggirare i numerosi problemi: forte radicamento sul territorio con punti di vendita in grado di svolgere una funzione di prossimità e di aggregazione sociale (insomma servizio al cliente), attenzione per la rete e il suo sviluppo, riduzione di tutte le voci di costo inutili, concentrazione sulla convenienza mediante l’utilizzo massiccio delle private label

Scendiamo ora nel concreto, partendo da Crai che, grazie soprattutto all’ingresso di nuovi associati, ha beneficiato di un aumento di fatturato sulle grandi marche del 35%, consolidando un giro d’affari alle casse di 4,250 miliardi di euro. Oggi il gruppo conta su una rete di 2.700 punti di vendita. Al netto delle new entries il nucleo storico di Crai sale del 4% e il 2011 si prefigura altrettanto positivo, con un +8% sul versante del venduto.

Merito, proprio, di una politica distributiva imperniata sul servizio, sul vicinato, sull’attenzione per la rete, ma merito anche delle private label che hanno raggiunto un’incidenza intorno al 20%, per oltre 1.400 referenze.

La carrellata prosegue con Selex, che ha toccato la soglia del 10% di quota di mercato. Nei primi quattro mesi di quest’anno, nonostante le difficoltà legate al clima recessivo, ha registrato un aumento delle vendite a parità di rete nei formati super e iper del 4,1%. Un trend molto positivo, che si conferma considerando anche le nuove aperture.

Per il 2011, tenuto conto delle brillanti performance dei primi quattro mesi e l’apporto delle nuove aperture e delle unità ristrutturate, il gruppo prevede un fatturato in crescita, cui contribuiscono in modo sempre più rilevante i prodotti a marca commerciale (Selex e Vale). Da gennaio ad aprile, infatti, le vendite di questi beni hanno viaggiato a ritmi superiori al 17% e le referenze hanno raggiunto quota 3.500 tra food e non-food.

Note positive anche in casa Sma, che festeggia i 50 anni con 1.700 supermercati in 18 regioni d’Italia, 9.500 dipendenti e l’ultimo dato che vede un fatturato di 4 miliardi di euro sotto insegna. Anche Sma propone nuove linee di private label (una per esempio concentrata sui prodotti di base, e perciò detta Basic).

Quello che contrassegna il gruppo è, fra l’altro, la politica di rispetto per l’ambiente, attenzione che si esprime anche nella scelta dei prodotti. Da sempre, infatti, l’azienda pone particolare attenzione alla valorizzazione delle produzioni locali, avviando progetti di partnership con industriali e artigiani della zona, per favorire l’economia del territorio. Il valore aggiunto ottenuto dal radicamento locale è l’italianità dei prodotti presenti sugli scaffali: circa 97% nell’alimentare e circa il 50% nel non alimentare è Made in Italy. In particolare, gli assortimenti dei prodotti a marchio Simply presentano un’assoluta maggioranza di “Made in Italy”: una percentuale dell’82%, che sale al 95% nell’area alimentare.

Veniamo a Sigma – Società Italiana Gruppi Mercantili Associati, aderente a Confcooperative – che presenta un fatturato di 3,6 miliardi di euro, ossia una crescita del 20% sul 2009, sviluppato su una rete di circa 2.000 punti vendita. Una grande vitalità, che si esprime anche attraverso le performance dei prodotti a marchio, acquistati dal 90% della clientela: un assortimento di 1.100 referenze, che spaziano dall’area convenienza al premium price, il cui peso specifico ha superato i 90 milioni di euro nel 2010, rappresentando l’11% del fatturato del gruppo. Per Sigma le private label si confermano il più importante driver di crescita: +18,7% nel periodo gennaio-novembre 2010.

Per il futuro, Sigma punta a un’ulteriore crescita del fatturato concentrato del 30-40. Tra gli obiettivi, il rafforzamento della rete commerciale e della base sociale. Interventi anche sui format di vendita, con una grande attenzione ai negozi di prossimità. La rete verrà dunque suddivisa in tre tipologie di punto vendita, a seconda della metratura: da 0 a 200 mq, da 201 a 400 mq, da 401 a 800 mq.

La volontà di presidiare al meglio il mercato di vicinato punta a rispondere alle esigenze dei consumatori poiché consente la personalizzazione del rapporto con i clienti, un elevato livello di servizio, una migliore qualità dell’offerta e una particolare cura dei prodotti freschi con la valorizzazione delle tipicità del territorio.

Tirando le somme si capisce che non esiste, in fondo nessun segreto del successo, o se un segreto c’è è facile da capire e difficile da attuare: tanto lavoro, tante economie, tanta attenzione verso i bisogni veri delle gente. A queste condizioni la gdo ce la può fare.