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Un menù indigesto

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Redazione
Siamo alle solite. Anzi. Ormai il fenomeno si sta così intensificando da assumere tutti i contorni di un preoccupante crescendo. Dopo il vino sintetico, l’olio colorato artificialmente, per non parlare del formaggio avariato e del latte alla melamina, è ora la volta della carne di maiale alla dossina. Certo, c’è chi dirà che i disonesti sempre ci sono stati e sempre ci saranno. E’ fuori di discussione però, che l’attuale congiuntura economica finisca per creare condizioni favorevoli al prosperare di simili eventi.

Il fattaccio della carne di maiale importata dall'Irlanda e contaminata dalla diossina (si sospetta, forse, a causa di un olio contenente la sostanza tossica nel mangime dei maiali) è storia di questi giorni. «Il rischio è molto modesto» ha dichiarato il direttore della sicurezza alimentare del ministero del Welfare, Silvio Borrello. Sarà. Guardando i numeri (la percentuale di carni suine importate dall’Irlanda è in effetti pari allo zero virgola) verrebbe da dargli ragione, evitando così di creare inutili allarmismi. Ma è difficile stare del tutto tranquilli.

Come fa il consumatore
a sapere se la carne suina che ha acquistato è inquinata o no? Certo, a vigilare c’è l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (l’Efsa). E poi le stesse catene distributive sono particolarmente attente a ciò che acquistano e mettono in vendita. C’è chi preferisce le carni italiane garantite da marchi di qualità, come il Gran Suino Padano (GSP). O c’è chi acquista direttamente dai molti allevamenti che offrono questa opportunità. Ma la verità è che di carni suine Dop non è che ce ne siano proprio tante in giro.

Il rischio che qualche falla nella rete dei controlli ci sia, insomma, è concreto. Ovviamente non parliamo delle principali catene della gd e do. C’è dove più scarsi sono le analisi, le verifiche, i costanti test sulla qualità. E soprattutto dove la corsa spasmodica alla ricerca al prezzo più basso crea le condizioni favorevoli a un eccessivo abbassamento della soglia della qualità dei cibi in commercio. Mettendo in forte difficoltà i produttori onesti, che finiscono per uscire dal mercato, a favore di singoli infami o di vere e proprie organizzazioni criminali che se ne infischiano della salute della gente.

       
       

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