di Luca Salomone

Potrebbe saltare l’accordo sul grano fra Russia e Ucraina che dovrebbe - ma a questo punto solo in teoria - portare allo sblocco dei porti e dunque alla riapertura dell’export. Infatti, a un solo giorno dalla dall’intesa, siglata venerdì 22 luglio, il principale scalo, quello di Odessa – dove dall’inizio del conflitto sono ammassate 30 milioni di tonnellate di materia prima - è stato colpito ieri (23 luglio), da due missili russi Kalibir.

E dire che, sempre venerdì, questo primo, grande segnale di distensione commerciale si era concretizzato in un calo delle quotazioni nell’ordine dell’1,4% per il grano duro e dell’1,6% per quello tenero.

Le cronache rischiano di avere un impatto sulla nostra Italia che, come ricorda Federalimentare, è costretta a importare il 50% dei cereali di cui necessita.

Va detto però che, relativamente al solo frumento, la nostra dipendenza dal bacino russo-ucraino si limita a un 3% di import di grano tenero. Ma è altrettanto vero che, in un mondo globalizzato e specialmente quando si parla di materie prime, nessuna nazione è un'isola....

Frumento duro lontano dal fabbisogno

Intanto Italmopa, l’associazione dei nostri industriali mugnai, ha fatto il punto sulla produzione nazionale. La situazione è tutt’altro che positiva, visto che il frumento duro italiano, indispensabile soprattutto per la pasta, dovrebbe situarsi, nel 2022, sui 3,5 milioni di tonnellate, con una riduzione superiore al 10% rispetto ai volumi registrati nel 2021. E questo in presenza di un fabbisogno molitorio di 5,5 milioni di tonnellate.

«Si tratta di un dato significativamente inferiore alle iniziali aspettative - rileva Enzo Martinelli, presidente della sezione molini a frumento duro di Italmopa –. La flessione deriva essenzialmente dalla contrazione verificatasi nelle principali regioni produttrici del Sud Italia – Puglia e Sicilia in particolare – mentre l’Emilia-Romagna, terza area per volumi, fa registrare un dato in controtendenza. Nella fattispecie, a fronte di una superficie totale nazionale rimasta sostanzialmente invariata, si è verificata una riduzione delle rese medie per ettaro, quale conseguenza dell’andamento climatico caldo e siccitoso. Una contrazione è globalmente prevista anche nell’Unione europea, dove i livelli di offerta potrebbero situarsi sui minimi storici, mentre un deciso recupero, rispetto al crollo produttivo del 2021, è atteso nel continente Nord-americano».

In una situazione caratterizzata, da un lato, da una ridotta disponibilità di materia prima nazionale e, dall’altro, da un livello di scorte eccezionalmente basso, il corretto e continuo approvvigionamento delle nostre aziende, ha fatto notare Martinelli, non potrà prescindere da un incremento delle importazioni, da sempre complementari alla produzione italiana.

Un record negativo per il tenero

Notizie ancora peggiori per il grano tenero, indispensabile per le farine destinate ai beni a lunga lievitazione, per il pane e sostitutivi. La produzione di tenero, rileva Italmopa, si dovrebbe attestare, quest’anno, sui 2,5 milioni di tonnellate, con un ripiegamento del 15 percento sul 2021, in confronto a una richiesta quantificabile in 5,3 milioni di tonnellate.

Anche qui «la contrazione è ascrivibile, essenzialmente, a una riduzione, pressoché generalizzata e in tutte le principali aree produttive delle rese per ettaro, mentre rimangono sostanzialmente invariate le superfici – spiega Andrea Valente, presidente Italmopa -. Il livello produttivo dovrebbe così registrare un record negativo mai raggiunto nel corso degli ultimi cento anni. La nostra produzione di frumento tenero rappresenta ormai il 2 percento della produzione comunitaria e poco più dello 0,3 percento della produzione mondiale».

Rincara la dose Alexander Rieper, presidente della sezione molini a frumento tenero di Italmopa: «Nel corso, degli ultimi 12 mesi, si è affacciata, sempre più prepotentemente, anche la questione energetica. L’ulteriore esplosione del Prezzo unico nazionale dell’energia elettrica registrata dall’inizio del mese di luglio - unitamente all’incremento fino all’80 per cento delle quotazioni del grano tenero rispetto allo scorso anno - è inevitabilmente destinata ad avere un forte impatto sui costi di produzione, ormai non più assorbibili, di tutti gli attori della filiera e in particolare del settore molitorio costituito, notoriamente, da aziende energivore».