di Luca Salomone

Alimentare in crescita, con un +12% in valore nel 2022, un dato che però, una volta depurato dall’inflazione, diventa un +3,7 per cento. Lo dice il ‘Food industry monitor’ 2023 (Fim), dell’Università di scienze economiche di Pollenzo e Ceresio Investors, che contiene pronostici positivi anche per l’immediato futuro.

L'onda lunga della ripresa

Infatti, l’incremento del settore proseguirà nel biennio 2023-2024 con tassi superiori al Pil: per il 2023 si prevede un +8,4% e, per il 2024, un +5,7%, mentre le esportazioni si piazzeranno intorno a un +10 per cento.

Del resto, anche in presenza di una dinamica inflattiva quasi globale e di rincari delle materie prime ed energia, le nostre vendite alimentari oltre confine hanno chiuso il 2022 con un ragguardevole +16 per cento, superando le performance del 2021 (+11,7%).

«Il settore food cresce seguendo l’onda lunga dell’economia italiana. Il tema dell’inflazione resta centrale, per capire come evolveranno i consumi delle famiglie nella seconda metà del 2023 e nel 2024, in quanto un’erosione significativa del potere d’acquisto comporterebbe, ovviamente, una riduzione della crescita – osserva Carmine Garzia, responsabile scientifico dell’Osservatorio e docente di management presso Unipollenzo -. L’aumento del costo delle materie prime ha determinato, inoltre, un peggioramento degli indici di redditività».

Non solo: se le aziende italiane del comparto si caratterizzano per un certo dinamismo e rapidità di esecuzione, esse sono ancora troppo piccole per fare leva sui volumi di acquisito e per realizzare economie di scala, che permetterebbero di ridurre i costi operativi. Spiega Alessandro Santini, head of corporate & investment banking di Ceresio Investors: «Il tema dimensionale rimane ancora incompleto e da risolvere: incentivare le aggregazioni e spingere la crescita attraverso fusioni e acquisizioni e, quindi, andare verso un maggiore consolidamento porterebbe ad avere aziende più salde e competitive anche sui mercati internazionali, mercati in cui la grandezza, l’elevata gamma di prodotti e la stabilità finanziaria sono essenziali. Questo renderebbe le imprese nazionali sempre più attrattive per eventuali investitori, i quali potrebbero fungere da acceleratori».

Redditività in sofferenza

Le turbolenze economiche hanno avuto, come accennato, un effetto sulla redditività commerciale (Ros), che ha fatto registrare una riduzione nel 2022, con un valore pari al 4 per cento. È scesa anche la redditività del capitale investito (Roic), al 6,5% per effetto dell’aumento delle scorte di materie prime e semilavorati. Ma, per il 2023, si prevede una ripresa del Roic stesso, con valori prossimi alle medie, mentre continuerà la pressione sui margini commerciali.

Sempre in fatto di pronostici si osserva che la tendenza positiva di breve periodo beneficerà dell’andamento dell’economia italiana che, nel 2023, secondo la fonte, crescerà ben oltre le attese.

I comparti farine, surgelati, latte, distillati, salumi e vino saranno interessati, quest’anno, da una salita dei ricavi a due cifre e da performance altrettanto positive sono previste per pasta e birra. Conserve, caffè, acqua, olio e dolci otterranno buoni andamenti, seppure di entità minore.

A uno scenario positivo, ma con molte ombre, si aggiunge un’ulteriore nota rassicurante, lo sviluppo delle start up, alle quali la ricerca ha dedicato un approfondimento.

Una terra promessa

L’analisi si è focalizzata su un campione di 3.367 imprese create negli ultimi 10 anni (dal 2012 al 2021) nei diversi comparti del food e suddivise in tre gruppi: start-up indipendenti (83% del campione), start-up supportate da partner industriale (15%) e start-up partecipate da investitori, cioè fondi di private equity o altri soggetti istituzionali (2%).

Dal confronto tra le performance delle newco e dell’intero settore food (le aziende mappate da Fim) emergono, per le prime, crescite migliori, con un tasso medio annuo 2015-2022 del 24 per cento.

La situazione si inverte, se si considera la redditività commerciale media (2015-2021), parametro sul quale le aziende alimentari ‘storiche’, si posizionano nettamente meglio.

Relativamente alla ricerca e sviluppo, nei 10 anni analizzati le start up hanno depositato 316 brevetti. Le più attive su questo fronte sono state quelle a partecipazione industriale, polarizzando il 59% delle ‘invenzioni’.

«Dobbiamo guardare alle nuove imprese con grande interesse. perché da loro verrà la linfa vitale che andrà ad alimentare lo sviluppo del settore nel prossimo futuro - conclude Gabriele Corte, direttore generale di Banca del Ceresio -. Le newco non sono solo un motore della crescita, ma anche un agente di cambiamento e di rinnovamento dei modelli di business. La nostra ricerca evidenzia come le grandi aziende siano sempre più aperte ad alleanze strategiche con le start-up, nelle quali investono importanti risorse».

Nota metodologica: Food industry monitor analizza le performance di un campione di 850 aziende, con un fatturato aggregato di circa 70 miliardi di euro, attive in 15 comparti del settore food. L’osservatorio studia le performance storiche delle aziende del food dal 2009 al 2022, focalizzandosi sulle seguenti tematiche: crescita, export, redditività, produttività e struttura finanziaria. Per ogni comparto sono state elaborate le previsioni di crescita del fatturato e dell’export e sull’andamento della redditività, relative al biennio 2023-2024.