In Italia l'inflazione rema contro il made in Italy....ma non nel petfood
In Italia l'inflazione rema contro il made in Italy....ma non nel petfood
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di Luca Salomone
Sempre più prodotti italiani nel carrello della spesa? Non nel 2022, quando sono calate del 5% le vendite in volume delle oltre 25 mila referenze che richiamano l’italianità in etichetta.
Tutta colpa dell’inflazione, come vedremo.
I prodotti della nostra nazione e connotati come tali in etichetta, hanno visto aumentare l’offerta in volume del 2% rispetto al 2021, un dato che, appesantisce la tendenza riflessiva.
Venticinquemila all'appello
La cattiva notizia – che comunque ha tanti squarci di luce - arriva dall’Osservatorio Immagino di Gs1 Italy, che aggiunge che, a valore, il ‘made in Italy’ ha fatto segnare un +6,1% toccando i 10,3 miliardi di euro al consumo.
Per inciso l’Osservatorio, tredicesima edizione (2023-1), ha conteggiato ben 25.409 item, ovvero il 27,5% del paniere di alimentari e bevande, accomunato dalla presenza sulle confezioni di un riferimento all’italianità: claim “prodotto in Italia” e altri molto simili; icone, come la bandiera italiana; indicazioni geografiche europee, ovvero Dop e Igp.
«Il paniere dei prodotti che evidenziano sulle etichette la loro italianità resta il più importante tra tutti quelli da noi rilevati, ma vive una situazione più critica che in passato - commenta Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy -. Tutte le otto indicazioni monitorate hanno subìto un calo delle quantità vendute, mentre i vini, Doc o Docg e i prodotti Igt, hanno visto diminuire anche il sell-out a valore. Inoltre, l’approfondimento che abbiamo condotto sulla comunicazione della convenienza e sulla distribuzione dei prodotti per fasce di prezzo ha portato alla luce il ruolo della fascia media, la più importante per incidenza e anche quella che, nel 2022, ha accusato sia il maggior calo dei volumi venduti, sia la maggior crescita del giro d’affari».
Icone e claim in altalena
Fra i vari claim, o le diverse forme di grafica c’è chi scende e c’è chi sale: l’icona più diffusa è la bandiera italiana, presente su oltre 14 mila prodotti, prodotti che, nel 2022, hanno realizzato oltre 6 miliardi di euro a prezzi finali.
Il tricolore è uno degli indicatori più potenti, con i più alti tassi di crescita annua a valore (+6,5%) e uno dei più bassi cali a volume (-4%).
La migliore performance a valore del 2022 è, però, quella messa a segno dalla dichiarazione “100% italiano”, che compare su quasi 8 mila prodotti e che ha registrato una variazione positiva del 9,2% a valore, sviluppando 4,4 miliardi di euro, nonostante un calo del 5% a volume, dunque allineato con la media generale.
Metà del giro d’affari, come accennato, si concentra nella fascia media di prezzo (soprattutto grazie a formaggi, prodotti da forno e cereali, e surgelati), fascia che, nel 2022, ha viaggiato meglio in assoluto (+11,6% a valore e -3,7% a volume). E questo a dispetto di quanto comunemente accade, visto che, in genere, le sforbiciate avvengono proprio nella parte intermedia dell’offerta.
Gli oltre 6.300 prodotti presentati con il claim “prodotto in Italia” hanno perso il 7,1% dei volumi, mantenendo stabile il giro d’affari (+0,4% rispetto al 2021), piazzato a 1,4 miliardi di euro.
Denominazioni sotto attacco
Il carovita, purtroppo, constata Gs1, mette in crisi specialmente le vendite dei prodotti Dop, Doc, Docg, Igp e Igt, cioè 4.367 codici rilevati.
Rispetto all’anno precedente, questi beni hanno mantenuto stabile il giro d’affari, superiore a 1,4 miliardi di euro (+0,2%), ma hanno perso il 6,7% dei quantitativi, anche per effetto di una minore domanda (-1,6%).
A soffrire di più sono stati i vini - specie lo spumante charmat secco e lo spumante metodo classico - le cui vendite sono calate anche in valore.
Sicuramente ha pesato il fatto che questi articoli presentano un indice di prezzo superiore alla media, visto che la fascia alta genera il 34,8 per cento. Per questo ‘gruppo’ il bilancio del 2022 è stato negativo: -2,6% a valore e -9,3% a volume.
Anche le linee con prezzo più basso sono andate peggio dello standard: -1,8% a valore e -8,6% a volume.
L’unico dato positivo del paniere delle Doc, Dop e Docg viene, ancora una volta, dalla fascia media, dove il giro d’affari ha ottenuto un +3%, mentre i volumi sono rimasti negativi (-4,2%).
Igp e Igt: nel 2022 gli oltre 2 mila prodotti di questa classe, monitorati dall’Osservatorio, hanno guadagnato un punto a valore, sfiorando i 631 milioni di euro di sell-out, ma hanno perso 6 punti in quantità.
Anche in questo caso sono stati i vini ad accusare il maggior calo a volume, insieme ad affettati e pasta di semola.
I beni Igp o Igt, nota ancora l’Osservatorio, hanno una forte presenza nella fascia di prezzo più alta (in particolare accade a vini e salumi), che nel 2022 ha lasciato sul terreno il 6,5% a volume, ma ha tenuto a valore (nessuna variazione percentuale).
L’andamento migliore, nell’arco dei 12 mesi, è stato quello della fascia di prezzo più bassa (+2,6% a valore e -1,8% a volume), mentre quella media, questa volta, ha accusato il maggior calo in quantità (-7%) a fronte di un lieve aumento del fatturato alle casse (+1,2%).
Dal Trentino al Molise, passando per il petfood
La classifica delle regioni in base al giro d’affari sviluppato dai loro prodotti conferma ancora una volta la leadership del Trentino-Alto Adige, con 983 referenze che hanno incassato più di 380 milioni di euro (+1,1%) nonostante un ripiegamento, sui volumi, nell’ordine del 5,4 per cento.
Al secondo posto si conferma la Sicilia, con 1.161 specialità per quasi 364 milioni di euro di vendite (+3,1% a valore, -6,9% a volume), mentre al terzo posto sale il Piemonte, con oltre 305 milioni di euro (+4%) generati dal più ampio tra tutti i panieri regionali (1.269 articoli).
A ottenere la miglior performance a valore è stato il Molise (+24,8% del giro d’affari), ma aumenti a due cifre si sono registrati anche per la Sardegna (+12,2%) e l’Umbria (+10,5%). Queste tre regioni sono anche le sole ad aver messo a segno una corsa delle vendite in volume, rispettivamente del 5,9%, dell’1,9% e del 3,9 per cento.
Ultima nota curiosa: l’italianità è vincente nel petfood. Nel 2022, infatti, sono aumentate del 9,1% a volume e del 21,5% a valore le vendite dei prodotti (destinati all’alimentazione di cani e gatti) che riportano in etichetta un claim relativo all’italianità.
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