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I saldi invernali perdono un miliardo di euro

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Redazione

È iniziata ieri, dalle regioni Basilicata, Valle d’Aosta e Molise, la stagione dei saldi invernali 2021, ma i consumatori dovranno confrontarsi con l’alternanza fra le giornate rosse e quelle arancioni.

“Il calendario si presenta come un vero rebus – spiega Confcommercio -. Iniziano le svendite in alcune regioni, ma in totale zona rossa: quindi se ne riparla lunedì 4, giorno arancione, in mezzo ad altri 2 rossi, il 5 e il 6 gennaio, appunto. Diciamo che sarà dal 7 gennaio, data di partenza, fra l’altro, della Lombardia e del Piemonte, che si potranno fare i veri e propri acquisti”.

Anche nel 2021 lo shopping interesserà il totale delle famiglie, oltre 15 milioni, e ogni persona spenderà circa 110 euro, muovendo però un totale di 4 miliardi di euro, contro i 5 dell’anno scorso.

“Quest'anno, a causa del drammatico momento che sta attraversando il settore moda per l'emergenza Covid-19 e delle conseguenti e gravi restrizioni alle attività economiche, complice anche l'impossibilità di spostamenti da una regione all'altra per motivi di shopping, gli enti locali hanno assunto decisioni diverse sulla data di avvio dei saldi, rispondente a specifiche esigenze territoriali - commenta Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia -. Il Decreto di Natale ha creato nuove incertezze anche sulle date di avvio, con un rischio evidente di arricchire i soli colossi del web, se non verranno posticipati almeno alla riapertura dei punti vendita fisici. Il 2021 – prosegue – inizierà comunque con un gennaio di saldi del buon auspicio, perché rappresentano un volano d'affari importante per l'economia e soprattutto un'opportunità per i consumatori”.

Ai negozi, continua Borghi, i saldi servono per incassare la liquidità necessaria per pagare tasse, dipendenti, fornitori, affitti, costi fissi e utenze, ma anche per fare fronte agli investimenti necessari agli ordinativi delle nuove collezioni. “Tuttavia, essi non rappresentano certo un momento di sviluppo perché erodono una marginalità divenuta sempre più di sopravvivenza. È importante, però – conclude Borghi – che l’Italia non si fermi ancora, perché un nuovo lockdown rappresenterebbe un danno irreparabile”.

Il fatto è che in nostri connazionali, come molte altre popolazioni, arrivano alla stagione degli sconti di inzio anno, impoveriti e restii a spendere. Se moltissimi stanno infatti risparmiando, in vista di un futuro che sentono incerto – secondo Banca Intesa la propensione all’accumulo di risorse è salita, nei primi 9 mesi dall’11,8 al 20 per cento dei redditi -, quasi tutti hanno subito una riduzione delle proprie entrate.

Cgia Mestre spiega che ogni italiano ha perso, nel 2020, una media di 2.600 euro, somma che verrà recuperata solo in parte nel 2021, con una variazione positiva di 1.400 euro a testa.

“Nel biennio 2020-2021 – commenta il coordinatore dell'Ufficio studi, Paolo Zabeo - il saldo sarà negativo e pari a poco più di 1.200 euro. Quest'anno assisteremo a un rimbalzo della nostra economia che ci farà recuperare solo una parte della contrazione registrata nel 2020”.

Secondo le stime, elaborate a novembre dalla Commissione Europea, fra gli indicatori economici italiani destano allarme proprio i consumi. Questi ultimi, che costituiscono la componente più importante del Pil nazionale (circa il 60 per cento del totale), subiranno, nel 2020 una contrazione rilevante e ogni famiglia ridurrà la spesa annua per gli acquisti di circa 4.400 euro. Nel 2021, invece, la ripresa sarà "solo" del 3,8 per cento.

Interessante, infine, il sondaggio condotto da Uecoop (Unione europea delle cooperative) sul sentiment degli operatori economici. Oltre un’impresa su 5 (21%) pensa che, nel 2021, non ci sarà alcuna ripresa, a causa delle pesanti conseguenze dell’emergenza Covid, che lascia in eredità bilanci in rosso, tagli del fatturato e crollo della domanda.

“La pandemia – sottolinea Uecoop - sta mettendo a dura prova tutti i settori, dai servizi al commercio, dalla logistica alla manifattura, dall’agroalimentare al turismo. Dunque il 41% delle aziende ha chiesto un finanziamento alle banche, per resistere alla crisi”.

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