Che il supermercato di grandi dimensioni, il superstore e l’ipermercato siano in una fase riflessiva non è un mistero per nessuno. Il consumatore, come spiegano i grandi istituti di ricerca, Nielsen in primis, da un paio d’anni rifiuta la logica dello “spesone” del venerdì e del sabato, per ovvi motivi di budget.
A livello europeo il primato delle grandi superfici è intaccato dal commercio di vicinato, tant’è vero che il discorso sulla necessità di dare impluso a superette e supermercati di quartiere è portato avanti da molti colossi, in Francia come in Italia: da Carrefour, a Casino, a Unes, tanto per citare a caso.

E non è tutto. Le diverse forme di vendita alternative al libero servizio, dai farmer’s market, all’e-commerce, ai cosiddetti gas (gruppi di acquisto solidali) sono in crescita esponenziale, diversamente dal buon vecchio iper. Se sul piatto della bilancia mettiamo anche le straordinarie performance sviluppate dai discount, possiamo dire davvero che il superstore è una formula minacciata. Come reagire?

La strada è ovviamente quella del servizio: arricchire sempre di più i punti di vendita di offerte interessanti, come beni immateriali, che vanno dal divertimento, alla banca, dalla spesa on line, ai servizi telefonici, alle assicurazioni, al pagamento utenze.

Esselunga ha dimostrato di volere continuare proprio su questa via, anche se la catena ha piazzamenti immobiliari che già l’aiutano molto: avendo parecchi punti di vendita in zone centrali dei maggiori nuclei urbani può agevolmente portare avanti un discorso di superstore di quartiere. I successi della catena guidata da Bernardo Caprotti sono sotto gli occhi di tutti. Con 143 strutture il gruppo ha incrementato le proprie vendite del 4,7% nel 2009 (ultimo dato disponibile) realizzando un fatturato di 6,06 miliardi. Il margine operativo lordo ha sviluppato un +7%, mentre l’indebitamento finanziario appare  in netto calo (da 275 a 201 milioni).

A proposito di servizio al cliente Esselunga ha presentato in questi giorni una novità assoluta, il proprio MusicStore, in partnership con Play.me by Dada. In pratica si tratta di questo: i titolari di carta Fidaty, attualmente 4,3 milioni di persone, possono acquistare in barriera casse una scheda – in tre diversi tagli di prezzo - per scaricare musica registrandosi sul sito dell’insegna. Il prezzo medio per canzone è davvero interessante, circa 40 centesimi, dunque ampiamente al disotto delle richiese del leader, ITunes di Apple. “Certo guardiamo a chi detiene la quota più rilevante del mercato, ma noi non vogliamo tanto fare concorrenza – del resto siamo anche rivenditori di ITunes - quanto dare un servizio – commenta Roberto Selva, direttore acquisti non-food -. Per giunta con questo progetto ci proponiamo di offrire un’accessibile alternativa al canale della pirateria musicale (che è oggi intorno al 90%, ndr), rivolgendoci a clienti giovani che cercano risposte adeguate dal web. Esselunga MusicStore vanta un catalogo sempre aggiornato, con milioni di brani italiani e internazionali”. L’iniziativa sarà prossimamente supportata da un importante investimento pubblicitario. Del resto l'operazione ha un precedente illustre: negli Usa Wal-Mart è il secondo distributore di musica liquida alle spalle di Amazon.com.

L’insegna è molto avanti nelle proprie strategie di sviluppo su Internet. Basti pensare che www.esselunga.it ha 700.000 visitatori univoci ogni mese e che il servizio di spesa online – il famoso “clicca il pomodoro” – riceve 180.000 richieste annue.
Se pensiamo infine che Esselunga distribuisce 40.000 titoli editoriali su carta, viene da pensare che il MusicStore possa prima o poi evolvere anche in un e-book store.