I discount perdono il ritmo e si ispirano ai supermercati
I discount perdono il ritmo e si ispirano ai supermercati
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Durante l’anno lavorativo, soprattutto nella tarda primavera, il settore dei discount è stato caratterizzato da significativi annunci di nuovi investimenti per lo sviluppo rete, specie da parte di Lidl (1 miliardo di euro nei prossimi due anni per oltre 70 nuovi negozi) e di gruppo Lillo (500 milioni in 5 anni per 60 inaugurazioni).
Non è mancata nemmeno la notizia, tutto sommato credibile, del prossimo sbarco nel nostro Paese di Aldi Sud, tramite la controllata austriaca Hofer.
Effervescenza? Sì, però, considerando un arco di tempo di 10 anni, si osservano una saturazione del canale e un’evoluzione del format rischiosa, che tende a replicare il supermercato, con la perdita dei plus che hanno reso il discount popolare negli anni della crisi.
Lo afferma Iri nell’interessante ‘white paper’ dal titolo “Un canale in evoluzione, le nuove strategie del discount”, realizzato sulla base dei dati Iri InfoScan Census e Iri Top Trade.
Comparsi tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, oggi questi operatori contano 4.581 negozi, per una quota di mercato nel grocery pari all’11,4 per cento. Si osserva una forte concentrazione: sommando Eurospin, Lillo (MD e LD) e Lidl, si arriva al 53,6% del totale.
Se durante gli anni della crisi il discount avrebbe davvero potuto fare la differenza, il concept, scrive Iri, “non sembra essere riuscito a svincolarsi da un limitato ruolo di canale ‘rifugio’ e non è ancora diventato il punto di vendita abituale per la spesa quotidiana, almeno per una fetta di consumatori ampia e stabile nel tempo”.
E nonostante il continuo sviluppo della rete – dai 2.835 punti di vendita del 2005 ai 4.581 attuali, +1.746 strutture – “l’enorme aumento in numerica non si è tradotto in un proporzionale sviluppo della quota di mercato a danno del resto della Gdo”, con una crescita di ‘soli’ 2,6 punti percentuali cumulati in un decennio.
Addirittura, nell’ultimo triennio, la progressione sembra praticamente nulla: lo share è passato dall’11,1 del 2013 per poi arrestarsi all’11,4% nel 2014 e nel 2015.
Il canale, come si è detto, ha avviato un nuovo percorso strategico, ma discutibile, in quanto largamente vanificato dalla forte intensità promozionale di supermercati e ipermercati.
L’indice di prezzo del discount resta, effettivamente, del 67% inferiore rispetto alla Gdo classica, ma gli operatori non sembrano voler sfruttare questo plus.
Vengono ampliati gli assortimenti, potenziate le marche, rafforzati i reparti dei freschi e dei freschissimi, lanciati prodotti di fascia premium nell’ambito della private label, ideate campagne pubblicitarie, con l’intento di catturare una fascia di popolazione a reddito medio-alto, che altrimenti non si accosterebbe al canale.
“La strategia oggi non sembra proprio quella di puntare esclusivamente sulla convenienza. Da questo punto di vista il canale è ‘snaturato’ e forse ha bisogno di tempo per crescere cambiando posizionamento”, conclude Iri. Resta da appurare se il discount, alla lunga, avrà da guadagnare, o da perdere da questa negazione delle proprie radici.
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