E’ in ottima salute la filiera biologica italiana. Tutte le cifre 2014 sono in crescita, ma il trend che davvero sorprende è quello dei consumi: gli acquisti crescono a doppia cifra.

A testimoniarlo è l’” Osservatorio Sana 2015”, promosso da Ice e curato da Nomisma, su incarico di BolognaFiere, in collaborazione con Federbio e Assobio.

L'indagine è stata condotta tra giugno e settembre 2015 e ha coinvolto un campione di 155 imprese agroalimentari italiane con prodotti a marchio bio.

Lo scorso anno le vendite complessive di food biologico (dettaglio+horeca) hanno raggiunto 2,5 miliardi di euro, segnando un +12,6% rispetto al 2013.

E nel 2015 i consumi continuano a volare. Nella grande distribuzione, secondo Nielsen, le vendite a valore di beni a peso imposto, da gennaio a giugno 2015, fanno un balzo, sul corrispondente, del 18 per cento.

L’agroalimentare biologico mostra un grande potenziale anche fuori dai confini nazionali: l'Osservatorio indica che nel 2014 le vendite oltre frontiera sono state pari a 1,4 miliardi di euro (4% del nostro export agroalimentare).

Forte è la propensione all’internazionalizzazione delle imprese del settore: il fatturato sui mercati internazionali rappresenta il 24%, a fronte del 18% registrato dalla media agroalimentare nazionale.

Per quanto riguarda i principali mercati l’area intra-Ue - Germania e Francia in testa - rappresenta il principale sbocco (82%). Tra i Paesi terzi si distinguono Stati Uniti (4%), Svizzera (4%), Giappone (3%) e Canada (2%).

Relativamente ai prodotti esportati, l'ortofrutta fresca è la categoria di maggiore interesse (20% dei flussi), ma gli stranieri apprezzano molto anche pasta, vino, carni e salumi. Stupisce il dato (16% del fatturato estero) dei sostitutivi del latte, a base di riso e soia.

Torniamo al mercato interno. Nella Gdo, secondo Ismea, le vendite di prodotti bio a peso fisso sono riconducibili soprattutto ai format più grandi, cioè supermercati (48%) e ipermercati (38 per cento). Quote inferiori appartengono ai liberi servizi (10%) e, soprattutto, ai discount (appena 4 per cento).

Analizzando i dati Ismea-Nielsen sulle vendite bio a peso fisso nella Gdo, si osserva che le categorie più consumate sono rappresentate da derivati dei cereali (23% del totale), ortaggi e frutta freschi e trasformati (più del 17% in entrambi i casi) e lattiero-caseari (11,5%).

In forte evoluzione il canale specializzato, che conta una rete che, ai due estremi, è composta da 874 pdv inferiori ai 100 mq, con oltre 262 milioni di euro di incassi, e da 168 negozi superiori ai 250 mq, che fatturano 314 milioni. Alle restanti 306 unità di vendita (tra 100 e 250 mq) le stime attribuiscono un valore superiore ai 184 milioni.

Qui, diversamente dal mass merchandising, gioca un ruolo importante il non food, guidato dal cura persona, che incide per il 10% sui ricavi.

Mediamente un negozio specializzato di grandi dimensioni tratta circa 3.000-4.000 referenze biologiche, mentre le piccole superfici si fermano attorno alle 1.500. Rilevante, in questo caso, il divario con la distribuzione moderna che limita invece l’assortimento (in iper e super) a circa 300 articoli.

Anche a un livello più profondo e strutturale i dati Sinab (al 31 dicembre 2014) mostrano un comparto in piena salute: le superfici coltivate con metodo biologico in Italia sono arrivate a sfiorare 1,4 milioni di ettari, un'estensione grande ormai quanto l'intera regione Campania.

Un milione 388 mila ettari, che su base annua determinano una crescita superiore al 5,4%. In termini assoluti nell'ultimo anno oltre 80 mila ettari sono stati convertiti alla produzione secondo il metodo biologico.

Oltre alle superfici si è allargata, nel 2014, la platea dei soggetti coinvolti. Si tratta, secondo le prime anticipazioni, di 55.433 operatori certificati, per più di tre quarti (42.546) rappresentati da produttori esclusivi (aziende agricole).