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Il peggiore anno del non alimentare

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Redazione

L’Istat registra, come era logico aspettarsi, l’anno peggiore di sempre per le vendite al dettaglio che, se nel mese di dicembre, grazie al Natale, crescono su novembre del 2,5% sia in valore, sia in volume, con un segnale forte sul non food (+4,8% e +4,5%), chiudono invece il quarto trimestre con una flessione congiunturale dell’1,5% e dello 0,8% rispettivamente.

“Tale andamento – scrive l’Istituto nella nota del 5 febbraio - è determinato dai beni non alimentari che calano del 4,5% in valore e del 3,2% in volume, mentre crescono gli acquisti alimentari, del 2,4% in valore e del 2,2% in quantità”.

Su base tendenziale (dicembre 2020 su dicembre 2019) le vendite al dettaglio diminuiscono, in generale, del 3,1% in valore e del 3,2% in volume. Per quanto riguarda il non food, quasi tutti i gruppi di prodotti sono in negativo, a parte l’informatica, le telecomunicazioni e la telefonia (+15,3%), l’utensileria per la casa e la ferramenta (+2,3%) e mobili, articoli tessili e arredamento (+0,5%), tutti prodotti legati al bisogno di rinnovare lo spazio domestico in cui si trascorre, causa Covid, la gran parte della giornata. Le flessioni più marcate riguardano abbigliamento e pellicceria (-23,4%) e l’aggregato delle calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-14,6%).

Rispetto a dicembre 2019, il dato alle casse (food e non food) diminuisce sia per la grande distribuzione (-2,5%), sia per le imprese operanti su piccole superfici (-6,6%). Le vendite al di fuori dei negozi (ambulantato, porta a porta, vending) calano del 12,3% mentre il commercio elettronico ribadisce la propria corsa (+33,8%).

Scarso aiuto viene, finora, dai saldi che, a fine gennaio, perdevano il 40% secondo Confesercenti, anche se il panorama potrebbe migliore in febbraio, con l’estensione della zona gialla a quasi tutta la nazione.

A consuntivo annuo l’emergenza sanitaria ha determinato una flessione del 5,4% del totale acquisti, con una forte eterogeneità dei risultati sia per settore merceologico, sia per forma distributiva. “Il comparto non alimentare – ribadisce l’Istat - ha subito una pesante caduta in tutti i canali fisici, anche a causa delle chiusure degli esercizi, disposte per fronteggiare il Covid”.

E non è tutto: “Dopo un 2020 di evidente sofferenza, la distribuzione non alimentare subisce importanti perdite di fatturato anche nelle prime settimane del 2021 - afferma Carlo Alberto Buttarelli, direttore relazioni con la filiera e ufficio studi di Federdistribuzione -. Oltre a una partenza sottotono delle vendite di fine stagione, continuano a incidere negativamente le chiusure dei centri commerciali nei fine settimana, una misura che appare sempre più incomprensibile alla luce della quasi totalità delle regioni italiane in zona gialla e che comporta gravi ripercussioni su molte categorie non food. A pagarne lo scotto sono soprattutto le grandi superfici, con gli ipermercati che registrano un ripiegamento annuo del 2,7 per cento”.

Per quanto riguarda le vendite alimentari, sempre secondo Federdistribuzione, si registra in gennaio, un incremento tendenziale del 6,8 per cento. “Si tratta tuttavia – avverte Buttarelli - di un dato ancora influenzato dalle restrizioni che coinvolgono il comparto della ristorazione e che hanno dirottato parte dei consumi ai punti vendita al dettaglio. Un fattore, quest'ultimo, che influisce negativamente sui cash&carry, con un calo dei fatturati che continua a oscillare fra il 30 e il 40 per cento”.

Preoccupanti anche le parole di Marco Pedroni, presidente di Ancc Coop e di Coop Italia: “I dati Istat fotografano un 2020 che evidenzia il peggiore risultato per le vendite al dettaglio dell’ultimo decennio. Ha retto solo l’alimentare, con una domanda però concentrata soprattutto sui discount (+8,2 su base annua, ndr.), e, a seguire, nei negozi di prossimità, mentre i formati più grandi, soprattutto gli ipermercati, hanno duramente pagato il prezzo delle limitazioni agli spostamenti urbani. Ci attende ora un 2021 difficile. L’Ufficio Studi Coop stima che, quest’anno, le vendite della rete fisica della grande distribuzione possano accusare una flessione del 2,6% e del -1,6%, se si considera anche l’e-commerce”.

Intanto i consuntivi della ristorazione sono terribili: Fipe indica una perdita del fatturato 2020 pari a 38 miliardi, con una variazione negativa di 40 punti. Lo stesso per il tessile-abbigliamento che, secondo Sistema moda Italia, ha lasciato sul terreno 17 miliardi di euro, cioè il 30% del giro d’affari.

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