Sempre più export per il biologico made in Italy
Sempre più export per il biologico made in Italy
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di Luca Salomone
Il biologico segna il passo sui consumi domestici, mentre salgono il fuori casa e le esportazioni.
A dirlo è l’ultima edizione, appena pubblicata, del rapporto Bio Bank.
Il settore ha raggiunto, lo scorso anno, un valore di 8,4 miliardi di euro (+12% sul 2021, +134% in dieci anni).
La domanda delle famiglie ha totalizzato 3,9 miliardi di euro, appena l’1,8% in più sul 2021 (+95% sul 2013), con l’inflazione all’8,1 per cento.
In netta ripresa il mondo Horeca, che è salito a 1,1 miliardi di euro (+53% sul 2021, +258% sul 2013), mentre le esportazioni proseguono nella propria rincorsa, arrivando a 3,4 miliardi di euro (+16% sul 2021, +168% sul 2013), secondo i dati Nomisma per Osservatorio Sana.
Le statistiche internazionali, di Fibl-Ifoam, riferite però al 2020, dicono che il mercato dell’agroalimentare biologico ha raggiunto 121 miliardi di euro a livello globale (+13% sul 2019, +151% in dieci anni) e 52 miliardi in Europa (+16 sul 2019, +144% sul 2011).
Confermato il ruolo trainante del nostro Paese. Su 48 nazioni europee l’Italia è al primo posto per export e per numero di aziende di trasformazione, più di 22 mila su oltre 84 mila, una su quattro.
Un altro primo posto, se si considera il numero di produttori agricoli, terza posizione per le vendite al dettaglio e le superfici agricole, e quinta nel rapporto fra superfici bio e Sau totale. Quota che era al 16,6% nel 2020, mentre, nel 2021, è salita al 17,4%, contro una media del 9,6% dell’Unione europea.
Cuore del rapporto i dati sulle più di 3.600 attività bio censite nel 2021: negozi, e-commerce alimentare, ristoranti, aziende di cosmesi, profumerie e commercio elettronico di cosmetici.
Per la prima volta sono in lieve calo i numeri di cinque tipologie di imprese su sei rispetto all’anno precedente, con decrementi dal 3 al 6 per cento. Unica eccezione l'e-commerce di alimenti bio (+13%).
Negli ultimi cinque anni si conferma, inoltre, la crescita a due cifre, con incrementi dal 27 all’80% nel numero di attività, salvo due segni meno per negozi (-14%) e ristoranti (-9%).
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