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L'Italia rifiutata dagli investitori esteri
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L'Italia rifiutata dagli investitori esteri
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Sul piano mondiale l’Italia non è, per gli investitori stranieri, particolarmente interessante. Anzi, nella classifica stilata dalla Fondazione FareFuturo, viene appena al 12° posto.
Lo confermano i dati, che vedono le operazioni estero su Italia precipitare del 35% fra il 2009 e il 2010, ossia da 30,5 a 19,7 miliardi di dollari.
Al contrario la Spagna ha mantenuto il ritmo, con un tasso di evoluzione in questo settore del 2%.
Il nostro Paese attrae, da oltre confine, appena una quota dell’1,8% di investimenti, contro i livelli del 4-5% fatti segnare da Belgio, Francia e Gran Bretagna.
L’analisi della Fondazione va alla ricerca, ovviamente, delle motivazioni del fenomeno, che si possono rinvenire nelle troppe tasse, nel bizantinismo dell’apparato burocratico, nel difficile accesso alle fonti finanziarie, nella debolezza delle infrastrutture.
Un altro ranking che dimostra l’arretratezza del Paese è quello della competitività, dove la nostra Penisola si aggiudica un 49° posto, in coda a tutte le economie sviluppate e il 76° in quanto alle stime sul grado di libertà economica.
Il rapporto conferma insomma le considerazioni fatte da molte autorevoli fonti la settimana scorsa, quando si è messo l’accento sulla cosiddetta Italia del non sviluppo, dove ci sono oltre 300 progetti imprenditoriali bloccati. Come si ricorderà è stato l’annuncio da parte di Ikea alla rinuncia di aprire un punto di vendita nei pressi di Pisa ad accendere il dibattito.
Lo confermano i dati, che vedono le operazioni estero su Italia precipitare del 35% fra il 2009 e il 2010, ossia da 30,5 a 19,7 miliardi di dollari.
Al contrario la Spagna ha mantenuto il ritmo, con un tasso di evoluzione in questo settore del 2%.
Il nostro Paese attrae, da oltre confine, appena una quota dell’1,8% di investimenti, contro i livelli del 4-5% fatti segnare da Belgio, Francia e Gran Bretagna.
L’analisi della Fondazione va alla ricerca, ovviamente, delle motivazioni del fenomeno, che si possono rinvenire nelle troppe tasse, nel bizantinismo dell’apparato burocratico, nel difficile accesso alle fonti finanziarie, nella debolezza delle infrastrutture.
Un altro ranking che dimostra l’arretratezza del Paese è quello della competitività, dove la nostra Penisola si aggiudica un 49° posto, in coda a tutte le economie sviluppate e il 76° in quanto alle stime sul grado di libertà economica.
Il rapporto conferma insomma le considerazioni fatte da molte autorevoli fonti la settimana scorsa, quando si è messo l’accento sulla cosiddetta Italia del non sviluppo, dove ci sono oltre 300 progetti imprenditoriali bloccati. Come si ricorderà è stato l’annuncio da parte di Ikea alla rinuncia di aprire un punto di vendita nei pressi di Pisa ad accendere il dibattito.
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