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Il nostro export agroalimentare è minacciato dal rischio credito?

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Il nostro export agroalimentare è minacciato dal rischio credito?

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Fabio Massi

Grazie ai buoni risultati raggiunti nel 2018 e a una previsione di crescita di oltre il 2% nel 2019, il comparto alimentare continua a fare la parte da leone dell’industria italiana con un fatturato superiore ai 137 miliardi di euro nel 2017 (pari all’8% del Pil) e 385.

00 addetti impegnati in oltre 6.800 imprese. È un quadro nel complesso positivo quello che emerge per il Belpaese dall’analisi che Atradius, tra i principali gruppi a livello mondiale nell’assicurazione del credito commerciale, fideiussioni e recupero crediti, dedica all’andamento del settore alimentare nei diversi Paesi del mondo. A confermare il trend positivo del settore, la buona performance dei prodotti agroalimentari italiani sui mercati esteri, con una crescita delle esportazioni del 3,1% nel primo semestre del 2018, mentre resta più contenuto l’aumento dei consumi sul mercato interno (+0,9%). Sale anche la produzione, portandosi al +3,2% nel 2017 seguita da un +1,9% nel primo semestre del 2018. I più importanti mercati di sbocco per il nostro Paese restano quelli dell’Unione europea (è pari al 66% il valore complessivo dei prodotti agroalimentari esportati dall’Italia, secondo gli ultimi dati Ismea), dove le principali destinazioni sono rappresentate da Germania, Francia e Regno Unito.

La Germania, che vede una lieve crescita del fatturato nel primo semestre del 2018 (+1,1%), si comporta differentemente però dall’Italia, dove le buone previsioni per il settore non lasciano pensare a un aumento dei ritardi di pagamento e delle insolvenze nel 2019. Crescono infatti, sul mercato tedesco, i casi di ritardo e di insolvenza soprattutto nel segmento della carne, delle bevande e dei prodotti ortofrutticoli, così come gli episodi di frode alimentare che colpiscono i segmenti di pesce, frutta e verdura.

Anche la Francia, seconda destinazione, mostra alcune debolezze strutturali che ostacolano la performance del settore, ancora oggi uno dei pilastri dell’economia nazionale (6° esportatore mondiale di generi alimentari), provocando una flessione della produzione dello 0,6% nel 2017, seguita da un ulteriore calo nel primo semestre dello scorso anno (-1,1%). Come per la Germania, il livello dei ritardi di pagamento e di insolvenza aumenta nel 2018, in particolare nel segmento della carne, e si prevede un’ulteriore crescita nel 2019.

Una performance non molto ottimistica si delinea anche per il Regno Unito, terzo mercato di sbocco europeo per l’export alimentare italiano, dove la svalutazione della sterlina dopo il referendum Brexit ha portato a una forte pressione sui margini di profitto delle imprese a causa dell’aumento dei costi delle importazioni. Ciò ha provocato una crescita dei ritardi di pagamento e di insolvenza, per i quali, anche questa volta, si prevede una tendenza a rialzo nel 2019.

In ambito extra Ue, l’analisi Atradius offre uno scenario interessante soprattutto per i paesi del Nafta, caratterizzato da un andamento positivo nel 2018, tra i quali spicca la performance del Canada che Atradius premia con voto “eccellente”. Anche per questi Paesi però, la fonte mantiene un atteggiamento prudente lasciando intravedere alcune criticità all’orizzonte, in particolare per Usa e Messico.

Negli Stati Uniti, primo mercato di destinazione tra i Paesi terzi, nonostante il settore si mantenga molto solido con una previsione di crescita del 2,2% nel 2019, la forte concorrenza in tutti i principali segmenti determinerà come effetto negativo una flessione sui margini di profitto delle imprese nel 2019.

“Nonostante, in linea generale, il settore alimentare continui a registrare una performance soddisfacente – commenta Massimo Mancini, country manager Atradius per l’Italia - le difficoltà che caratterizzano i contesti economici dei principali mercati d’esportazione del nostro Paese e le nuove sfide che si presentano per gli operatori del settore, dai cambiamenti delle abitudini di consumo al ricorso sempre maggiore alla tecnologia per l’approvvigionamento su scala globale, possono mettere sotto pressione le aziende alimentari. Per questo consigliamo ai nostri esportatori di tutelarsi per proteggersi dal rischio credito e garantire il buon andamento delle pratiche commerciali all’estero”.

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