Salesforce, American express, Kiabi Italia, Dhl express, Danone Nutricia, Andriani: sono queste alcune delle aziende, solo per citare chi, rientra, in vari modi, anche 'tangenziali', nel perimetro del largo consumo e che compaiono, nelle rispettive categorie (dimensionate per addetti), della nuova classifica Best place to work.

Great place to work Italia, infatti, ha appena reso noti i risultati dello studio, condotto su 303 società operanti nel nostro Paese, per un totale che supera i 164 mila collaboratori.

Si tratta del 22° anno consecutivo della graduatoria, che si può consultare su greatplacetowork.it, ed è frutto di un attento e accurato lavoro di ricerca, durato un anno.

Emerge, per i 60 premiati, che i migliori posto di lavoro, indicati dagli stessi dipendenti, hanno un indice di fiducia, che sale, presso il proprio staff, del 2% su un anno fa (89% contro l’87% del 2022).

Restando sempre in quest’ottica si osserva che i ‘best workplaces’ italiani si pongono al di sopra della media europea (89%), dietro solo alla Danimarca e a pari merito con Belgio e Finlandia.

E la parola ‘crescita’ non riguarda solo la fiducia, ma anche il fatturato: i 60 migliori luoghi di lavoro nazionali del 2023 hanno fatto registrare un aumento dei ricavi, in media annua, del 26%, migliorando il già ragguardevole 23,25% del 2021.

Sale, inoltre, la forza del made in Italy: 31 aziende su 60 (52%) presenti in classifica sono italiane, un dato in netta salita rispetto a 10 anni fa quando le aziende con quartier generale nel Bel Paese erano solo 8 su 35 (23%).

«Dato questo contesto, di grande cambiamento, la storia che vediamo, analizzando la fotografia delle 60 migliori aziende italiane del 2023 è molto coerente – afferma Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia –. Le migliori imprese della Penisola aumentano in media del 15% la loro forza lavoro rispetto allo scorso anno, hanno il 95% di fiducia nella propria leadership e riescono a raggiungere risultati importanti su temi difficili da affrontare come meritocrazia (+23% rispetto al panel delle 303 analizzate) e correttezza (+19%). Risultati che hanno un peso ancora più importante perché raggiunti dopo anni di importanti scossoni organizzativi. Tra i settori più presenti – prosegue Bedusa – siamo orgogliosi di vedere la produzione manifatturiera, sempre più simbolo di un nuovo rinascimento imprenditoriale, che fa ben comprendere quanto questi temi influiscano su produttività e risultati, e l’information technology, dove il fenomeno delle grandi dimissioni e qualche stima, un po’ troppo entusiastica, hanno obbligato gli operatori a proporre esperienze sempre più coinvolgenti, per sfuggire alla trappola della banalizzazione».