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La gdo perde il trentacinque per cento degli investimenti
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La gdo perde il trentacinque per cento degli investimenti
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“Gli investimenti sono calati mediamente, nel settore della distribuzione moderna organizzata, del 35% nel 2012 rispetto al 2007, l’anno del pre-crisi, ma sono ancora consistenti e stimabili tra i 2 e i 2,5 miliardi, fatto questo che caratterizza comunque ancora in modo positivo il comparto distributivo”.
Questo il bilancio dell’impatto della recessione tirato da Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, durante il convegno svoltosi ieri presso la Camera dei deputati, dedicato a “Occupabilità, salario e produttività. L’analisi assume un valore drammatico quando si pensa alle forze ormai schierate in campo contro la distribuzione moderna: dagli enti locali – in Campania e Lombardia è stata decretata una moratoria sui nuovi centri commerciali -, al Movimento 5 stelle che predica contro le grandi superfici, per finire con Cei e Confesercenti che hanno presentato una legge di iniziativa popolare per riportare nelle mani delle Regioni le autorizzazioni sulle aperture domenicali. Insomma la liberalizzazione Monti rischia di saltare, nonostante la Corte Costituzionale abbia recentemente ricordato (sentenza 299, del 19 dicembre 2012) che in ultima analisi il vero potere sulle assegnazioni delle licenze è in mano allo Stato.
Ma non è tutto. Una ricerca di Ref ha dimostrato che a fronte di un investimento di 1 miliardo da parte della gdo si genera un valore aggiunto di 750 milioni che sviluppa, fra indotto e posti diretti, la bellezza di 15.000 opportunità lavorative. Se si possono capire le motivazioni dei piccoli esercenti food e non food, non si può comunque negare che la Dmo sia stata in questi anni una delle più grandi fonti di nuova occupazione.
Cobolli Gigli si è poi addentrato nelle problematiche finanziarie che affliggono il settore: mentre le famiglie sono sempre più sfiduciate e riducono il carrello della spesa – come dimostrano i dati Istat (dal -0,3% del 2008 il dato è scivolato al -3,8% di gennaio-febbraio 2013 – industria e distribuzione sono costrette a contenere i prezzi, limando di continuo i margini, cosa che certo disincentiva ulteriormente gli investimenti fruttiferi e dunque l’impiego di nuovi addetti. E su tutto questo vanno a innestarsi nuove tasse, come la Iva al 22% che, dal primo di luglio investirà frontalmente parecchi servizi, ma anche alcuni beni di consumo: vino, birra, superalcolici e alimentari di lusso. L’impatto sarà di una nuova erosione stimata in oltre 150 euro annui per un nucleo familiare tipo di 3 persone.
Per quanto riguarda il lavoro Cobolli Gigli ha concluso con queste parole: “L’obiettivo di oggi è di portare al centro delle riflessioni di imprese, politica, e parti sociali il tema del lavoro nel settore della gdo. Il mercato del lavoro è ancora troppo rigido e caratterizzato da una scarsa flessibilità in entrata, in uscita e nello svolgimento del rapporto di lavoro. La recente riforma ha irrigidito il part-time e non riesca a cogliere, per quanto riguarda il tempo determinato, le specificità del nostro settore, caratterizzato da periodi discontinui di forti picchi nelle vendite”.
Questo il bilancio dell’impatto della recessione tirato da Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, durante il convegno svoltosi ieri presso la Camera dei deputati, dedicato a “Occupabilità, salario e produttività. L’analisi assume un valore drammatico quando si pensa alle forze ormai schierate in campo contro la distribuzione moderna: dagli enti locali – in Campania e Lombardia è stata decretata una moratoria sui nuovi centri commerciali -, al Movimento 5 stelle che predica contro le grandi superfici, per finire con Cei e Confesercenti che hanno presentato una legge di iniziativa popolare per riportare nelle mani delle Regioni le autorizzazioni sulle aperture domenicali. Insomma la liberalizzazione Monti rischia di saltare, nonostante la Corte Costituzionale abbia recentemente ricordato (sentenza 299, del 19 dicembre 2012) che in ultima analisi il vero potere sulle assegnazioni delle licenze è in mano allo Stato.
Ma non è tutto. Una ricerca di Ref ha dimostrato che a fronte di un investimento di 1 miliardo da parte della gdo si genera un valore aggiunto di 750 milioni che sviluppa, fra indotto e posti diretti, la bellezza di 15.000 opportunità lavorative. Se si possono capire le motivazioni dei piccoli esercenti food e non food, non si può comunque negare che la Dmo sia stata in questi anni una delle più grandi fonti di nuova occupazione.
Cobolli Gigli si è poi addentrato nelle problematiche finanziarie che affliggono il settore: mentre le famiglie sono sempre più sfiduciate e riducono il carrello della spesa – come dimostrano i dati Istat (dal -0,3% del 2008 il dato è scivolato al -3,8% di gennaio-febbraio 2013 – industria e distribuzione sono costrette a contenere i prezzi, limando di continuo i margini, cosa che certo disincentiva ulteriormente gli investimenti fruttiferi e dunque l’impiego di nuovi addetti. E su tutto questo vanno a innestarsi nuove tasse, come la Iva al 22% che, dal primo di luglio investirà frontalmente parecchi servizi, ma anche alcuni beni di consumo: vino, birra, superalcolici e alimentari di lusso. L’impatto sarà di una nuova erosione stimata in oltre 150 euro annui per un nucleo familiare tipo di 3 persone.
Per quanto riguarda il lavoro Cobolli Gigli ha concluso con queste parole: “L’obiettivo di oggi è di portare al centro delle riflessioni di imprese, politica, e parti sociali il tema del lavoro nel settore della gdo. Il mercato del lavoro è ancora troppo rigido e caratterizzato da una scarsa flessibilità in entrata, in uscita e nello svolgimento del rapporto di lavoro. La recente riforma ha irrigidito il part-time e non riesca a cogliere, per quanto riguarda il tempo determinato, le specificità del nostro settore, caratterizzato da periodi discontinui di forti picchi nelle vendite”.
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