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Il rincaro dell'olio fa scattare l'allarme tonno

Il rincaro dell'olio fa scattare l'allarme tonno
Il rincaro dell'olio fa scattare l'allarme tonno

Il rincaro dell'olio fa scattare l'allarme tonno

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Luca Salomone

di Luca Salomone

Tonno in acque agitate: secondo Ancit (Associazione nazionale conservieri ittici e delle tonnare) la colpa è soprattutto dell’olio.

I dati Ismea rivelano che il prezzo dell’Evo di provenienza spagnola, ha raggiunto (il 30 gennaio 2024) i 9 euro al chilogrammo, mentre quello raffinato ha superato 8 euro e 50, un rincaro incontrollato che si può quantificare in un +80% sul corrispondente. E lo scenario non accenna a schiarirsi.

I costi dell’attività produttiva hanno sfiorato, per conseguenza, livelli di guardia, dal momento che il grosso è costituito proprio dalle materie prime, ossia pesce e olio. E il secondo stava già soffrendo, per cause di lungo periodo: avversità del cambiamento climatico, siccità, agenti patogeni.

E non è tutto: si somma la situazione geopolitica in Medio Oriente, la quale sta avendo un deciso impatto sulle tariffe dei noli marittimi dei container – principale mezzo logistico -, specie per via dei passaggi delle navi dal Canale di Suez.

«La nostra associazione ha più di 60 anni e di crisi ne ha viste tante, ma come questa mai: è una spirale e non possiamo non tenerne conto – commenta Giovanni Battista Valsecchi, presidente di Ancit e direttore generale di Asdomar-Generale Conserve –. Benché il settore conserviero ittico abbia risposto meglio di altri, la forte preoccupazione resta. I cargo che transitano da Suez devono essere scortati, con un costo più elevato della tratta o, in alternativa, optare per l’itinerario, più lungo, da Capo di Buona Speranza».

Così, se i fatturati crescono, la marginalità si volatilizza, per via di prezzi alimentari che, secondo l'Istat, subiscono un’accelerazione media annua 2023 del 9,8% rispetto all’8,8% del 2022 , nonostante il dato generale al consumo si attesti al +5,7 per cento.

Anche per il comparto delle conserve ittiche l'anno trascorso è stato difficile. Lo shock inflazionistico (che già nel 2022 aveva portato a un incremento dei costi produttivi del 20-30%) ha toccato ora livelli senza precedenti, generando una perdita dei volumi sui mercati, che, a novembre, ha fatto segnare, per il pesce in scatola, un -4,8% tendenziale.

Per quanto concerne il prodotto guida, il tonno, sempre l’Istat ha rilevato un incremento del prezzo finale, nei dodici mesi solari, nell’ordine dell’11,6% sul 2022, un dato che conferma, in ogni caso, che l’impennata degli oneri non è stata completamente trasferita a valle, ma in gran parte assorbita dall’industria.

Da osservare, infine, che l'ittico confezionato o conservato, in Italia, genera un valore, per il territorio e il sistema Paese, di 1.875 milioni di euro. La nostra nazione è, inoltre, la seconda produttrice europea, dopo la Spagna, nonché fra i più importanti mercati al consumo sul piano globale, comprendendo anche acciughe sotto sale e sott’olio, sgombri, sardine, salmone, vongole e antipasti di mare.

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