Coin compra Bernardi, ma desta molti interrogativi
Coin compra Bernardi, ma desta molti interrogativi
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La notizia ha dell’incredibile e poi vedremo il perché: Stefano Beraldo, ad di Coin, intervistato dal “Sole 24 Ore” di oggi, conferma un maxi deal – il prezzo è top secret - che dovrebbe essere siglato nei prossimi giorni, per acquisire 106 strutture dei 183 punti di vendita della catena di grandi magazzini Bernardi (165 sul territorio nazionale).
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Il gruppo - fondato a San Giorgio di Nogaro (Udine) da Riccardo di Tommaso e dalla madre Teresa Bernardi, da cui prende il nome l'impresa - avvia nel 1975 il primo punto di vendita. Negli anni i successi non mancano, dall’acquisizione nel 2003 di Postalmarket (che però sarà chiusa nel 2007, schiacciata dall’avanzata dell’e-commerce), allo sbarco in varie nazioni estere - Iraq, Romania, Repubblica Ceca, Kurdistan, Germania -, al lancio di una nuova insegna, “Go Kids” (36 negozi attuali), diretta ai più piccoli. Il 24 gennaio 2010 Riccardo muore di leucemia ad appena 56 anni. I due figli Diego e Silvia Di Tommaso, rispettivamente di 30 e 27 anni, promettono di dare continuità all’azienda.
I numeri attuali sono i seguenti: 100.000 metri quadrati di superficie coperta tra magazzini e uffici in Italia, 190.000 metri quadrati di superficie commerciale costituita da negozi con una dimensione media di 1.000 mq, 1.300 dipendenti, 26 milioni di capi movimentati, 10 milioni di capi prodotti all’estero, 7 milioni di scontrini emessi.
Pare un trionfo. Ma allora per quale motivo vendere? «L’obiettivo comune – ha spiegato Diego Di Tommaso, amministratore delegato. al “Messaggero Veneto” - è di realizzare una partnership, in grado di creare economie di scala sulla fascia low-cost. I punti vendita – ha continuato - rimarranno aperti senza soluzione di continuità, fatta eccezione per qualche piano di ristrutturazione della forza lavoro cui dovremo necessariamente porre mano». Tuttavia, a monte, ci sono numeri ed eventi che fanno riflettere: 52 milioni di perdite, che hanno reso necessaria, da parte di Bernardi International Holding, un’iniezione di 6 milioni, vari contratti di solidarietà, oppure – riferisce sempre il Sole – una riduzione volontaria dell'orario di lavoro.
A quanto pare l’insegna, un marchio storico ed affermato, verrà mantenuta. Nessun grave problema, a parte qualche "arrotondamento", dovrebbe esserci dal lato dell’occupazione: non si prevedono licenziamenti e i 492 addetti commerciali interessati dovrebbero passare semplicemente sotto l’egida del nuovo datore di lavoro. Destino diverso avranno i 140 amministrativi, che resteranno nel gruppo friulano. Solo 11 dei 106 negozi interessati cambieranno insegna, trasformandosi in Ovs. Gli altri - Beraldo non lo dice ma si intuisce - potrebbero anche andare alla fusione con Upim.
L’operazione verrà formalizzata in settembre. Ma per che motivo sorgono dei dubbi? Intanto in questo modo si avrebbero due Bernardi, una di gruppo Coin e una della famiglia Di Tommaso, anche se la distonia si limiterebbe a 23 strutture nazionali, in quanto 36, su un totale delle 59 conservate in Italia dai fondatori, portano il nome “Go Kids”. La seconda perplessità riguarda Coin stesso. Anche se il gruppo è in salute, con Mol e ricavi in crescita costante da 6 anni a questa parte, ultimamente ha rinunciato all’acquisizione di Gusella (10 negozi di calzature per bambini a Milano), si è ritirato in buon ordine di fronte agli azionisti di Limoni che hanno preferito all’offerta del colosso veneto quella dell’azionista di riferimento Bridgepoint, affiancato da Fondo Orlando, ha annunciato un piano di fusione delle divisioni operative Coin, Oviesse, Upim e dei franchising Ovs e Coin. Il tutto farebbe pensare insomma a un bisogno di contenere i costi.
Certo Beraldo, che è notoriamente uno dei più geniali manager della nostra gdo, e il nuovo azionista di riferimento, Bc Partners, avranno in mente una strategia precisa, ma è davvero difficile dare un'interpretazione univoca e semplice.
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