Oggi, 11 maggio alle ore 11, scatta la protesta dei punti vendita dei 1.300 centri commerciali d'Italia contro le chiusure nei weekend. Il gesto è simbolico e consiste nell’abbassare le saracinesche per alcuni minuti.

L'iniziativa delle associazioni

L'iniziativa, che coinvolge oltre 30.000 negozi e supermercati, è promossa dalle Associazioni del commercio, Ancd-Conad, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali e Federdistribuzione.

Con questa operazione dimostrativa, le sigle vogliono dar voce ai 780.000 lavoratori che chiedono l'immediata revoca delle misure restrittive, che da oltre 6 mesi impongono la chiusura dei negozi nei festivi e prefestivi, i giorni più importanti della settimana, in termini di ricavi, e fondamentali per aiutare la ripresa economica delle attività commerciali e del Paese.

Sempre oggi, una delegazione dei vertici delle associazioni del commercio sarà presente a Roma per un confronto con alcuni esponenti politici sulla questione delle riaperture.

La posizione delle aziende

Praticamente tutte le aziende distributive, specie quelle impegnate nei centri commerciali, hanno dato la loro approvazione in modo implicito o esplicito. Fra queste Gruppo Végé e Bennet che fra l’altro, attraverso Gallerie Commerciali Bennet possiede 50 mall di proprietà con più di 1.250 negozi tenant.

Il colosso comasco, con quartier generale, a Montano Lucino, ribadisce che questa piccola, ma grande azione sottolinea l’importanza di revocare immediatamente le misure restrittive che da oltre 6 mesi impongono la chiusura dei negozi nei festivi e prefestivi, i giorni più importanti della settimana.

“In questi mesi Bennet (come tutti gli altri grandi operatori, ndr.) ha applicato tutti i protocolli di sicurezza: oltre al lavoro di pulizia e disinfezione di tutte le strutture, l’azienda provvede in modo costante al processo di sanificazione delle aree comuni e degli ipermercati. La loro riapertura all’interno Gallerie Commerciali Bennet nei fine settimana rappresenta un vantaggio competitivo posizionandoli come la miglior soluzione per fare una spesa conveniente, completa, comoda, sicura e senza rischi”.

Il nodo dei vaccini

Giorgio Santambrogio, amministratore delegato di Végé e past president di Adm, insiste su un aspetto altrettanto urgente e grave: la vaccinazione dei lavoratori del commercio.

Il top manager scrive, al Presidente del Consiglio, Mario Draghi che “il Commissario all’Emergenza, Generale Francesco Paolo Figliuolo, ha annunciato il 6 maggio, che nelle vaccinazioni occorre ora dare priorità a chi rappresenta l’apparato produttivo del settore turistico e alberghiero. Nelle stesse ore il ministro Patrizio Bianchi (Istruzione) ha dichiarato che gli insegnanti insieme al personale non docente e ai dirigenti scolastici devono avere la priorità. Ne prendo atto.

“Aggiungo però che, verificato che è a buon punto la campagna vaccinale delle persone più anziane e/o portatrici di fragilità, è opportuno e doveroso pensare a tutte quelle categorie che sono quotidianamente a contatto con il pubblico. Per questo occorre dare priorità massima alla vaccinazione di commesse e commessi delle nostre imprese. Devono essere messi subito in sicurezza. Per tutto quello che questi lavoratori hanno fatto e per quello che quotidianamente continuano a fare per dare, agli italiani, la possibilità di acquistare quello di cui hanno bisogno. Un segnale di attenzione a questa categoria, indispensabile e necessaria, del nostro tessuto produttivo sarebbe un’indicazione utile per il contrasto alla diffusione del virus e del tutto accettabile e condivisibile da parte dell’opinione pubblica che ha spesso riconosciuto il valore del lavoro distributivo e dimostrato riconoscenza per la qualità dell’impegno del nostro staff. Vorrei ricordare che ogni giorno, ognuno dei circa 410.000 nostri collaboratori entra in contatto con almeno 200 persone. Non è la prima volta che, insieme alle nostre associazioni di categoria, lanciamo questo appello. Adesso abbiamo bisogno di risposte concrete”.

La manifestazione dei parchi tematici

Protestano, a Roma, in Piazza del Popolo, anche i parchi tematici e acquatici: l’Associazione di categoria, aderente a Confindustria, ha indetto una spettacolare manifestazione in nome del diritto alla dignità di 60.000 occupati. In perfetta sintonia con l’atmosfera divertente e allegra che anima i parchi del divertimento dedicati alle famiglie, la protesta sarà del tutto pacifica e colorata, a misura di bambino, con tanta musica, palloncini e un palco sul quale sfileranno i personaggi dei cartoon e le mascotte dei protagonisti del settore: i parchi del gruppo Costa Edutainment, Leolandia, MagicLand, Mirabilandia, Zoomarine, Gardaland e molti altri.

“E’ un modo – si legge in una nota - per ringraziare della fiducia e del sostegno ricevuto i tanti visitatori che, con pazienza e senso di responsabilità, continuano ad attendere la riapertura, ma anche l’opportunità per un richiamo alle Istituzioni, ree di aver ignorato le richieste del settore e di avere ingiustamente posticipato il via libera a luglio”.

Le promesse dei politici

Nel frattempo, almeno per gli shopping center, si intensificano i segnali della politica nella direzione di una riapertura nei giorni festivi, forse a breve e si parla insistentemente di un opening di 7 giorni su 7 a partire da sabato 15 maggio.

Ha detto il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, ai microfoni di Radio 24: “Non vedo perché gli shopping center non debbano riaprire nel breve termine. Io mi sono già pronunciato, anche per la riapertura all’interno dei ristoranti: credo che si possa procedere sulla base di numeri e scenari. E questo non tanto per l’aspetto degli attuali contagi, che secondo me tenderanno a salire nei prossimi giorni, aumentando la circolazione soprattutto dei soggetti più giovani, ma perché, avendo protetto le fasce più deboli della popolazione con la vaccinazione, è chiaro che anche i centri commerciali, che hanno precise regole da rispettare, debbano riprendere le attività”.

Insomma, siamo vicini, sembra, alla fine di un lungo incubo, ma anche di una serie di inspiegabili discriminazioni verso attività a priori classificate come non indispensabili, o più rischiose di altre.