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NaturaSì, l’agricoltura bio frena la crisi climatica

NaturaSì, l’agricoltura bio frena la crisi climatica
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NaturaSì, l’agricoltura bio frena la crisi climatica

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Redazione

Circa il 24% di tutti i gas serra emessi al mondo provengono dall’agricoltura, dalla silvicoltura e da altri usi del suolo.

Lo fanno presente le Nazioni Unite nella Giornata Mondiale dell’Ambiente, che quest’anno si focalizza sull’incrocio tra inquinamento atmosferico e crisi climatica. L’agricoltura bio può essere un concreto argine al peggioramento della crisi climatica, grazie alla capacità dei terreni coltivati in maniera biologica di sequestrare il carbonio.

L'utilizzo di tecniche intensive tipiche della gestione convenzionale dell’agricoltura hanno fatto sì che i campi e i pascoli abbiano perso tra il 25 e il 75% del carbonio che contenevano (fonte Rodale Institute), mentre i terreni gestiti con metodo biologico, che utilizzano in media il 45% di energia in meno e producono il 40% in meno di gas serra, possono assorbire almeno mezza tonnellata di carbonio per ettaro all’anno (fonte WMO - World Meteorological Organization).

A ricordarlo anche NaturaSì, la maggior azienda del biologico italiano. «Il biologico fa bene alla terra, e noi per primi sappiamo quanto il settore agricolo possa essere ago della bilancia per la riduzione dell’inquinamento», afferma Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì. «Nell’azienda biodinamica Di Vaira, la più grande realtà agricola del Molise, i nostri ricercatori hanno misurato tassi di assorbimento della CO2 di addirittura oltre 3 tonnellate per ettaro anno. Qui, come in altre aziende biologiche e biodinamiche italiane, si è passati da un tasso di sostanza organica nel terreno, quindi di carbonio sotto forma di humus, dell'1% a oltre il 2% in 10 anni di lavoro, un risultato che deriva da pratiche di concimazione biologica del suolo quali il compostaggio, il sovescio e dal mancato uso di sostanze chimiche di sintesi, pesticidi in primis».

Secondo i calcoli del WMO basterebbe convertire al bio il 20% dei campi europei per ridurre le emissioni di gas serra di 92 milioni di tonnellate di CO2. Un risparmio sull’inquinamento maggiore addirittura delle emissioni complessive di uno Stato come l’Austria, che produce 76 milioni di tonnellate all’anno, e di poco inferiore a quelle della Grecia (101 milioni). Ma quello che emerge con chiarezza è che l’agricoltura convenzionale non riesce più a essere un tassello della gestione sostenibile del nostro Pianeta. In Italia, secondo l’Ispra, è la sesta causa di inquinamento atmosferico. A essere particolarmente dannosi, i metodi di allevamento industriali, che producono grandi quantità di metano e ammoniaca.

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