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L’80% delle aziende alimentari riutilizza o valorizza gli scarti

L’80% delle aziende alimentari riutilizza o valorizza gli scarti
L’80% delle aziende alimentari riutilizza o valorizza gli scarti

L’80% delle aziende alimentari riutilizza o valorizza gli scarti

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Redazione

Per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 su produzione, consumi responsabili e riduzione degli impatti ambientali, è fondamentale la strategia di valorizzazione delle eccedenze alimentari e riduzione di residui e scarti.

Per agire, però, è necessario prima di tutto misurarle. Nel settore della trasformazione alimentare, solo il 43% delle aziende italiane misura le sue eccedenze e le percentuali sono simili anche per spreco alimentare. Eppure, la misurazione è già parte della soluzione del problema. L’89% delle imprese alimentari che misurano le eccedenze adotta anche pratiche di donazione o riuso. E nella gestione di residui e scarti, il 49% delle aziende che li misura adotta anche pratiche di riciclo e recupero.

Nonostante la percentuale di aziende che misurano non sia particolarmente alta, nella valorizzazione delle eccedenze, le aziende alimentari di trasformazione risultano molto attive: 8 aziende alimentari su 10 utilizzano già almeno una pratica di economia circolare, tra riuso (per fini sociali e non) e valorizzazione di residui e scarti non più edibili.

Nello specifico, il 75% adotta forme di riuso, soprattutto donazioni per fini sociali, ma anche vendite su mercati secondari, ritrasformazione o cessione per l'alimentazione animale. In Italia, le grandi e medie aziende della trasformazione donano circa 139mila tonnellate di eccedenze edibili per anno, mentre ne riusano in altra forma altre circa 182mila tonnellate. Pratiche complementari che non si escludono a vicenda la cui adozione risente molto delle dimensioni aziendali: ben il 70% delle grandi aziende valorizza le eccedenze tramite donazione e altre forme di riuso, mentre la percentuale scende al 47% delle medie e al 31% delle piccole.

In quest’ambito le startup ricoprono un ruolo fondamentale con soluzioni innovative per migliorare la sicurezza alimentare, promuovere un uso più efficiente delle risorse, ridurre gli impatti ambientali, sostenere e tutelare i territori. A livello mondiale, sono 2.270 le startup agrifood fondate tra il 2019 e il 2023 che perseguono uno o più obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, pari al 23% di quelle della filiera agroalimentare, e si concentrano innanzitutto su obiettivi di sostenibilità ambientale, rendendo più efficiente l’utilizzo delle risorse.

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno “Sostenibilità alimentare, dalle parole ai fatti. Chi misura, raccoglie!”

Sono 2.270 le startup fondate tra il 2019 e il 2023 che operano nel settore agrifood e perseguono uno o più Obiettivi di Sviluppo Sostenibile inclusi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, circa il 23% di quelle che operano in tutta la filiera agroalimentare. L’offerta sul fronte dell’efficientamento delle risorse è molto varia, dalle soluzioni digitali che consentono di utilizzare in maniera più efficiente gli input produttivi nella fase primaria ai nuovi modelli di agricoltura in sistemi verticali e controllati. Il 22% delle startup punta a favorire la tutela degli ecosistemi terresti e d’acqua dolce, altre promuovono il turismo sostenibile e le produzioni locali. Significativa è anche l’attenzione delle startup verso il miglioramento della sicurezza alimentare e nutrizionale, in particolare per l’incremento della produttività e della capacità di resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatici.

Quasi tutte le soluzioni tecnologiche di misurazione delle performance di sostenibilità presenti sul mercato (98%) si concentrano sulla valutazione dei KPI ambientali, ad esempio relativi all’inquinamento, alla quantità di eccedenze e sprechi alimentari, all’utilizzo delle risorse e all’impatto sulla biodiversità. Particolarmente rilevanti sono le emissioni di carbonio e il calcolo della Carbon Footprint, uno degli aspetti di primario interesse per la filiera agroalimentare.

Il 60% delle soluzioni considera anche aspetti sociali, come l’attenzione alla comunità locale e il rispetto delle condizioni di lavoro; il 56%, infine, considera anche indicatori economici (ad esempio la tutela dei fornitori, la produttività e la profittabilità). Le tecnologie digitali più innovative vedono interessanti applicazioni nell’ambito della valutazione della sostenibilità delle filiere agroalimentari, in particolare i Data & Big Data Analytics (utilizzati nell’88% delle soluzioni presenti sul mercato), l’Intelligenza Artificiale & Machine Learning (34%) e la Blockchain (12%).

Nelle strategie per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità alimentare, il packaging riveste un ruolo chiave. L'imballaggio è responsabile di un terzo dei rifiuti solidi urbani. I dati Eurostat indicano che nel 2021 in Europa sono stati generati in media oltre 188 kg di rifiuti di imballaggio pro-capite. Si prevede inoltre che i rifiuti di imballaggio potrebbero aumentare del 19% entro il 2030 e, con essi, gli impatti ambientali correlati.

In questo contesto, la Proposta di Regolamento sul Packaging e Packaging Waste (PPWR) avanzata dalla CE rappresenta un punto di svolta nel panorama normativo europeo riguardante il packaging, stabilendo obiettivi chiari per il riciclo ed il riuso degli imballaggi. Le azioni previste richiederanno investimenti per adeguarsi e innovare agli stakeholder coinvolti. In particolare, l’applicazione dei nuovi modelli di riuso prevista nel PPWR rappresenta una sfida lunga e complessa per la filiera, con sfide che riguardano i temi della tracciabilità, logistica inversa e sicurezza alimentare.

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