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Fida su ingresso fondo strategico italiano in gdo: operazione danneggia pluralismo commerciale
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Fida su ingresso fondo strategico italiano in gdo: operazione danneggia pluralismo commerciale
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“Apprendiamo con forte stupore l’ingresso del Fondo Strategico Italiano in una delle aziende leader della GDO (grande distribuzione organizzata), ma ancor di più stupisce la motivazione che sta dietro a questa decisione, e cioè il tentativo di sostenere i leader della GDO ad aumentare le proprie quote di mercato, portandole al livello degli altri paesi europei, disattendendo la mission del FSI che dovrebbe, invece, essere quella di tutelare l’interesse nazionale che non è certamente quello di creare dei monopoli o delle oligarchie nella distribuzione alimentare”: questo il commento del Presidente di F. .D.A.-Confcommercio, Dino Abbascià, alle notizie riportate da alcuni quotidiani circa l’ingresso della Cassa Depositi e Prestiti, tramite il Fondo Strategico Italiano, nel capitale di Canova 2007, holding cui fanno capo circa 200 punti vendita della grande distribuzione.
“Il fatto che, in Italia, la GDO continui a detenere delle quote di minoranza sul mercato e che il dettaglio tradizionale e la distribuzione organizzata dimensionalmente a “misura d’uomo” riescano nonostante tutto a rimanere competitivi, rappresenta l’asset stategico su cui si dovrebbe investire, non il contrario. Pertanto – conclude Abbascià – l’operazione condotta da FSI va purtroppo registrata come l’ennesima scelta a discapito della salvaguardia del pluralismo distributivo, come se le liberalizzazioni e le scelte delle pubbliche amministrazioni non bastassero da sole a mettere a repentaglio un settore che è invidiato proprio da quei paesi che il FSI porta come esempi da imitare”.
“Il fatto che, in Italia, la GDO continui a detenere delle quote di minoranza sul mercato e che il dettaglio tradizionale e la distribuzione organizzata dimensionalmente a “misura d’uomo” riescano nonostante tutto a rimanere competitivi, rappresenta l’asset stategico su cui si dovrebbe investire, non il contrario. Pertanto – conclude Abbascià – l’operazione condotta da FSI va purtroppo registrata come l’ennesima scelta a discapito della salvaguardia del pluralismo distributivo, come se le liberalizzazioni e le scelte delle pubbliche amministrazioni non bastassero da sole a mettere a repentaglio un settore che è invidiato proprio da quei paesi che il FSI porta come esempi da imitare”.
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