Centromarca, il 43,5% delle imprese con meno utili. Latini (Coop): fuga dal pdv
Centromarca, il 43,5% delle imprese con meno utili. Latini (Coop): fuga dal pdv
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di Emanuele
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I retailer sottolineano la caduta delle vendite dopo gli aumenti dei prezzi, gli industriali accusano un calo dei profitti per il parziale trasferimento a valle degli aumenti dei costi.
Effetto dell’iper inflazione sui consumi e ruolo trainante dei prodotti di marca sono
2 dei temi sul tappetto affrontati dal meeting di Centromarca dal titolo “Scenari
globali, prospettive italiane: decifrare la complessità per governare il cambiamento”
tenuto ieri a Milano al Piccolo Teatro Studio Melato.
Centromarca è l’associazione dell’industria di marca, a cui fanno riferimento 200
imprese con ricavi per 58 miliardi di euro.
Il presidente di Centromarca, Francesco Mutti, ha sottolineato che
nel 2022 le industrie del largo consumo hanno “subito significativi incrementi
dei costi, solo parzialmente trasferiti a valle. Ne sono derivate contrazioni
significative dei profitti. Nell’alimentare, per esempio, i margini per unità
di prodotto si sono ridotti del 41,6. L’Osservatorio congiunturale Centromarca -
Ref Ricerche evidenzia che lo scorso anno il 43,5% dei manager ha riscontrato
profitti in diminuzione e il 6,2% ha prodotto in perdita. L’inflazione
registrata nel primo semestre 2023 è dunque riconducibile al fatto che le forti
tensioni registrate lo scorso anno non sono state ancora totalmente scaricate a
valle”.
Tagli personalizzati
Dal fronte dei distributori, Maura Latini, amministratore delegato di Coop Italia, ha osservato che nei primi 5 mesi dell’anno i volumi venduti sono scivolati del 5%. “Non ho mai visto un calo così netto in così poco tempo. Probabilmente ciò è anche dovuto al taglio degli sprechi e al recupero dei consumi fuoricasa. La verità è che è partita la fuga dei punti vendita: le famiglie stanno attuando una riduzione dei consumi personalizzata e gli acquisti si spostano nella fascia medio-bassa. Si contraggono persino le vendite di biologico: prodotti che vendiamo da 23 anni. Del resto questa è la reazione evidente di un’inflazione nel carrello a due cifre e di salari italiani tra i più bassi d’Europa”.
Giampiero Maioli,
ceo di Crédit Agricole Italia, si è soffermato sugli effetti del rincaro dei
tassi d’interesse: “Si calcola che su un mutuo di 100 mila euro su 25 anni, la
rata è cresciuta, mediamente, da 350 euro al mese a 600. Chiaro che questo
impegno mensile di base condizioni tutto il resto”.
Le contraddizioni
Dal suo canto, Mutti ha sottolineato che “nel 2022 su 152 euro mensili di maggiori spese determinate dall’inflazione, 35 euro erano riconducibili al carrello della spesa, ma il peso maggiore sulle famiglie, ben 95 euro al mese, è derivato dai rincari delle utenze domestiche. In generale, però, vedo anche delle contraddizioni nel comportamento dei consumatori: da un lato, si riduce la spesa al supermercato e, dall’altra, continua l’espansione dei consumi fuori casa”.
Poi a fronte del colpo di acceleratore dei prodotti a marchio del distributore e, forse, delle accuse dei retailer di non aver accettato una riduzione dei margini congrua, Mutti ha rimarcato che l’Italia “ha bisogno di industrie sane, eccellenti e innovative, con le carte in regola per generare quel valore, a monte e a valle delle filiere, da cui derivano remunerazioni più elevate. E con un forte potenziale di crescita, perché le dimensioni sono essenziali: rendono le aziende più solide, resilienti, meno sensibili agli shock dovuti alle oscillazioni del ciclo economico; contribuiscono al contenimento delle tensioni inflative, sono fondamentali per affrontare la concorrenza internazionale”.
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