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Barilla, fatturato raddoppiato entro il 2020
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Barilla, fatturato raddoppiato entro il 2020
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“L’azienda va meglio delle aspettative e possiamo permetterci di guardare con serenità alle nuove sfide che ci aspettano. I prossimi anni saranno difficili, sia per la congiuntura del Paese e dell’Europa, sia perché i nostri obiettivi non sono modesti. Ma ho fiducia nel lavoro e nell’investimento che tutti, io per primo, sapremo fare sul nostro mestiere e sulla nostra impresa”: parola di Guido Barilla, che ha aperto così la presentazione milanese dell’ultimo bilancio del colosso parmense che è, insieme a Ferrero, uno dei due pilastri nel mondo dell’italian food.
Il fatturato ha raggiunto, nell’ultimo esercizio, 3.996 milioni (+2%) mentre i dipendenti sono oggi un esercito di circa 13.000 persone. Qualche segnale di sofferenza si osserva sull’Ebitda ricorrente (433 milioni, -9,2% e specialmente sull’utile netto consolidato (60 milioni, -21,1%), mentre l’indebitamento, 1,3%, è in equilibrio e segnala l’affidabilità dell’azienda.
“I segni meno – commenta l’amministratore delegato, Claudio Colzani - dimostrano il nostro atteggiamento prudente e rispettoso. Abbiamo voluto evitare che l’inflazione dovuta alle materie prime si scaricasse a valle, ossia sul consumatore. E per questo ovviamente abbiamo pagato un prezzo, come abbiamo pagato un prezzo per i 29 milioni investiti anche quest’anno sui 250.000 controlli di qualità fatti sulla materia prima. Ma ne vale la pena. Come disse Pietro Barilla la nostra missione è semplice e insieme impegnativa: “Date da mangiare alle gente quello che dareste ai vostri figli”.
E di figli gruppo Barilla promette di averne sempre di più. Il piano industriale da qui al 2020 punta al raddoppio delle vendite, ossia agli 8 miliardi di euro, al mantenimento delle quote in Italia e in Europa, all’allargamento della leadership negli Usa e alla conquista dei nuovi mercati vergini dell’Asia e del Sud America.
In Brasile in particolare il gruppo si prepara a combattere una dura battaglia con i prodotti locali, a base di semola di grano tenero, introducendo una linea di 11 referenze (paste+sughi) a un prezzo entry level intorno ai 2 euro per 4 porzioni. “Ma già nel 2016 avremo una crescita organica fino a 100 milioni di euro - promette Colzani -. In Asia e negli altri Paesi emergenti la nostra quota passerà dal 5 al 25%. Le acquisizioni saranno inevitabili, ma la nostra testa di ponte sarà sempre la medesima, il primo piatto all’italiana, ovvero la classica pasta al sugo, da proporre con occhio attento ai gusti locali e sapendo che, per esempio in Cina, sarebbe irrealistico proporre un sugo pomodoro e basilico”.
Il fatturato ha raggiunto, nell’ultimo esercizio, 3.996 milioni (+2%) mentre i dipendenti sono oggi un esercito di circa 13.000 persone. Qualche segnale di sofferenza si osserva sull’Ebitda ricorrente (433 milioni, -9,2% e specialmente sull’utile netto consolidato (60 milioni, -21,1%), mentre l’indebitamento, 1,3%, è in equilibrio e segnala l’affidabilità dell’azienda.
“I segni meno – commenta l’amministratore delegato, Claudio Colzani - dimostrano il nostro atteggiamento prudente e rispettoso. Abbiamo voluto evitare che l’inflazione dovuta alle materie prime si scaricasse a valle, ossia sul consumatore. E per questo ovviamente abbiamo pagato un prezzo, come abbiamo pagato un prezzo per i 29 milioni investiti anche quest’anno sui 250.000 controlli di qualità fatti sulla materia prima. Ma ne vale la pena. Come disse Pietro Barilla la nostra missione è semplice e insieme impegnativa: “Date da mangiare alle gente quello che dareste ai vostri figli”.
E di figli gruppo Barilla promette di averne sempre di più. Il piano industriale da qui al 2020 punta al raddoppio delle vendite, ossia agli 8 miliardi di euro, al mantenimento delle quote in Italia e in Europa, all’allargamento della leadership negli Usa e alla conquista dei nuovi mercati vergini dell’Asia e del Sud America.
In Brasile in particolare il gruppo si prepara a combattere una dura battaglia con i prodotti locali, a base di semola di grano tenero, introducendo una linea di 11 referenze (paste+sughi) a un prezzo entry level intorno ai 2 euro per 4 porzioni. “Ma già nel 2016 avremo una crescita organica fino a 100 milioni di euro - promette Colzani -. In Asia e negli altri Paesi emergenti la nostra quota passerà dal 5 al 25%. Le acquisizioni saranno inevitabili, ma la nostra testa di ponte sarà sempre la medesima, il primo piatto all’italiana, ovvero la classica pasta al sugo, da proporre con occhio attento ai gusti locali e sapendo che, per esempio in Cina, sarebbe irrealistico proporre un sugo pomodoro e basilico”.
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