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Area Studi Mediobanca, industria della pasta: leadership italiana in una nicchia mondiale

Area Studi Mediobanca, industria della pasta: leadership italiana in una nicchia mondiale
Area Studi Mediobanca, industria della pasta: leadership italiana in una nicchia mondiale

Area Studi Mediobanca, industria della pasta: leadership italiana in una nicchia mondiale

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Redazione

L’Area Studi Mediobanca pubblica la prima indagine sull’industria pastaria in Italia con un’analisi dettagliata dell’intera filiera e un focus sui dati finanziari, le tematiche di sostenibilità e quelle di governance dei maggiori pastifici.

L’Italia vanta la leadership mondiale nel settore della pasta, una nicchia globale considerato che il grano duro rappresenta appena il 4% della produzione di frumento che è per la grande maggioranza costituita da grano tenero utilizzato per i prodotti da forno. Il nostro è il primo Paese produttore mondiale di pasta con 3,7 milioni di tonnellate pari al 22,3% del totale, seguita dalla Turchia e dagli Stati Uniti (2 milioni di tonnellate ciascuno), ed anche il suo principale esportatore con 2,1 milioni di tonnellate che valgono il 43% del totale, sempre davanti alla Turchia (1,3 milioni di tonnellate). L’Italia detiene anche il record del più alto consumo pro-capite del mondo: 23 kg di pasta all’anno a testa (19,8 kg di pasta secca e 3,4 kg di pasta fresca), davanti a Tunisia (17 kg pro-capite), Venezuela (15 Kg) e Grecia (12,2 Kg). Questi primati derivano dalla leadership italiana nella produzione di grano duro che con 3,8 milioni di tonnellate rappresenta il 12% del totale mondiale, alle spalle del Canada (15%). Tuttavia, l’Italia non è autosufficiente, con un rapporto tra volumi prodotti e consumati attorno al 65%. Ecco perché l’Italia è il quarto maggiore importatore di grano duro con il 6,4% del totale mondiale (1,9 milioni di tonnellate), un approvvigionamento che arriva principalmente da Canada, Francia e Grecia che insieme soddisfano i due terzi del nostro import. La Campania è la prima regione italiana per esportazione di pasta con il 24,4% del totale nazionale. In questa regione si concentrano il 19% della produzione nazionale e il 13% dei pastifici domestici. Segue l’Emilia-Romagna in seconda posizione sia per quanto riguarda il peso delle esportazioni (20,4% del totale) sia per il volume della produzione (18%) con un numero di pastifici pari all’8% del totale nazionale. La Sicilia, pur ospitando il maggior numero di molini con il 36% nazionale, vede la propria produzione di pasta scendere al 7% e quella dell’export allo 0,4%. Da non dimenticare la Puglia, prima regione per produzione di grano duro (23,2% del totale nazionale). L’Italia appare inoltre divisa in due in relazione al tipo di pasta prodotta: se quasi il 60% dei siti produttivi di pasta secca si trova al Centro e al Sud, mentre oltre il 90% di quelli di pasta fresca è ubicato a Nord Est e Nord Ovest.

Non solo pasta: l’Italia con 58mila tonnellate prodotte nel 2022 (+15,8% medio annuo dal 2012), pari 72 milioni di euro, è il secondo produttore europeo di couscous dopo la Francia (128mila tonnellate, 257 milioni di euro): i due paesi insieme rappresentano il 99% dei quantitativi prodotti nel vecchio continente. Circa il 90% delle esportazioni italiane di couscous è destinato al continente europeo con Francia (40%), Germania (10%), Spagna (8%), Paesi Bassi (6%) e Polonia (5%) come principali destinatari.

Circa il 75% dei consumi di pasta è veicolato dal canale della gdo, dove i prodotti a marca del distributore (mdd) rappresentano il 35% del totale consentendo un risparmio del 25% sulla pasta fresca e del 15% su quella secca. Tuttavia, nel 2022 il ritorno dell’inflazione ha colpito anche il segmento della pasta, con un aumento medio dei prezzi al consumo del 17,4%, quasi il doppio rispetto a quello che ha interessato tutto il settore alimentare (+9,3%). Il prezzo medio della pasta nella gdo nel I trimestre 2023 ha raggiunto i 2,6 euro/kg (5,28 euro/kg per la pasta fresca e 1,97 euro per quella secca), con notevoli scarti per le singole specialità: 1,75 euro/kg la pasta di semola, 2,53 euro/kg la pasta “better for you” (integrale, farro, kamut, base legumi), 2,90 euro/kg il couscous, 3,38 euro/kg gli gnocchi, 5,46 euro/kg la pasta senza glutine, la tipologia più cara destinata ai celiaci che gode di un sussidio pubblico.

I pastifici del Mezzogiorno, con 115 milioni di fatturato medio, sono i più grandi d’Italia, seguiti da quelli del Nord Est (105 milioni). Al Sud sono i produttori di pasta secca a segnare la maggiore dimensione (125 milioni), mentre a Nord Est la taglia maggiore è appannaggio dei produttori di pasta fresca (137 milioni). Le esportazioni rappresentano il 52,6% del giro d’affari complessivo, in crescita di 5,1 punti dal 2019.

La pasta secca rappresenta il 95% circa della produzione italiana complessiva e l’85% del valore, mentre la pasta fresca arriva al 5% del volume e al 15% del valore. Nel 2022 la crescita del fatturato dei produttori di pasta secca (+33,3%) è stata superiore a quella della pasta fresca (+20%) che, per contro, vendono di più oltreconfine (61,1% del giro d’affari vs 48,4%).

Solo il 14% delle aziende redige un Report di sostenibilità, invece viene fatto ampio uso di certificazioni. Gli standard di qualità più diffusi tra i maggiori pastifici italiani sono quelli rilasciati dal Global Food safety initiative (Gfsi) a garanzia della sicurezza alimentare: la certificazione IFS è presente nel 98,4% degli operatori e quella BRC nel 93,4%, mentre quella che attesta la provenienza biologica dei prodotti arriva al 91,8%.

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