Erbe e spezie tra contaminazioni culinarie e salutismo

Erbe e spezie tra contaminazioni culinarie e salutismo
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La voglia di sperimentare nuovi abbinamenti e sapori etnici e l’attenzione verso i benefici per la salute spingono il mercato degli insaporitori. Erbe e spezie entrano nelle cucine degli italiani per regalare un tocco in più alle ricette.
Nell'anno terminante il 27 aprile 2025, il comparto degli insaporitori ha registrato una crescita sia a volume che a valore, evidenziando per entrambi gli indicatori un trend positivo pari a +2,8%, per un totale complessivo rispettivamente di oltre 303,3 milioni di chilogrammi venduti e di 497,9 milioni di euro (dati Circana, totale Italia, Iper+Super+Lsp+Discount).
Aree geografiche e canali distributivi
Il Nord Ovest guida le vendite a volume (28,5%) e a valore (34%), seguito dal Sud (25,3% a vol. e 19,6% a val.) e dal Centro+Sardegna (24,3% a vol. e 22,7% a val.). Il Nord Est chiude con il 21,8% dei volumi e il 23,8% del valore. Per quanto riguarda i canali distributivi, i supermercati guidano le vendite con il 51,6% dei volumi e il 60,3% del valore, distanziando i discount (30,8% a vol. e 18,4% a val.) e i liberi servizi (10% a vol. e 11,6% a val.). In ultima posizione gli ipermercati con il 7,5% dei volumi e il 9,7% del valore.
Andamento dei segmenti
Il mercato degli insaporitori registra andamenti diversi al suo interno: il segmento aromi e spezie evidenzia una crescita sia a volume (+6,6%) che a valore (+4,4%), così come soluzioni culinarie, che mostra un incremento pari a +3,6% a volume e +2,4% a valore. Due segni positivi anche per i preparati brodo e gelatina (+4,1% a vol. e +2,4 a val.). Il sale, invece, ha visto diminuire le vendite sia in volume (-1%) che in valore (-0,6%), registrando un calo sostenuto rispetto agli insaporitori alle erbe, l'unico segmento a segnare una flessione significativa sia in volume (-15,6%) che in valore (-13,4%). I primi tre brand (Star, Unilever Foods Italia e Montenegro Divisione Alimentare) coprono a valore il 37,5% del mercato, mentre la private label detiene il 29,6%.
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