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Villani, il "Gastronauta dei salumi"
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Villani, il "Gastronauta dei salumi"
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Villani Salumi fa il suo ingresso trionfale nella ristretta rosa delle aziende del mercato salumi che investono in comunicazione televisiva. E lo fa con uno spot curato da Ogilvy & Mater che, facendo totalmente leva sull’emotività, centra l’obiettivo del nuovo corso strategico e del nuovo posizionamento competitivo dell’azienda modenese, concentrato su un’immagine di “Gastronauta dei Salumi” e di offerta di alta qualità. Di queste novità Distribuzione Moderna ne ha parlato con il direttore esecutivo di Villani Salumi, Corradino Marconi.
La prima volta di Villani in tv. Dietro a questa decisione vi è i’esigenza di rimarcare il vostro posizionamento in un mercato di fascia alta? E cosa significa questo in termini di novità nella vostra offerta?
E’ sicuramente un percorso che stiamo facendo. Abbiamo ridotto la gamma di un 30% circa negli ultimi due anni e continueremo a ridurla in maniera evidente. Se Villani ha sempre fatto prodotti di qualità, oggi cercheremo di raggiungere l’eccellenza ovunque. Vogliamo rappresentare la fascia alta del salume, la Ferrari del comparto e vogliamo esserlo non affermando che i nostri prodotti sono i più buoni e i più belli del mondo, ma semplicemente che sono speciali. E lo sono perché hanno particolari caratteristiche di stagionatura e materia prima, soprattutto di gusto e di cura, di attenzione nella produzione, di artigianalità che rimane e che costa mantenere, che ci permetteranno di distinguerci.
Che cosa ha comportato da un punto di vista di scelta di canale distributivo questo processo di riposizionamento iniziato già da qualche anno?
Non ci sono state grosse variazioni, nel senso che tutti i canali possono essere garanti della qualità, nessuno possiede la dote di rappresentarla, si tratta soltanto di fare delle scelte.
Attualmente la vostra canalizzazione come si suddivide tra il normal trade e il mass market? E la vostra intenzione è di mantenere tali rapporti o di cambiare gli equilibri?
In percentuale siamo a un 65/35, ovvero 65 tradizionale e 35 gdo. Non ci siamo dati degli obiettivi di mix canali. Certo è che se il canale moderno scegliesse l’alta qualità e volesse fare insieme a noi un percorso di condivisione strategica, per mettere a disposizione dei consumatori un prodotto qualitativamente più costoso e con una marginalità più alta, noi saremmo disponibili a discuterne.
Per quanto riguarda gli assortimenti destinati al canale moderno sono previste delle novità rispetto all’attuale vostra offerta?
Sono presenti delle novità e riguardano il fatto che noi dobbiamo e faremo in modo che la grande distribuzione abbia la possibilità di presentare il nostro prodotto e possa raccontarlo in un certo modo. Infatti, insieme alla comunicazione televisiva e a quella sulla stampa, occorre continuare a raccontare il prodotto anche nel punto vendita. Si dovrà quindi condividere con la gdo un percorso formativo rivolto al consumatore che non si può ridurre alla sola etichetta.
Crede che l’utilizzo di una comunicazione ad ampia diffusione come quella televisiva possa rappresentare un ulteriore stimolo per farvi accettare meglio e ampliare la vostra presenza a scaffale o al banco?
Attualmente siamo presenti in quasi tutte le catene. Credo comunque che come noi anche la grande distribuzione abbia la voglia e la volontà di presentare un’offerta che sia la migliore e la più ampia possibile. Se questo rappresenta un obiettivo comune allora sicuramente ci impegneremo a raccontare e far raccontare meglio i nostri prodotti nei punti vendita. E’ questa la chiave di volta. Credo che quello che è successo con i vini deve verificarsi anche con i salumi e i formaggi, è necessario cioè avvicinare il prodotto al consumatore raccontandolo.
Quanto pesa attualmente l’estero sul vostro fatturato?
All’estero superiamo i 20 milioni di euro su 66, quindi rappresentiamo una fetta importante con un posizionamento di mercato che non è al top, ma è più alto ancora. Possiamo affermare di essere la gioielleria del salume e di essere riconosciuti come tali. Ora stiamo provando a far credere che anche in Italia è possibile offrire un alto livello di qualità e di immagine. Il trade sa che noi rappresentiamo una Ferrari, è invece al consumatore a cui dobbiamo rivolgerci con molta umiltà e senza essere boriosi.
Il fatturato 2007 è cresciuto fino a raggiungere i 66 milioni di euro, su quali prodotti avete puntato?
Il fatturato è cresciuto dell’1,5% proprio perché abbiamo ridotto la gamma, concentrato le produzioni solo sui prodotti che maggiormente caratterizzano l’immagine della Villani. Sicuramente la linea Cru, con tutti gli alti di stagionatura, il Cinquefiori Maxi, il Cotto Brace, il Salame felino, il 18 mesi di Parma, il 24 mesi di S. Daniele e poi le Pancette steccate, le uniche prodotte in questo modo ne sono un esempio.
La nuova strategia aziendale va in direzione opposta a quella di altre aziende del comparto che hanno seguito la strada della concentrazione con altre imprese: voi come la pensate a questo proposito?
Credo che nell’alimentare ci sia chi segue la quantità e chi la qualità. Sia nel settore del vino che in quello del salume o del formaggio, la qualità difficilmente si raggiunge coi grandi numeri. Questi infatti solitamente sono contrari alla qualità. A noi non interessa fare 300 milioni di euro per proporre un prodotto che deve avere caratteristiche superiori alle altre, ci concentriamo sulla qualità e non sulla quantità.
La prima volta di Villani in tv. Dietro a questa decisione vi è i’esigenza di rimarcare il vostro posizionamento in un mercato di fascia alta? E cosa significa questo in termini di novità nella vostra offerta?
E’ sicuramente un percorso che stiamo facendo. Abbiamo ridotto la gamma di un 30% circa negli ultimi due anni e continueremo a ridurla in maniera evidente. Se Villani ha sempre fatto prodotti di qualità, oggi cercheremo di raggiungere l’eccellenza ovunque. Vogliamo rappresentare la fascia alta del salume, la Ferrari del comparto e vogliamo esserlo non affermando che i nostri prodotti sono i più buoni e i più belli del mondo, ma semplicemente che sono speciali. E lo sono perché hanno particolari caratteristiche di stagionatura e materia prima, soprattutto di gusto e di cura, di attenzione nella produzione, di artigianalità che rimane e che costa mantenere, che ci permetteranno di distinguerci.
Che cosa ha comportato da un punto di vista di scelta di canale distributivo questo processo di riposizionamento iniziato già da qualche anno?
Non ci sono state grosse variazioni, nel senso che tutti i canali possono essere garanti della qualità, nessuno possiede la dote di rappresentarla, si tratta soltanto di fare delle scelte.
Attualmente la vostra canalizzazione come si suddivide tra il normal trade e il mass market? E la vostra intenzione è di mantenere tali rapporti o di cambiare gli equilibri?
In percentuale siamo a un 65/35, ovvero 65 tradizionale e 35 gdo. Non ci siamo dati degli obiettivi di mix canali. Certo è che se il canale moderno scegliesse l’alta qualità e volesse fare insieme a noi un percorso di condivisione strategica, per mettere a disposizione dei consumatori un prodotto qualitativamente più costoso e con una marginalità più alta, noi saremmo disponibili a discuterne.
Per quanto riguarda gli assortimenti destinati al canale moderno sono previste delle novità rispetto all’attuale vostra offerta?
Sono presenti delle novità e riguardano il fatto che noi dobbiamo e faremo in modo che la grande distribuzione abbia la possibilità di presentare il nostro prodotto e possa raccontarlo in un certo modo. Infatti, insieme alla comunicazione televisiva e a quella sulla stampa, occorre continuare a raccontare il prodotto anche nel punto vendita. Si dovrà quindi condividere con la gdo un percorso formativo rivolto al consumatore che non si può ridurre alla sola etichetta.
Crede che l’utilizzo di una comunicazione ad ampia diffusione come quella televisiva possa rappresentare un ulteriore stimolo per farvi accettare meglio e ampliare la vostra presenza a scaffale o al banco?
Attualmente siamo presenti in quasi tutte le catene. Credo comunque che come noi anche la grande distribuzione abbia la voglia e la volontà di presentare un’offerta che sia la migliore e la più ampia possibile. Se questo rappresenta un obiettivo comune allora sicuramente ci impegneremo a raccontare e far raccontare meglio i nostri prodotti nei punti vendita. E’ questa la chiave di volta. Credo che quello che è successo con i vini deve verificarsi anche con i salumi e i formaggi, è necessario cioè avvicinare il prodotto al consumatore raccontandolo.
Quanto pesa attualmente l’estero sul vostro fatturato?
All’estero superiamo i 20 milioni di euro su 66, quindi rappresentiamo una fetta importante con un posizionamento di mercato che non è al top, ma è più alto ancora. Possiamo affermare di essere la gioielleria del salume e di essere riconosciuti come tali. Ora stiamo provando a far credere che anche in Italia è possibile offrire un alto livello di qualità e di immagine. Il trade sa che noi rappresentiamo una Ferrari, è invece al consumatore a cui dobbiamo rivolgerci con molta umiltà e senza essere boriosi.
Il fatturato 2007 è cresciuto fino a raggiungere i 66 milioni di euro, su quali prodotti avete puntato?
Il fatturato è cresciuto dell’1,5% proprio perché abbiamo ridotto la gamma, concentrato le produzioni solo sui prodotti che maggiormente caratterizzano l’immagine della Villani. Sicuramente la linea Cru, con tutti gli alti di stagionatura, il Cinquefiori Maxi, il Cotto Brace, il Salame felino, il 18 mesi di Parma, il 24 mesi di S. Daniele e poi le Pancette steccate, le uniche prodotte in questo modo ne sono un esempio.
La nuova strategia aziendale va in direzione opposta a quella di altre aziende del comparto che hanno seguito la strada della concentrazione con altre imprese: voi come la pensate a questo proposito?
Credo che nell’alimentare ci sia chi segue la quantità e chi la qualità. Sia nel settore del vino che in quello del salume o del formaggio, la qualità difficilmente si raggiunge coi grandi numeri. Questi infatti solitamente sono contrari alla qualità. A noi non interessa fare 300 milioni di euro per proporre un prodotto che deve avere caratteristiche superiori alle altre, ci concentriamo sulla qualità e non sulla quantità.
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