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Sigma scommette sulla private label

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Vincenzo Lorusso

La marca commerciale ha confermato anche nel 2012 il proprio trend di crescita, arrivando a rappresentare una quota pari al 17,4% del totale food grocery, in aumento del 6,3% a valore rispetto all’anno precedente (dati Nielsen, iper+super+libero servizio).

Un successo dovuto da un lato alla crisi economica che spinge i consumatori a cercare una maggiore convenienza e dall’altro all’impegno delle catene distributive nell’offrire linee a marca privata sempre più ampie e di qualità. Stefano Trentini, responsabile marketing di Sigma, ci racconta quale importanza riveste la private label per l’insegna e quali progetti la coinvolgeranno durante l’anno.

Il 2012 si è ormai concluso: qual è stato l’andamento sul delle private label?

Le marche commerciali hanno registrato una crescita importante nell’ultimo anno, spinta in primis dal perdurare di questa congiuntura economica negativa che ha favorito l’avvicinamento dei consumatori ai prodotti a marchio privato, dei quali hanno poi scoperto – oltre alla convenienza – anche la qualità. Oggi le private label hanno una quota di mercato di circa il 18% a valore e rappresentano, quindi, un segmento decisamente significativo.

Quanto pesa la private label sul vostro fatturato?

Per noi la private label pesa circa l’11% sul fatturato (+0,8% sul 2011). Abbiamo quindi, rispetto alle potenzialità del mercato, ampio margine di miglioramento e per questo da tempo stiamo lavorando per offrire al nostro consumatore un’offerta completa e in linea con qualsiasi tipo di esigenza, dal salutistico al primo prezzo, dal top della gastronomia ai prodotti attenti all’ambiente.

Quanti prodotti a private label offrite ai consumatori e quali sono le principali linee del vostro assortimento a marchio d’insegna?

Le referenze attualmente in assortimento sono circa 1.500 e sono suddivise in 4 principali linee di prodotto:
Sigma, la linea “main stream” dell’insegna che annovera prodotti food, non food e personal care, tra cui una gamma Ecolabel con prodotti realizzati secondo rigidi criteri produttivi (packaging riciclabili e volumi ridotti, per esempio) e certificati: cellulosa, detergenza, monouso e sacchi per immondizia;
Scelto: linea premium che raccoglie i migliori prodotti gastronomici da tutto il mondo e conta anche una linea regionale che esprime al meglio il valore e la ricchezza della tradizione italiana. Una linea che quest’anno si è arricchita anche di una serie di referenze non food (attualmente detergenza, lampadine e pile);
Con & Senza, con referenze nate per garantire equilibrio e benessere, tra le quali una serie di prodotti certificati AIC per rispondere anche alle esigenze dei consumatori che soffrono di celiachia, in costante aumento;
Risparmio, la linea primo prezzo.

Quali sono state le categorie merceologiche maggiormente performanti nel 2012?

Sicuramente l’olio, la carta, i legumi e i succhi di frutta.

Secondo lei da cosa deriva il successo delle marche commerciali in Italia?

Le private label esistono da molti anni nel nostro Paese (per quanto ci riguarda dal lontano 1967, anno in cui abbiamo lanciato il latte a marchio Sigma in un futuristico packaging piramidale). Da allora sono cambiate molte cose e la marca privata è cresciuta sempre di più, fino ad arrivare al successo dei giorni nostri: nell’ultimo anno, il 63% dei consumatori che frequentano la distribuzione ha dichiarato di aver acquistato la marca privata e un altro 63% dichiara di preferirla alla marca commerciale. Questo è accaduto non solamente per il contesto macro-economico, che ha visto una forte crisi dei consumi e un ridotto potere d’acquisto, per cui la marca privata ha assunto maggiore appeal poiché costa mediamente tra il 18 e il 32% in meno, ma anche per la crescita di fiducia da parte del consumatore nei suoi confronti, passata dal 32% del 1992 al 56% di oggi. Un fenomeno in controtendenza con quello che ha coinvolto la marca industriale, verso la quale si è diffusa invece una certa diffidenza: il 38% dichiara di evitare i prodotti a marca del produttore mentre solo il 23% si dichiara “brand fan” e il 22% ne limita l’acquisto a poche categorie di prodotto. Vent’anni fa, nel 1992, questo indice di fiducia raccoglieva il 76% della popolazione over 15, per cui il 30% in più. (fonte: Enrico Finzi, Astraricerche)

Le catene della grande distribuzione puntano soprattutto sull’ampliamento e sulla diversificazione dell’offerta di prodotti a marchio: quali sono state le vostre ultime novità in questo senso?

Senza dubbio, fra le ultime novità, il restyling della linea Ecolabel e l’introduzione della linea Scelto non food.

Come vi muoverete nel 2013? Sono previsti lanci di nuovi prodotti, l’ingresso in nuovi comparti o il restyling di alcune linee a private label?

Il 2013 vedrà un ampliamento delle categorie accessori per la casa, cura della persona, tra cui anche make up, parafarmaceutico, oltre ad un ampliamento della linea Ecolabel per la categoria detersivi.

Perché è importante, per la catene distributive, puntare sulla private label?

Le private label contribuiscono a rafforzare la brand awareness di un’insegna e, nel nostro caso, vanno a sostegno del progetto network che stiamo implementando insieme alle diverse realtà che compongono la nostra compagine societaria. Inoltre, la marca privata è spesso protagonista nelle raccolte punti e presenta quindi vantaggi nelle politiche di fidelizzazione. Last but not least, garantiscono certamente una buona marginalità. Satisfaction, client retention, loyalty, fidelizzazione e aumento di intensificazione: questi gli obiettivi che bisogna porsi e continuare a perseguire per conquistare un mercato iperaffollato ma con grandi potenzialità di miglioramento.


Stefania Lorusso

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