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Sempre più estero nei piani di Rigoni di Asiago

Sempre più estero nei piani di Rigoni di Asiago
Sempre più estero nei piani di Rigoni di Asiago

Sempre più estero nei piani di Rigoni di Asiago

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Redazione
Non solo esportatori, ma anche produttori. Rigoni di Asiago guarda all’estero con crescente interesse, specie come mercati di sbocco, e anche per il 2008 prevede tassi di crescita a doppia cifra. La redazione di DM ha incontrato il direttore acquisti e vendite Andrea Rigoni per capire quali sono le strategie e le novità dell’azienda vicentina.

Oltre a esportare, producete all’estero. Dove esattamente e perché avete deciso di trasferire parte della produzione in un paese straniero?
Rigoni di Asiago, come è noto, produce prodotti da materie prime biologiche. Siamo presenti in Bulgaria da oltre 15 anni come produttori. Inizialmente occupandoci di produzione e trasformazione del miele. Attività che però abbiamo presto abbandonato per mancanza di interesse per il prodotto locale. Parallelamente, abbiamo cominciato un’attività di raccolta e di prima trasformazione di frutti selvatici che, secondo la normativa comunitaria, sono stati assimilati a quelli da agricoltura biologica. Sono perciò frutti da raccolta spontanea che vengono raccolti in aree pulite, non contaminate, trasformati - che significa puliti e surgelati - e poi trasportati in Italia e lavorati per la produzione delle nostre confetture “Fior di frutta”.

Vi limitate a questo?
No. Il secondo passo è stato quello di un allungamento della filiera produttiva e di prima trasformazione svolgendo una vera e propria attività dei produttori agricoli. La Bulgaria, infatti, è stato uno dei Paesi nel quale abbiamo trovato le condizioni ideali per la produzione di prodotti agricoli da agricoltura biologica. Grandi estensioni di terreni agricoli sono stati infatti abbandonati dai produttori locali con la caduta del Comunismo, sia per la frammentazione della proprietà agricola - restituita ai legittimi proprietari - che per la mancanza di risorse economiche da investire sul territorio. Abbiamo trovato, quindi, un territorio diventato, dopo più di 10 anni, di nuovo pulito, selvatico. Ci siamo dedicati così alla produzione di piccoli frutti - fragole, fragoline di bosco, lamponi, more di rovo, ribes - e abbiamo cominciato anche a piantare degli alberi da frutto: ciliegie, prugne, mele ecc., per creare dei frutteti che ci dessero la possibilità di avere la quantità di frutta biologica che ci interessa e che secondo noi è quello che dà il valore. Poter avere cioè un prodotto che è seguito ancora prima della piantagione.

Quando siete diventati produttori in Bulgaria?
Abbiamo cominciato nel 2000. Naturalmente ci vuole del tempo per crescere. In questo momento abbiamo terreni in coltivazione per 1.600 ettari, due aree di produzione agricola e due centri di prima trasformazione delle materie prime, con una produzione attesa di frutta coltivata nel 2008 di oltre 2.000 tonnellate di prodotto, fra tutte le varietà. Per quanto riguarda invece la frutta da raccolta spontanea, non dobbiamo far altro che aspettare le condizioni ideali per la raccolta.

Quanto si ritaglia la produzione in Bulgaria sul totale delle vostre lavorazioni?

Incide per il 50%.

La Bulgaria è un’eccezione o nei vostri piani vi sono anche altri Paesi dell’Est o altre zone geografiche?
Qui in Italia abbiamo seguito una filosofia diversa ma sempre coerente con la nostra missione, ovvero il prodotto biologico. In Italia ci sono dei bravi produttori con cui facciamo degli accordi di filiera a lungo termine. Li seguiamo, li controlliamo, collaboriamo con loro, per avere le stesse cose che vogliamo avere dalla produzione diretta che facciamo in Bulgaria, ovvero delle materie prime che siano buone, sane e trasformate rapidamente. Per noi è importantissimo seguire tutte le fasi della filiera. Quello che è raccolto la mattina deve essere trasformato entro poche ore, ovvero denocciolato e surgelato, in maniera tale che i principi nutritivi e il grado di freschezza vengano mantenuti al meglio, molto più della frutta fresca.

Sì, ma per quanto riguarda l’estero?
Per ora la nostra presenza oltreconfine si limita esclusivamente alla Bulgaria, perché abbiamo avuto la possibilità di abbinare la raccolta spontanea – 7-8 varietà di piccoli frutti che crescono numerosi proprio per la tipologia del terreno – alla produzione biologica, quella che interessa a noi, e che non è assimilabile con la produzione di altre varietà di frutti prodotti in Italia. Sicuramente non andremo a produrre in Bulgaria varietà tipiche italiane come gli agrumi, albicocche, fichi, ecc ma ci focalizzeremo sulle varietà che lì riescono meglio.

Novità di quest’anno? Prospettive di crescita? Vendite in Italia, all’estero, esportazioni?

Le nostre previsioni per quest’anno sono quelle di crescere del 20% di fatturato. Il 2007 si è chiuso con quasi 41 milioni di euro, e quindi per il 2008 ci aspettiamo di attestarci intorno ai 50 milioni di euro, con una crescita sia sul mercato interno che sul mercato estero. Su quest’ultimo stiamo approcciando nuovi paesi e consolidando quelli in cui già siamo presenti.

Vale a dire?

Attualmente i nostri prodotti vengono esportati in una ventina di Paesi esteri, soprattutto nell’Unione Europea, che è ormai il nostro mercato interno più che mercato estero. Come mercati nuovi quest’anno abbiamo Norvegia e Svezia, mercati del nord Europa. Abbiamo cominciato già da un paio d’anni la penetrazione commerciale in Danimarca - che è un po’ la testa di ponte per gli altri Paesi del nord Europa - con una crescita più importante in altri Paesi del centro Europa come Germania, Francia, Belgio e Olanda. L’anno scorso l’incidenza dell’estero sul fatturato è stato di circa il 6%. Quest’anno dovremmo raddoppiare.

Per quanto riguarda le novità di prodotto in Italia, c’è qualcosa in vista?
Pensiamo di uscire a settembre con dei prodotti nuovi in occasione del “Sana”, ma adesso non le posso anticipare nulla. La filosofia è sempre la stessa: biologico, area prima colazione. Sono prodotti con caratteristiche un po’ innovative.

Qual è il vostro prodotto di punta attualmente?
Sono sempre le confetture “Fior di frutta” che realizzano più del 70% del nostro fatturato.

C’è un prodotto, in particolare, che si può considerare il vostro fiore all’occhiello?
Mettiamo la stessa cura in tutti i nostri prodotti. Il prodotto più venduto in assoluto, comunque, è la confettura di mirtillo nero.

Secondo lei qual è il segreto di questo successo?

Credo dipenda dal fatto che curiamo attentamente tutta quanta la filiera, la materia prima e la trasformazione. Sulla materia prima, in particolare, abbiamo una selezione molto stretta sul prodotto che ci arriva e controlliamo con estremo rigore la freschezza e qualità. Abbiamo poi messo a punto - a livello di trasformazione - una tecnologia innovativa, rispetto alla concorrenza, di produzione a bassa temperatura: il prodotto viene trasformato a bassa temperatura fino all’ultima fase del processo. In questo modo le caratteristiche organolettiche rimangono il più possibile invariate. Il prodotto che esce ha veramente il sapore della frutta fresca. La confettura è un prodotto considerato “frutta cotta”. Noi abbiamo cercato di farlo diventare della frutta fresca conservata.

Si può considerare questa la vostra caratteristica distintiva?
Sì, esatto, questa filosofia ci è sempre appartenuta. L’abbiamo trasferita anche nel miele, un prodotto nel quale si nota di meno la differenza. Anche col miele, italiano e biologico, facciamo una raccolta, trasformazione e confezionamento tutto a temperatura ambiente.

Quindi un prodotto più apprezzabile sul piano del gusto...
Magari quello non è cosi percepibile come nelle confetture, ma dal punto di vista nutritivo è migliore.
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