Intervista a Stefano Montanari, nuovo direttore generale del gruppo agroindustriale del settore saccarifero. Le strategie di sviluppo e il rapporto con le catene italiane.

Che ruolo svolge, attualmente, il Gruppo Co.Pro.B. nel panorama produttivo italiano?
Sul mercato nazionale, rappresentiamo ormai il gruppo più forte in assoluto. Naturalmente questa dimensione di maggior presenza e maggior forza va considerata in termini comparativi, nel senso che pochi anni fa il milione e 700.000 tonnellate di zucchero che costituisce il fabbisogno annuo italiano era sostanzialmente fatto da produttori italiani. Ma oggi, per effetto della riforma OCM europea, ne fanno solo 500.000 tonnellate. Va quindi contestualizzato che il gruppo Co.Pro.B.-Italia Zuccheri ha la maggioranza di questa produzione nazionale, notevolmente diminuita per effetto della riforma. Dei circa 20 zuccherifici esistenti ne sono rimasti solo 4. Noi, con i nostri 2 stabilimenti di Minerbio e Pontelongo ci collochiamo come maggiori produttori di zucchero italiano.

Ci dica qualcosa di più sul Gruppo: come siete strutturati?
Il gruppo è articolato, ma abbastanza semplice nella sua architettura societaria. Vi agiscono vari soggetti. Il primo è la cooperativa Co.Pro.B. – Cooperativa Produttori Bieticoltori - con una forte base sociale, con circa 3.000 soci che producono barbabietola. Co.Pro.B ha, al momento, la proprietà al 50% di Italia Zuccheri. Il restante 50% è di proprietà di Fin Bieticola, una società finanziaria costituita da associazioni agricole che operano nel campo della bieticoltura. Italia zuccheri e Co.Pro.B hanno dato vita ad una società commerciale che si chiama Italia Zuccheri Commerciale per vendere lo zucchero italiano sul mercato italiano, e questo sviluppo ha consentito a Co.Pro.B.- Italia Zuccheri di tracciare il primo ponte verso il futuro, che è il ponte che ci consente di passare da una dimensione nazionale a una europea. Il 49,9% della proprietà di Italia Zuccheri Commerciale è infatti di PFeifer&Langen, terzo produttore saccarifero tedesco, caratterizzata da dimensione produttiva più elevata e da tempo di respiro sovranazionale: oltre alla Germania, è presente anche nei Paesi dell’est, Polonia, Romania, ecc.

Lei ha parlato di un «primo ponte» verso il futuro. Ce ne sono altri?
Il secondo ponte che vogliamo costruire ha a che fare con la motivazione. Siamo fortemente determinati ad affrontare quello che è l’ulteriore passaggio di sfida che la riforma dello zucchero ha lanciato, ovvero che dal 2011, venendo meno tutti i dazi di protezione del mercato europeo, dovremo affrontare la competizione con un prodotto che non è più europeo ma mondiale. E questo è il secondo passaggio, per poter vincere una sfida che è competitiva e di qualità di produzione, di ottimizzazione dei costi, di capacità di poter mantenere una filiera produttiva che va dal campo fino al cliente italiano.

A parte l’alleanza con il terzo produttore tedesco e il lancio della nuova linea Diamant quali sono le leve su cui agite per affrontare nel migliore dei modi questa sfida?
Abbiamo l’obiettivo di essere il primo produttore italiano che, insieme al terzo produttore tedesco, detiene la principale quota di mercato italiano. Il fatto è che il mercato dello zucchero è un po’ noioso, nel senso che se voi andate nei supermercati il consumatore, quando si rivolge alla categoria zuccheri, non ha qualcosa di particolarmente interessante da vedere. Bisogna che vada agli scaffali successivi perché è interessante tutto ciò che viene fatto con lo zucchero. Quindi, da un lato stiamo facendo un po’ un’innovazione di prodotto che ci porti in mercati nuovi, di nicchia, dall’altra andiamo sui fondamentali, che per noi sono presidiare il mercato dell’industria strategica e della media industria. Continuiamo dunque a gestire il mercato con il prodotto più tradizionale che c’è, lo zucchero sfuso, che si vende in cisterna e che basa il suoi appeal sulla qualità e sul prezzo. L’alleanza con i tedeschi ci permette di poter disporre di una dimensione di zucchero logisticamente gestibile verso la grande industria italiana per poter accrescere le nostre quote.

Mi sembra di capire che per voi la logistica rappresenta il fattore chiave...
Per noi è la logistica è il fattore fondamentale del presidio che facciamo nei confronti dei principali clienti. Oggi stiamo cominciando a vedere che i compratori dei principali gruppi – dopo un andamento abbastanza felice per loro di 24 mesi - cominciano a fare riflessioni preoccupate su questa riforma dello zucchero che ha sì portato benefici economici, però sta ritirando e accentrando le produzioni, mettendo in difficoltà l’industria. Nei cicli di gestione economica dei processi di produzione molto spinti al contenimento dei costi, lo stoccaggio è uno dei costi maggiori che un’azienda subisce. Tendenzialmente si esternalizza il magazzino. Oggi questa situazione sta cominciando a far riflettere i compratori sul rischio che correrebbero nel caso in cui lo zucchero francese e tedesco che è stato garantito con contratto non fosse più disponibile.

E per quanto riguarda la diversificazione produttiva?
I mercati di nicchia o i mercati diversificati sono l’altra porta che vogliamo frequentare per vedere di accrescere i margini e per sfruttare una cultura dello zucchero affermata a livello europeo. Lo zucchero diventa quindi il centro dell’attenzione della grande distribuzione e ci si diverte a scegliere che tipo di zucchero acquistare. Intendiamo sfruttare questa creatività europea che in Italia non c’è - perché c’è solo la bustina di zucchero - per vedere se anche gli italiani sono in grado di rispondere ai mercati di nicchia.

Attualmente come si suddivide il business di Italia Zuccheri? Italia Zuccheri Commerciale vende lo zucchero per Co.Pro.B.\Italia Zuccheri e quindi il fatturato espresso da Italia Zuccheri Commerciale è quello del Gruppo?
Sì. Aggiungiamo che, quando lei interpreta il fatturato di Italia Zuccheri Commerciale, deve tener conto che vende anche lo zucchero del produttore tedesco. Quindi Italia Zuccheri Commerciale ha l’esclusiva per lo zucchero italiano prodotto dal gruppo Co.Pro.B. E rispetto alle previsioni di mercato, il gruppo Pfeifer&Langen integra lo zucchero che viene prodotto in Italia. Perciò delle circa 400.000 tonnellate di zucchero che Italia Zuccheri Commerciale ha venduto, il 75% è zucchero prodotto in Italia, il 25% proviene dagli stabilimenti di Pfeifer&Langen.

La gdo potrà assumere un peso maggiore rispetto all’attuale equilibrio?
Italia Zuccheri è il brand storicamente presente sugli scaffali, anche se ha poco più di 3 anni di vita. Ha raggiunto in un triennio 40 punti di ponderata. Ha una crescita costante ma un andamento sinusoidale, perché purtroppo l’80% dei consumi fatti nella gdo è costituita dal pacco da 1 kg, che è un prodotto scomodo, sfruttato nel peggiore dei modi dai buyer e subisce quindi un in e out costante.

Sta dicendo che c’è scarsa valorizzazione del prodotto da parte dei buyer delle catene distributive?
Sono molto rispettoso e cosciente della fatica e dell’impegno che ci vuole nel produrre e promuovere lo zucchero da parte dei coltivatori italiani, nel pieno rispetto delle norme. Come gruppo stiamo impegnando 60 milioni di euro di investimento sui nostri due stabilimenti. Non ho nessuna intenzione di vendere lo zucchero italiano a certa distribuzione moderna se non è in grado di apprezzare minimamente il lavoro della catena di produzione che c’è dietro. Preferisco venderlo alle grandi industrie che lo usano come un vero e necessario prodotto che devono acquistare per portare al mercato i loro prodotti. Se devo ridurre il mio prezzo, preferisco farlo nei confronti delle grandi industrie italiane perché per loro è un prodotto strettamente necessario. Ferrero, Coca Cola, Campari, Pepsi Cola, ecc. perché entro in un ciclo virtuoso di lavoro e produzione di prodotti italiani. Se devo invece favorire una gdo che sta comprimendo volutamente e sfruttando al massimo i prodotti stranieri o italiani, allora vado nei discount a dare il mio zucchero oppure faccio promozione a livello sociale distribuendo il ricavato a chi ne ha bisogno, piuttosto che lasciarlo in mano ai grandi distributori.