L’azienda conserviera piemontese, attiva in oltre 50 Paesi, ha rivolto la propria attenzione soprattutto verso il mercato estero, facendo dell’export la principale attività di business. Per il prossimo futuro, Saclà punta a rafforzare la propria posizione anche sul fronte interno, attraverso l’entrata in nuovi segmenti e la diversificazione dell’offerta. Sante Vassura, Direttore Generale Saclà, ci parla degli obiettivi e delle strategie del gruppo, nonché delle difficoltà incontrate con i player della grande distribuzione italiana.

Saclà, soprattutto negli ultimi due anni, si è impegnata principalmente in un’attività di rilancio dei propri prodotti. Da dove nasce questa strategia e con quali obiettivi?

Il discorso del rilancio è parzialmente vero, in quanto abbiamo ripetuto in Italia quello che era già stato fatto per l’estero: negli ultimi anni, infatti, abbiamo realizzato prodotti soprattutto per il mercato internazionale, mentre abbiamo abbandonato un attimo quello italiano per concentrare i nuovi sforzi sull’export. In realtà, quindi, è stato piuttosto uno spostare questa attività anche sul mercato nazionale, e questo ci ha consentito di portare in Italia velocità e prodotti nuovi, nonché nuovi canali.

Attualmente quanto del vostro fatturato, che si attesta intorno ai 120 milioni di euro, viene sviluppato nel mercato italiano e quanto invece prende la via dell’export?

Posso affermare che, in questo momento, siamo a un 50 e 50.

Visto che la situazione del mercato interno continua a essere piuttosto difficile, preferite rimanere così equilibrati o prevedete di sbilanciarvi e spostarvi più sull’estero?

Diciamo che vorremmo mantenere un bilanciamento e questo vorrebbe dire alzare il mercato nazionale, dal momento che quello estero continua ad aumentare: stiamo aprendo, infatti, nuove filiali o distributori in Brasile e in Africa, con i quali contiamo di sviluppare importanti rapporti. Parallelamente in Italia abbiamo diversificato l’offerta, muovendoci non solo nel food service ma nella collettività. Oggi arriviamo, infatti, a servire le scuole elementari e gli ospedali, particolari ricettori di prodotti speciali. Abbiamo, dunque, evoluto la specializzazione, in modo tale da riuscire a raggiungere punti dove normalmente non ci si arriva.

Ci parli anche della grande distribuzione che, per certi aspetti, può essere considerata una nota dolente. Cosa state facendo e cosa vi aspettate da questo canale? Quali sono le difficoltà incontrate?

Credo che la grande distribuzione italiana soffra di vecchi mali e che sia difficile, per un competitore piccolo come Saclà, riuscire a cambiarli. Sicuramente la Gdo sarà un canale che ci penalizzerà nel tempo se continueremo a produrre sempre le stesse cose: anche per questo, infatti, abbiamo diversificato l’offerta, lanciando in continuazione referenze nuove e salutistiche.

Tra i principali problemi della Gdo, fa riferimento anche alla spasmodica ricerca del prezzo più basso a tutti i costi?
Sì, certamente è  uno  dei  problemi.  La  ricerca  di  un  prezzo  più  basso  penalizza  le  società  con  strutture  importanti nei  settori  di Ricerca  e Sviluppo  e  di Assicurazione  Qualità.  Inoltre  un altro  problema  è  dato  dalle  insufficienti  energie  messe  a  disposizione  dalle  autorità  competenti  per la  ricerca  a  360 ° dei  prodotti  innovativi  che  abbiano  qualità  idonee  a  soddisfare  le  richieste  salutistiche  provenienti  dai  consumatori.