Nel giro di 3 mesi, ossia dal 2 luglio, data dell’annuncio, al primo di ottobre è passata di mano Number 1, la società di logistica di gruppo Barilla. Le motivazioni della cessione al gruppo Fisi, sono altrettanto ben conosciute e rientrano nelle logiche strategiche del colosso di Parma, incentrate sulla dismissione di partecipazioni e aziende non strategiche, a cominciare dalla tedesca Lieken, ex Kamps, per concentrarsi invece sul core business della pasta ma, soprattutto, del pasto, un giochino di parole che ha in realtà un significato profondo. Oltre a spaghetti e maccheroni, la più nota multinazionale italiana del food insieme a Ferrero, desidera imbandire agli italiani e agli stranieri un piatto gustoso e completo: dunque largo ai sughi – il cui business cresce con l’apertura in questi giorni (8 ottobre) del maxi stabilimento di Rubiano (40 milioni di investimenti), ma largo anche ai piatti pronti, per finire con la ristorazione. Guido Barilla ha dichiarato al Wall Street Journal che il gruppo inaugurerà una catena di ristoranti a marchio proprio negli Stati Uniti.

Ma questa è storia. La cosa davvero interessante è capire quale sarà il futuro della nuova Number 1, dei suoi 6 hub, delle sue 19 piattaforme, degli oltre 100.000 punti di consegna presso la gdo. Fin dall’annuncio l’acquirente, che ha creato in questo modo il più grande polo logistico del largo consumo, con 400 milioni di fatturato e un portafoglio di oltre 100 aziende clienti, ha parlato di integrazione, un’integrazione che ha portato in dote, dal lato Fisi, nomi del calibro di Despar, Conad,  Gam, Coop, Eurospin, La Linea Verde, Sisma, Pastificio Garofalo, AR Industrie Alimentari… Fisi offre un servizio integrato che va dal trasporto, al magazzinaggio, alla distribuzione di ultimo miglio, vero elemento differenziante.
L’uomo che siede al posto di regia di tutta l’operazione – un’operazione win-win, visto che Barilla, snellita e soddisfatta, rimane uno dei maggiori clienti – è Gianpaolo Calanchi, classe 1964, milanese di origini bolognesi, penultimo di 5 figli, nati da un padre manager, che ha coronato una vita di lavoro con la nomina a presidente di una collegata Montedison. Calanchi si racconta sul proprio blog, www.gianpaolocalanchi.it , al quale rimandiamo per maggiori notizie. Qui basta dire che non molti anni fa Calanchi si è avvicinato a Number 1, dove nel 2008 ha assunto l’incarico di occuparsi del mondo degli “indiretti”, vale a dire delle cooperative e dei padroncini a cui Number 1 appaltava il lavoro. Da qui l’idea, insieme, con l’amico Renzo Sartori (www.renzosartori.it ), di un’alleanza per colmare il vuoto che, dai grandi operatori internazionali, porta alle ultime fasi di trasporto e facchinaggio. Così è nata Fisi.

Ma finiamo questa lunga divagazione, per dare la parola allo stesso Calanchi, oggi, fra le altre cose, amministratore delegato di Number 1.

Partiamo da un ritratto di Fisi…

Fisi è una holding operativa il cui primo scopo è di controllare le partecipazioni delle nostre società e di assicurare la governance del gruppo, composto da aziende specializzate rispettivamente nella distribuzione da ultimo miglio, nel trasporto, e in tutte le leve necessarie per sviluppare una logistica integrata, dunque con la capacità di gestire il ciclo delle merci in modo completo. La costellazione che ruota nel mondo Fisi non cambierà la propria identità e neppure il tipo di attività. Tuttavia un brand molto importante come Number 1, balzerà al primo posto anche in tutte le attività di comunicazione.

Cosa cambierà più in dettaglio in Number 1?

Dal punto di vista della strategia da una parte confermiamo il posizionamento dell’acquisita, come operatore specializzato nella filiera del largo consumo. Oggi Number 1 è presente nella “temperatura ambiente”, il cosiddetto grocery. Però vogliamo allargare il suo raggio di azione entrando nel fresco, dove peraltro noi siamo attivi da parecchi anni gestendo diversi cedi. Su questo progetto di diversificazione investiremo con decisione, anche per quanto riguarda le fasi di trasporto e distribuzione finale. Però intendiamo conservare la capacità di governare una logistica di ultimo miglio attraverso l’attuale formula di rete di imprese. L’ultimo miglio è secondo noi un elemento qualificante, che permette di assicurare il servizio ovunque, nei piccoli come nei grandi centri urbani. Nel futuro ci sono anche piani di internazionalizzazione, per competere su “tender” che sono sempre più globali.

Quali saranno le conseguenze pratiche per i vostri clienti?

Sicuramente ne avranno un vantaggio. Insegne come Despar, Coop, Conad, per le quali oggi gestiamo i cedi, si vedranno offrire due ampliamenti della capacità operativa. In primo luogo nei trasporti, che verranno razionalizzati specialmente per quanto riguarda l’”inbound”. In secondo luogo potremo ragionare con il clienti sulle diverse possibilità di automazione delle attività di magazzino, questo per poter offrire, nei cedi stessi, processi ancora più efficienti. Questo è un modo nuovo di ragionare, che in parte manda in soffitta le solite variabili che sono al centro del dibattito: ossia il costo del lavoro e la produttività.

La crisi ha fatto sì che la gdo aumentasse la richiesta di efficienza e di abbattimento dei costi, in presenza di una bolletta energetica che diventa sempre più allarmante. Come si conciliano gli opposti?

Penso che alcuni fattori di costo in una logica di ottimizzazione continua possono davvero essere limati. Ma penso anche che oggi la vera forza di un operatore logistico risieda nella capacità di offrire progetti completi e mirati, che tuttavia siano in grado di abbracciare una pluralità di committenti. Credo che questo momento sia in realtà una grossa opportunità, almeno per quelle aziende logistiche in grado di offrire una reale partnership, uscendo da una continua logica di prezzi al ribasso, per entrare in un’ottica di investimento.