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Consorzio Conad: bilanci in salute, ora guardiamo a sostenibilità e a.i.

Mauro Lusetti, presidente del Consorzio nazionale Conad

Consorzio Conad: bilanci in salute, ora guardiamo a sostenibilità e a.i.

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Maria Teresa Giannini e Armando Brescia

Con un fatturato di circa 20 miliardi di euro (+8,1% sul 2022) e una quota totale di mercato di poco superiore al 15% (il 23,5% se si considera il solo canale supermercati), Conad si conferma leader nella Gdo. Con i suoi 3.331 punti vendita di varie dimensioni, la catena è stata per tutto il 2023 il punto di riferimento di quasi 12 milioni di famiglie.

Dopo le assemblee delle 5 cooperative socie che hanno convalidato i propri risultati, anch’essi soddisfacenti (ossia Cia, Pac 2000 A, Conad Adriatico, Conad Centro-Nord e Conad Nord-Ovest), anche la governance generale fa il punto sul 2023 e sulle prospettive future. L’internalizzazione di servizi sempre nuovi, il cambio di mentalità dato dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale a lavoro, il rapporto stretto con i produttori delle private label e il ruolo dell’insegna in un paese socialmente ed economicamente spaccato, che rischia di vedere compromesso il “peso” dei consumi: tutto questo si ritrova nelle parole di Mauro Lusetti, presidente del Consorzio nazionale Conad.

L’inflazione ha gonfiato le vendite a valore di molti distributori in Italia, miglioria che si è riverberata sui bilanci. Su Conad, cosa si può dire?
Per quanto riguarda la qualità dei bilanci, il risultato positivo è una sorta di “combinato disposto” tra il consistente tasso di crescita delle vendite e il recupero di efficienza, un elemento su cui le nostre cooperative hanno lavorato tantissimo. Inoltre, durante l’ultima assemblea, il bilancio nazionale di Conad è stato approvato all’unanimità, dimostrando che siamo in grado di reagire in maniera compatta a momenti difficili e alle sfide che abbiamo davanti. A proposito di queste ultime, stiamo lavorando su più fronti ma non amiamo fare annunci che portino il nostro nome sui giornali ma non producano un vantaggio competitivo. Per esempio, abbiamo impostato politiche di utilizzo e gestione dell’intelligenza artificiale, abbiamo affrontato il tema della sostenibilità, tutti aspetti che porteranno a un profondo cambiamento del modo di lavorare e della nostra mentalità. Del resto, bisogna farlo se vogliamo essere lungimiranti: quest’organizzazione ha compiuto 60 anni nel 2022 e ha tutte le intenzioni di arrivare quantomeno a 120. Ci aspetta un periodo in cui il livello di competizione generale nel mercato si alzerà, in cui alcune aziende chiuderanno, altre acquisiranno e altre verranno acquisite. 

Aziende che aprono e chiudono, però, ci sono sempre state. Che cosa è cambiato e come si ripercuote sul vostro business?

È vero. Aziende che aprono e che chiudono ci sono sempre state ma in un contesto storico e di concorrenza in cui il leader di mercato contava al massimo per il 10%, Oggi si assiste a un crescente processo di concentrazione, con la prima azienda del retail che si ritaglia una quota del 15%. Quello che immaginiamo noi è che sostenibilità, intelligenza artificiale, innovazione tecnologica, siano gli elementi su cui costruire il vantaggio competitivo del futuro. Pensiamo alla questione della sostenibilità. Oggi il consumatore pretende prodotti sostenibili, o comunque un posizionamento di produttore e retailer che sia attento alla sostenibilità, ma poi non è disposto a pagare per questo: allora, se il retailer non vuole essere escluso dal suo consumatore, deve investire su quel versante e chi ha una dimensione nazionale come presenza, marchio, visibilità è più forte rispetto agli altri.

La strada della crescita potrebbe passare anche attraverso delle acquisizioni. C’è qualcosa che bolle in pentola in casa Conad?
Al momento non abbiamo un nome e un cognome da indicare, ma siamo nelle condizioni di farlo. Valuteremo tutto ciò che porti sviluppo alle nostre cooperative. Diciamo solo che oggi saremmo pronti a un’altra “Operazione Auchan” se si presentasse l’occasione.

Invece acquisizioni di società di servizi? Le valutate?
Credo che ogni distributore debba avere grande capacità di attrazione dei propri partner, controllo e capacità di impostare relazioni che durano nel tempo, non quella di comprare un’azienda e basta. Può esserci un momento iniziale in cui instauriamo collaborazioni, finanziamo una startup, ma tutto ciò che riguarda logistica, sistemi informativi e altre aree chiave vorremmo che restassero in-house. Abbiamo cominciato ad affrontare tutto il mondo dei servizi da ormai 3 anni. Oggi contiamo 11 milioni di consumatori di cui conosciamo le profilazioni e le abitudini di consumo, cosa che ci permette di essere distintivi nell’offerta. L’obiettivo è di fortificarci nel settore salute, nel pet e di entrare entro la fine dell’anno 2024 anche nelle assicurazioni con una logica, sui territori, molto distintiva e fidelizzante. In questo, il digitale ci sta offrendo opportunità di scalabilità che anni fa non avremmo mai avuto.

Lo stesso ragionamento può essere fatto sulla produzione, per quanto riguarda le private label?
Cerchiamo di non fare accordi predatori ma mutuamente vantaggiosi. Non è un caso che dai resoconti che inviamo a Fiera Marca emerge che le imprese nostre partner siano imprese che investono, che sono cresciute e molte di queste hanno affrontato i mercati esteri. È anche grazie a questo stretto rapporto che possiamo agire sulla sostenibilità, perché più di 3,5 prodotti su 10 venduti nei nostri negozi sono mdd e abbiamo un rapporto diretto con i nostri produttori.

In che misura l’A.I., generativa o no, sta dando un contributo allo sviluppo del vostro business e quanto si immagina che lo dia in futuro?
Per quanto riguarda il tema dell’intelligenza artificiale generativa, siamo partiti quasi un anno fa con un lavoro più che altro di tipo culturale, anche su noi stessi. Il rischio, diversamente, è che si generi sulle persone solo paura. L’applicazione l’uso dell’A.I., infatti, non si può ridurre all’introduzione di una macchina nei processi di lavoro, si porta appresso un cambio di mentalità e di cultura nelle attività che vengono svolte, per esempio attraverso l’utilizzo di un nuovo sistema che prepari e gestisca le riunioni interne, o nell’ambito legale, grazie a una serie di ricerche propedeutiche alla produzione di un contratto che prima richiedevano giorni e giorni e che ora possono essere realizzate in poche ore. Il discorso non è sostituire chi fa un lavoro concettuale di un certo tipo e pensare così di ridurre i costi: abbiamo bisogno di uno strumento che migliori la qualità del lavoro di ciascuno e che liberi l’individuo da attività di ricerche lunghe e noiose, operazioni manuali ripetitive, consentendo di sviluppare competenza che diversamente non avrebbe.

Conad è molto forte al Centro-Sud e si sta rinforzando al Nord. Nel frattempo, però, il sistema paese sta soffrendo, si pensi all’autonomia differenziata e a un indice Gini (cioè la diseguaglianza nella distribuzione del reddito) del 14%. fra Nord e Sud. Tutto ciò rischia di ripercuotersi ulteriormente sugli assetti di consumo. Conad come sta reagendo a tutto questo?
Non è facile. Attraverso i nostri negozi registriamo una situazione di complessiva difficoltà. Non assistiamo solo a un cambiamento delle abitudini, ma per gran parte vera e propria fatica economica. Continuiamo ad avere un tasso inflattivo del 2,5%, che è rallentato sì rispetto all’anno scorso, ma il recupero vero dei consumi non è ancora cominciato. In Italia, inoltre, c’è un problema di costo della vita che è completamente diverso da Nord a Sud, a parità di stipendi. Un caffè che a Milano costa 1,5 euro a Napoli ne costa 0,90. Un altro problema grave è la perdita delle persone più preparate, particolarmente i giovani, che lasciano l’Italia per trovare fortuna all’estero, perché meglio pagate. Il paradosso è che questa mancanza di lavoratori si verifica proprio in un momento in cui tutti, anche noi distributori, incontriamo seri problemi nella ricerca di personale qualificato, soprattutto al Sud.

 

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