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Apofruit: l'unione fa la forza

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Apofruit: l'unione fa la forza

Apofruit: l'unione fa la forza

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Maria Teresa Giannini

di Maria Teresa Giannini

Alle prese ormai da anni con la tropicalizzazione e con i cicli della frutta e verdura mediterranee apparentemente stravolti, Apofruit mantiene comunque stabili nel 2022 i dati di volume e fatturato: una produzione di 143mila tonnellate per 240milioni di euro di fatturato.

A dispetto dei macro dati, però, molto è cambiato anche solo dal 2022: lo si vede dalla redditività delle singole colture, dalle tendenze di mercato e dalle dimensioni delle aziende socie, figlie di un fattore, non secondario, come gli eventi estremi causati dal cambiamento climatico. Ne parla Mirco Zanelli, direttore commerciale di Apofruit Italia.

Nel primo trimestre 2023 come sono andati i consumi per le vostre categorie trattate?

In generale si conferma sul fine del 2022 e nella prima fase del 2023 il calo dei consumi già evidenziato nel periodo precedente. Contemporaneamente abbiamo registrato anche un calo della produzione, dovuta alle condizioni meteo avverse. Tale situazione ha creato un sostanziale equilibrio tra domanda e offerta, mantenendo i prezzi su discreti livelli. Ciò ha permesso, soprattutto per alcuni prodotti, di recuperare sulle performance, non positive, dello scorso anno.

Questo vuol dire che le liquidazioni agli agricoltori sono state all’altezza del 2021?

Non sempre. Il buon andamento dell’azienda e del gruppo è una cosa positiva, denota la sua solidità, ma le singole aziende socie dipendono da come le singole colture hanno performato, da com’è andato il raccolto e da come sono state le vendite.

Nel corso del 2022, preso da gennaio a dicembre, quali produzioni hanno performato meglio?

Fragole e frutti di bosco, a seguire pesche e albicocche, e kiwi che, nonostante un avvio di campagna non brillante, si è ripreso negli ultimi mesi. Parliamo di un frutto che viene in particolare da tre aree del Paese: Emilia-Romagna, Veneto, Lazio e Calabria (dalla piana di Gioia Tauro).

Qual è attualmente e qual è stata, a fine 2022, la situazione della produzione e dei listini?

Quella dell’ortofrutta è una situazione un po’particolare perché i listini con i clienti vengono stilati settimanalmente, a differenza di quelli dell’industria, che invece si fanno una volta o due all’anno. Per ora possiamo solo dire che si sta concludendo la campagna delle fragole, che dura da gennaio a giugno, e che è positiva sia per le quotazioni, sia per i consumi, e prevediamo un miglioramento del risultato per i produttori rispetto al 2022. Anche per quanto riguarda l’asparago, dopo un avvio di stagione tardivo, in conclusione abbiamo recuperato qualche settimana in marzo-aprile, ottenendo risultati tutto sommato discreti.

Qual è la vostra quota di export e dove sono diretti maggiormente i vostri prodotti?

Esportiamo per circa il 45% del nostro fatturato, per la maggior parte verso l’Europa, soprattutto Germania, Gran Bretagna e Paesi Scandinavi e per un 10% oltreoceano. La Spagna è sicuramente il nostro maggior competitor all’interno dell’Unione Europea su molte colture.

Quanto è capillare la vostra presenza nella Gdo?

La quota di Gdo supera il 60 %, come lo scorso anno e siamo presenti in numerose insegne tanto nei supermercati, quanto nei discount.

Abbiamo tutti visto le immagini dell’alluvione di maggio in Emilia-Romagna: quanto sono gravi i danni che ha apportato alle vostre colture?

Sono molte le criticità dei territori “sorpresi” dall’alluvione, soprattutto l’areale romagnolo. Tuttavia, a esclusione degli impianti completamente devastati, che non sono di grosse dimensioni, dobbiamo ancora capire in modo preciso quanto gravi e per quanto tempo resteranno i danni, per esempio per quei terreni che sono stati sott’acqua diversi giorni e che devono ancora andare in produzione, o – come nel caso di piante da frutto – vedremo se sarà possibile salvare almeno la pianta. Sicuramente non si salveranno colture come patate e cipolle, che possiamo dare per perse. Il vero problema per noi, invece, sussisteva già prima dell’alluvione ed è rappresentato dal clima impazzito, dalle grandinate, gelate tardive e dalle piogge, che hanno portato ad una previsione di riduzione dei volumi per il 2023 molto preoccupante. Per le produzioni estive come pesche nettarine e albicocche, la cui campagna si apriva a inizi aprile, stimiamo una riduzione di volumi del 15-20%, a cui va sommata una previsione del 10% di danni da alluvione. Vanno sommati, inoltre, per le aziende agricole, costi che sono aumentati in maniera incontrollata.

In questo periodo sono al centro della scena le ciliegie. Che notizie su quel fronte?

Ci troviamo a campagna avviata ma i numeri della produzione non sono buoni, purtroppo. A causa delle piogge continue. che si sono avute tanto sulla Puglia quanto sull’Emilia-Romagna, dove si produce a Vignola e in tutto il modenese (terra di Igp), si stima una riduzione del 60%.

Abbiamo parlato di ciò che la tropicalizzazione del clima sta producendo e del caso emilano-romagnolo ma ci sono anche territori da cui arrivano buone notizie?

Si, dalla Puglia e dalla Basilicata, per esempio, che ci permettono di recuperare volumi da aree che non hanno subito le condizioni avverse registrate in altre aree, come lq Romagna. In termini assoluti, avremo volumi minori, ma grazie alla presenza di nostri soci produttori su tutto il territorio nazionale, faremo tutto il possibile per garantire le forniture ai nostri clienti. Da alcune aree del Paese sono arrivate, soprattutto in queste annate così difficili, richieste da parte di produttori di associarsi alla nostra cooperativa, non solo per un motivo economico, legato alle liquidazioni dei prodotti, ma anche per poter beneficiare di importanti servizi che la nostra cooperativa mette a disposizione dei propri soci produttori, come l’accesso alle innovazioni varietali, alle varietà in esclusiva e quelle a Club, nonché agli investimenti finalizzati, all’efficienza aziendale, alla valorizzazione delle produzioni e a uno staff di tecnici specializzati per l’assistenza.

Può dirci di più sui territori ‘in salvo’?

Abbiamo ricevuto dalla Puglia le nuove varietà di uve senza semi, mentre per i kiwi hanno dato soddisfazioni Calabria, Basilicata e lo stesso Veneto, regione italiana già molto sono specializzata in questa coltura. In tutto questo è chiaro un segnale. Molte aziende agricole, per poter fronteggiare al meglio la nuova realtà caratterizzata da costi sempre in rialzo, condizioni meteo avverse e mutamenti del mercato, si affidano ad aziende strutturate come la nostra, per condividere con loro scelte, esperienze e visioni innovative. È sicuramente un fenomeno interessante, un segno dei tempi.

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