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Quando la gdo non paga
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Quando la gdo non paga
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Brutte notizie dal mondo della distribuzione moderna. Secondo l’Osservatorio Cribis D&B - società del gruppo Crif specializzata nelle business information - sulla puntualità nei pagamenti, aggiornato al primo trimestre 2014, le imprese della distribuzione (Gd e Do) sono in chiara difficoltà nel saldare in tempo le fatture ai fornitori.
Nel primo trimestre del 2014 infatti solamente il 16,9% delle società in questione paga alla scadenza. Una perfomance decisamente inferiore della media italiana, pari al 38%. Ben 21,1 punti percentuali in meno.
A fronte di un ristetto 16,9% di imprese virtuose, il 58,6% paga entro il mese e ben il 24,5% oltre i 30 giorni di ritardo. Da segnalare inoltre il robusto aumento dei ritardi gravi, passati dal 16,4% del 2010 all’attuale 24,5%, un + 49,7%, con buona pace di chi credeva che i tempi fissati per legge – il famoso art. 62 del DL 1/2012, tanto per capirci – potesse superare sia un certo malcostume, sia soprattutto la crisi che affligge anche il commercio.
Peggio della GD/DO il comparto dell’Horeca, con solo il 14,2% di realtà che saldano le pendenze economiche alla scadenza. Il 49,6% paga entro un mese, il 36,2% oltre il mese di ritardo. Ritardi gravi saliti in 4 anni del 265,7%
A livello geografico la situazione è qualitativamente costante negli anni in tutti i settori: meglio il Nord-Est seguito dal Nord-Ovest quindi Centro, Sud e Isole.
In Europa i dati ricalcano quelli rilevati negli ultimi anni. La Germania rimane al primo posto e crolla la Gran Bretagna, come dimostra dolorosamente il caso di Tesco che oggi tiene banco su tutta la stampa trade. A sorpresa anche la Cina è in difficoltà, all’ultimo posto in Asia in fatto di puntualità.
Commenta Marco Preti, ad di Cribis D&B: “Questi dati ci forniscono lo specchio di uno scenario nuovo. I ritardi di pagamento e in generale la rischiosità delle aziende italiane si assestano oggi su un nuovo livello, più alto rispetto al passato. A marzo 2014 il settore dei beni di largo consumo ha manifestato tutte le sue difficoltà rispetto al sistema Italia, puntuale mediamente nel 38% dei casi.
“Per tutto il 2013 nella nostra Penisola si è registrata una crescita dei ritardi gravi che hanno raggiunto il 16% nell’ultima parte dell’anno, il 24,5 nella GD/DO – ribadisce Preti -. E’ difficile prevedere se questo trend resterà stabile nei prossimi mesi o se peggiorerà ancora; sicuramente è contradditorio ipotizzare in prospettiva una riduzione dei ritardi nei pagamenti e del livello medio di rischiosità commerciale del tessuto aziendale nazionale. Analizzando infine l’andamento dei fallimenti, si nota come nell’ultimo anno essi siano aumentati del 14% e di oltre il 50% rispetto al 2009”.
Un’altra evidenza deriva da una recente ricerca, della stessa fonte, sul Credit Management, in cui oltre l’80% delle aziende italiane ha dichiarato di aver subito un grave insoluto e nel 40% dei casi si trattava di clienti con un’anzianità di fornitura superiore ai 5 anni, dato in crescita rispetto al passato. Tutti segnali di un contesto divenuto, nell’ultimo lustro, decisamente più instabile.
“Ci sono però anche segnali positivi – conclude Preti -, anche se non a costo zero per le aziende. Negli ultimi anni le imprese italiane hanno messo sempre più il controllo sui pagamenti al centro della propria gestione finanziaria, come uno dei fattori decisivi per rimanere sul mercato. Le aziende hanno investito molto in nuove strategie di gestione della clientela, come un più attento monitoraggio, nuove policy commerciali e, in alcuni casi, un ampliamento della struttura di credit management e l’adozione di procedure di recupero crediti più tempestive e strutturate".
Nel primo trimestre del 2014 infatti solamente il 16,9% delle società in questione paga alla scadenza. Una perfomance decisamente inferiore della media italiana, pari al 38%. Ben 21,1 punti percentuali in meno.
A fronte di un ristetto 16,9% di imprese virtuose, il 58,6% paga entro il mese e ben il 24,5% oltre i 30 giorni di ritardo. Da segnalare inoltre il robusto aumento dei ritardi gravi, passati dal 16,4% del 2010 all’attuale 24,5%, un + 49,7%, con buona pace di chi credeva che i tempi fissati per legge – il famoso art. 62 del DL 1/2012, tanto per capirci – potesse superare sia un certo malcostume, sia soprattutto la crisi che affligge anche il commercio.
Peggio della GD/DO il comparto dell’Horeca, con solo il 14,2% di realtà che saldano le pendenze economiche alla scadenza. Il 49,6% paga entro un mese, il 36,2% oltre il mese di ritardo. Ritardi gravi saliti in 4 anni del 265,7%
A livello geografico la situazione è qualitativamente costante negli anni in tutti i settori: meglio il Nord-Est seguito dal Nord-Ovest quindi Centro, Sud e Isole.
In Europa i dati ricalcano quelli rilevati negli ultimi anni. La Germania rimane al primo posto e crolla la Gran Bretagna, come dimostra dolorosamente il caso di Tesco che oggi tiene banco su tutta la stampa trade. A sorpresa anche la Cina è in difficoltà, all’ultimo posto in Asia in fatto di puntualità.
Commenta Marco Preti, ad di Cribis D&B: “Questi dati ci forniscono lo specchio di uno scenario nuovo. I ritardi di pagamento e in generale la rischiosità delle aziende italiane si assestano oggi su un nuovo livello, più alto rispetto al passato. A marzo 2014 il settore dei beni di largo consumo ha manifestato tutte le sue difficoltà rispetto al sistema Italia, puntuale mediamente nel 38% dei casi.
“Per tutto il 2013 nella nostra Penisola si è registrata una crescita dei ritardi gravi che hanno raggiunto il 16% nell’ultima parte dell’anno, il 24,5 nella GD/DO – ribadisce Preti -. E’ difficile prevedere se questo trend resterà stabile nei prossimi mesi o se peggiorerà ancora; sicuramente è contradditorio ipotizzare in prospettiva una riduzione dei ritardi nei pagamenti e del livello medio di rischiosità commerciale del tessuto aziendale nazionale. Analizzando infine l’andamento dei fallimenti, si nota come nell’ultimo anno essi siano aumentati del 14% e di oltre il 50% rispetto al 2009”.
Un’altra evidenza deriva da una recente ricerca, della stessa fonte, sul Credit Management, in cui oltre l’80% delle aziende italiane ha dichiarato di aver subito un grave insoluto e nel 40% dei casi si trattava di clienti con un’anzianità di fornitura superiore ai 5 anni, dato in crescita rispetto al passato. Tutti segnali di un contesto divenuto, nell’ultimo lustro, decisamente più instabile.
“Ci sono però anche segnali positivi – conclude Preti -, anche se non a costo zero per le aziende. Negli ultimi anni le imprese italiane hanno messo sempre più il controllo sui pagamenti al centro della propria gestione finanziaria, come uno dei fattori decisivi per rimanere sul mercato. Le aziende hanno investito molto in nuove strategie di gestione della clientela, come un più attento monitoraggio, nuove policy commerciali e, in alcuni casi, un ampliamento della struttura di credit management e l’adozione di procedure di recupero crediti più tempestive e strutturate".
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