Mentre si parla sempre di multicanalità fa scalpore, sulla stampa inglese, il punto di vista di George Weston, amministratore delegato di Primark. Intervistato dal ‘Sunday Times’ il top manager ha invitato i consumatori a non fare ricorso al commercio elettronico, che causa un continuo andirivieni di mezzi per le consegne a domicilio, un elemento che ha portato il retailer irlandese alla decisione di non lanciarsi sul canale digitale. Primark, in sostanza, con i suoi oltre 370 negozi i 14 Paesi – 13 nazioni europee più gli Stati Uniti - è, secondo il suo Ceo, una soluzione al problema ambientale.

“La nostra catena logistica – ha puntualizzato Weston – è una delle migliori al mondo e presenta un livello di emissioni decisamente molto basso”, anche perché il gruppo è uno dei pochi retailer globali a non avvalersi del trasporto aereo, ma di quello via mare, meno invasivo.

Non è tutto: Weston ha anche respinto al mittente le accuse degli ambientalisti, secondo i quali il fast fashion ha un impatto ecologico particolarmente alto, perché promotore di una vera filosofia dello spreco. Chi acquista abiti e accessori da noi, ha detto il manager, non lo fa certo per gettarli via subito dopo averli indossati.

Al contrario Primark ha un profilo socio ambientale molto alto, avendo per esempio investito 10 milioni di sterline (11,6 milioni di euro) per ottenere, presso 160.000 produttori di cotone, materia prima ecosostenibile per i propri capi in denim.

Secondo i dati di Statista l’insegna, controllata da Associated British Foods, ha chiuso il 2018 con un fatturato di 7.477 milioni di sterline, rispetto ai 7.053 del 2017 e ai 1.602 del 2007 (+30% in media annua).

In Italia Primark conta 5 negozi: al Centro di Arese, al Centro Commerciale I Gigli di Campi Bisenzio (Firenze), a Brescia, presso Elnòs Shopping e, dal 4 dicembre, a Rozzano (Milano) nello shopping center ‘Il Fiordaliso’.

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