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Brexit, con il no deal aumenta il rischio insolvenze

Brexit, con il no deal aumenta il rischio insolvenze
Brexit, con il no deal aumenta il rischio insolvenze

Brexit, con il no deal aumenta il rischio insolvenze

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Fabio Massi

Possibile balzo in avanti dei livelli d’insolvenza all’indomani di un improbabile, ma pur sempre possibile, “no-deal Brexit”, il prossimo 29 marzo.

Nell’Unione Europea, i mercati più esposti sarebbero, evidentemente, quelli più attivi, dal punto di vista commerciale, con il Regno Unito. Per quest’ultimo, le stime parlano già di un +14% d’insolvenze nel periodo 2019-2020. Decisamente più contenuti gli impatti negativi per l’Italia che registrerebbe un incremento dello 0,5 per cento.

Questo in estrema sintesi lo scenario delineato dall’analisi che Atradius, tra i principali gruppi a livello mondiale nell’assicurazione del credito commerciale, fideiussioni e recupero crediti, dedica al rischio finanziario in caso di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza accordo.

Nell’UE ricadute sono attese soprattutto in Irlanda, in cui l’incremento dei casi di mancato pagamento si attesterebbe su un +4%, concentrato nel settore manifatturiero, dove il 44% del valore aggiunto complessivo proviene dalle esportazioni verso la Gran Bretagna.

Scenderebbe invece, nel prossimo biennio, a un +1,5 il contraccolpo nei Paesi Bassi, in Belgio e Danimarca. I comparti tessile, chimico, e di produzione di macchinari per la movimentazione merci sarebbero i più penalizzati, in quanto caratterizzati, in tutti e tre i Paesi, da un significativo export verso la Gran Bretagna. Un +1% è atteso in Spagna, Portogallo e Germania, mentre per l’Italia, come detto, la Francia e l’Austria, il rialzo delle insolvenze si limiterà a mezzo punto. Per il resto dei 27 Paesi dell’Unione, la previsione di Atradius sulla crescita si mantiene al di sotto dello 0,5 per cento.

Dal punto di vista del commercio, una “no-deal Brexit” avrebbe ricadute sui settori che hanno catene di approvvigionamento particolarmente integrate fra il Regno Unito e il resto dell’UE, come il manifatturiero, l’automotive, il food & beverage, i prodotti chimici e i servizi.

“In uno scenario di mancato accordo sulla Brexit - commenta Massimo Mancini country manager di Atradius per l’Italia - prevediamo che l’impatto sulle insolvenze in Europa possa essere localizzato e settoriale. La dinamica positiva dei flussi commerciali tra Italia e Regno Unito suggerisce alle nostre aziende di proteggere il proprio business soprattutto in quei comparti trainanti dell’export come macchinari, autoveicoli, agroalimentare e chimico”.


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