Sarà anche vero, come fa sapere Mineracqua, che la sua nuova campagna a favore dell’acqua minerale era pronta da tempo ed effettivamente appare poco probabile che l’abbia potuta improvvisare in 24 ore. Sta di fatto che averla fatta uscire proprio all’indomani di un’altra campagna, quella della Coop, a favore dell’acqua di rubinetto o, tutt’al più, di quella imbottigliata vicino casa, non può non essere letta come una risposta severa all’iniziativa dell’insegna della grande distribuzione che, se da un lato banalizza l’acqua minerale, le cui fonti Mineracqua, che fa parte di Confindustria, rappresenta, dall’altro potrebbe raccogliere consenso tra le piccole aziende del settore, quelle che hanno meno risorse da spendere nelle costose strategie di comunicazione che consentono a chi imbottiglia in Veneto di vendere acqua minerale in Sardegna, o a chi la confeziona in Campania di distribuirla in Piemonte.

Le fonti minori, che sono la maggioranza delle circa 300 attive in Italia, avrebbero insomma da guadagnare se i consumatori le preferissero a San Benedetto, Rocchetta o Ferrarelle, tanto per citare qualche grande marchio. E Mineracqua, non potendo reagire direttamente a quella che ovviamente considera una provocazione potenzialmente in grado di creare scompiglio al proprio interno (tra l’altro alcune piccole fonti già imbottigliano acqua minerale a marchio Coop) ha deciso di agire come una vera e propria lobby andando a creare problemi tra i consumatori-sostenitori dell’insegna. Insegna alla quale diversi imbottigliatori rimproverano di aver loro voltato le spalle con la campagna “Acqua di casa mia” dopo aver impiegato per anni l’acqua minerale a prezzi stracciati come specchietto per le allodole inducendo la clientela ad entrare nel punto vendita per farne scorta e poi riempire il carrello di tanti altri porodotti.

Così Ettore Fortuna, presidente di Mineracqua, con il sostegno del presidente della Federalimentare Giandomenico Auricchio, ha avuto la bella pensata di prendere contatto con le sigle sindacali più rappresentative delle maestranze (Cgil, Cisl e Uil) spingendole a emettere comunicati che, senza nominare apertamente Coop, ne criticano aspramente l’iniziativa che rischierebbe, se portata alle estreme conseguenze, cioè ci si mettesse un po’ tutti quanti a bere acqua del rubinetto, di far saltare migliaia di posti di lavoro, in particolare nelle zone economicamente più depresse, quelle montane, dove si imbottiglia la maggior parte delle acque minerali.

Insomma, i colpi sotto la cintola si stanno sprecando nella polemica aperta da Coop nel silenzio delle altre catene le quali, se in un primo momento possono aver apprezzato la mossa aggressiva nei confronti dei grandi fornitori d’acqua minerale, se ne stanno ora tranquille per non gettare benzina sul fuoco. Che la tensione è alle stelle lo testimonia l’affermazione di un imbottigliatore di medie dimensioni che preferisce mantenere l’anonimato e raccolta da DM: “Dovremmo metterci tutti d’accordo e non vendere più a Coop”.

Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra: Mineracqua non può neanche alzare troppo la voce perché al suo interno non sono pochi gli imbottigliatori che non solo si sono prestati a fornire acqua “private label” alla Gdo banalizzandone il consumo, ma anche a realizzare propri marchi ombrello con i quali far credere ai consumatori che l’acqua magari venduta nel centro Italia fosse la stessa distribuita nel nord. Anche i grossisti di bevande usano da tempo sotterfugi grafici con i quali eludere la legge sulle acque minerali. Fanno stampare in etichetta con evidenza un nome di fantasia e lasciano sbiadito, seppure con un carattere maggiore come appunto la legge impone, quello della fonte che identifica il tipo di acqua minerale e la sua unicità. E che dovrebbe dire Mineracqua? Fa finta di niente perché il suo associato che rifornisce il grossista comunque vende, e fin che la barca va...

Antonio Massa