Dop Economy: nel carrello un euro su cinque da prodotti DOP/IGP, in crescita il Sud
Dop Economy: nel carrello un euro su cinque da prodotti DOP/IGP, in crescita il Sud
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Marco Usai
La produzione certificata DOP IGP agroalimentare e vinicola nel 2021 raggiunge un valore di 19,1 miliardi di euro un dato che, dopo il segnale di stop del 2020 (-2,0% su base annua), riprende con un +16,1% il trend di crescita degli ultimi dieci anni.
Il comparto cibo DOP IGP sfiora gli 8 miliardi di euro (+9,7%), mentre il settore vitivinicolo supera gli 11 miliardi di euro (+21,2%), valori record che portano per la prima volta a quota 21% il contributo della Dop economy al fatturato complessivo del settore agroalimentare nazionale: più di un euro su cinque del cibo e del vino italiano è generato da prodotti DOP IGP. Relativamente agli impatti economici delle filiere DOP IGP, il 2021 fa registrare una crescita per 18 regioni su 20, con oltre la metà dei casi che segnano variazioni percentuali a doppia cifra. Le quattro regioni del Nord-Est rafforzano il ruolo di traino economico, superando per la prima volta complessivamente i 10 miliardi di euro. Salgono anche Nord-Ovest (+10,8%) e Centro (+15,5%). Particolarmente significativo il dato per “Sud e Isole”, unica area in crescita nel 2020 (del +7,5%), nel 2021 segna un ulteriore +13,2%.
I dati della GDO: calano i volumi, l’aumento dei prezzi sostiene il valore del comparto anche nel 2022
Dopo la crescita del 2020, conseguenza dei forzati cambiamenti dei comportamenti d’acquisto dovuti alle restrizioni del periodo pandemico e della sostanziale chiusura del canale Ho.Re.Ca., ci si aspettava un passo indietro fisiologico che, invece, non c’è stato: il 2021 delle indicazioni geografiche all’interno del canale moderno si è chiuso con una leggerissima flessione (-0,5%), che diventa una variazione positiva se si considerano solo le vendite a peso fisso (+0,7%). Risultato in parte ascrivibile anche al processo inflattivo che si è avviato proprio negli ultimi mesi del 2021 e si è pienamente manifestato nell’anno che sta per chiudersi, con un aumento dei prezzi che per molte categorie è a doppia cifra. Nei primi nove mesi del 2022 il valore delle vendite dei prodotti a IG nella grande distribuzione è sostanzialmente stabile, ad eccezione del vino, che rappresenta circa un terzo nelle vendite e segna un rosso di oltre 64 milioni di euro, in parte appannaggio della ristorazione moderna in forte recupero dopo gli anni bui del covid. Positivi i numeri del comparto cibo DOP IGP, con una performance globale del +2,8% e +6,1% delle sole vendite a peso fisso: trainanti le famiglie di formaggi e salumi, che pesano per oltre il 60% delle vendite totali, e crescita significativa per categorie minori come gli ortaggi freschi (Patata di Bologna DOP, Pomodoro di Pachino IGP, Cipolla Bianca di Margherita IGP, Peperone di Senise IGP, Lenticchia di Altamura IGP) e i prodotti della panetteria (Piadina Romagnola IGP). Anche questi numeri sono da leggere alla luce della spinta inflazionistica, che ha visto per la quasi totalità dei prodotti diminuire la quantità venduta a fronte di un aumento del valore, e che ha indotto un incremento del +4,5% della spesa totale agroalimentare in Italia e a +5,9% quella a peso fisso nel confronto con lo stesso periodo del 2021.
Numeri che non tengono conto della sinergia fra settore DOP IGP e prodotti trasformati, che negli ultimi anni è andata consolidandosi e rappresenta una via di crescita sempre più rilevante per molte produzioni territoriali di qualità: sempre più referenze tra gli scaffali della GDO, anche di private label, riportano tra gli ingredienti una materia prima ad indicazione geografica, in particolar modo nelle corsie dei condimenti, nei primi piatti ma anche in quelle di dolci, pizze e bevande.
Scenari e criticità
L’Italia è il paese europeo che conta il maggior numero di prodotti ad indicazione geografica: solo nel vino sono registrate 408 DOP (che corrispondono alle denominazioni nazionali DOC e DOCG) e 118 IGP (corrispondenti ai vini IGT), su un totale di 845 prodotti di grande qualità. Seconda la Francia con 698 indicazioni, più staccate Spagna (349) e Grecia (261). Un patrimonio da tutelare e che vede l’Italia protagonista nella discussione della riforma europea del sistema delle IG nell’ambito della strategia Farm to Fork, che condurrà, secondo l’europarlamentare italiano Paolo De Castro, Primo Vice-Presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale UE, intervenuto nel corso della tavola rotonda di commento al rapporto, alla “redazione di un testo unico europeo sulle produzioni di qualità”. Molti i nodi ancora da sciogliere per Mauro Rosati, Direttore della Fondazione Qualivita, come quello della proliferazione dei marchi pubblici di qualità “Purtroppo, anche con l’inserimento delle recenti leggi su km0 e prodotti a filiera corta, si introducono altri marchi all’interno della filiera agroalimentare. Il tema è di essere credibili agli occhi dei consumatori – commenta Rosati, scorrendo la lista degli oltre 20 marchi che oggi si possono trovare sulle etichette delle referenze a scaffale – non possiamo dare un marchio pubblico a tutti i prodotti, rischiamo di generare solo confusione. Serve una riorganizzazione”. In chiusura dei lavori l’intervento del ministro Lollobrigida “La qualità è l’unico valore aggiunto che ha la nostra nazione, non avendo grandi potenzialità sulla quantità, settore in cui non possiamo oggettivamente essere competitivi in un’epoca di globalizzazione: possiamo difenderci ed aggredire il mercato se usiamo le nostre grandi potenzialità. Siamo convinti – afferma il titolare del dicastero di via XX Settembre - che la difesa di un modello che mette al centro i produttori e i consumatori possa contribuire a valorizzare ancor di più il prezioso lavoro dei consorzi e promuovere la Dieta mediterranea, sinonimo di cibo salutare e sicuro. È mia ferma intenzione proteggere le nostre eccellenze, patrimonio della nostra comunità nazionale, e contrastare in ogni sede qualsiasi produzione che rischia di spezzare il legame millenario tra agricoltura e cibo, fino alle omologazioni alimentari, di cui il cibo sintetico rappresenta la forma più estrema”.
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