di Emanuele Scarci

Un anno da dimenticare per l’industria della birra italiana. Aumento dei prezzi ed erosione del potere d’acquisto delle famiglie hanno determinato una flessione a tutto tondo dei principali parametri: produzione -5%, consumi -5,8%, export -5,3% e import (-7,5%). Il canale più fragile è stata la distribuzione moderna mentre i consumi fuori casa hanno registrato un +1,8% rispetto all’anno precedente, pari a circa 8 milioni di hl su 21,2 complessivi di consumi. Inevitabili le ripercussioni per i produttori, in particolare di Birra Castello e Carlsberg, meglio Peroni e AbInBev.
Meno peggio il trend delle vendite nel 2024: nell’anno terminante a marzo, nel canale Gdo i volumi si sono contratti del 2% e il valore è cresciuto del 7,3% per un totale di 2,2 miliardi di euro. Il trio di testa Heineken, Peroni e AbInBev vale il 61,8% a valore del giro d’affari con la Mdd all’11,8%.
Secondo i dati del report di AssoBirra, nel 2023 la produzione di birra in Italia ha raggiunto 17,4 milioni di ettolitri, (-5%), sui livelli del 2019. L’import di birra è passato a 7,4 milioni di hl a fronte dei circa 8 milioni del 2022. La Germania rimane il principale Paese di origine dell’import, con il 41,7% del totale, seguita da Belgio (20,7%), Paesi Bassi (9,8%) e Polonia (9,4%). I consumi pro capite sono scivolati da 38 a 36 litri/anno.

Le quote dei player

Nella competizione fra i big player in Italia, Heineken si conferma leader di mercato con una quota produttiva del 32% rispetto al totale ma con volumi in calo del 4,6%. Peroni (il cui prezzo medio nella Gdo è inferiore al leader) ha confermato sostanzialmente i volumi ma la quota di produzione è cresciuta dal 16,8% al 17,7%. AbInbev ha perso il 2,3% dei volumi ma è passata dal 9,4% al 9,8% di quota. Carlsberg ha lasciato sul terreno il 12,8% della produzione e la quota si è contratta dal 5,8% al 5,3%. Peggio Birra Castello: -19,6% della produzione e una quota scivolata dal 5,1% al 4,4%.